Non profit

Noi, i maggiordomi di Shanghai

Reportage a ruota libera di ritorno dalla gigantesca Disneyland cinese

di Redazione

Grandiosità è l’appellativo che rende meglio l’idea. L’Expo cinese sembra
lasciare all’Italia solo il ruolo di hotel a cinque stelle… Se mi si chiedesse di descrivere in una parola l’Expo di Shanghai risponderei subito: «grandiosità». Un vero, grande, importante biglietto da visita della Cina. Anche di Shanghai, certo, ma la città che ha ospitato l’evento in un contesto più ampio è poco importante. Come lo sarà Milano nel 2015, perché l’Expo è una vetrina per tutta la nazione. E questo è il vero motivo per cui anche nel 2010 si fanno queste esposizioni universali, che per molti aspetti nell’era digitale hanno un che di anacronistico. A mio parere infatti l’Expo è, ancora oggi, una mostra del livello di sviluppo raggiunto dai diversi Stati. In genere ad ospitarla è un Paese che sta emergendo e che coglie l’occasione per fare un po’ di “celodurismo”. È il caso della Cina e sarebbe stato il caso di Smirne, mentre Milano e l’Italia non rientrano in questo schema. Infine, l’Expo è anche un momento di riflessione sullo stato dell’arte del pianeta e dei rapporti tra le nazioni. In modo plastico, senza moneta, senza economia, con lo sforzo da parte di tutti di mostrare il meglio che ognuno ha. Una specie di Olimpiade dello sviluppo. Analizzata da questo punto di vista, la mia lettura dell’Expo 2010 è chiara e preoccupante. Ma andiamo per gradi.

Grandiosità
Expo di Shanghai. Sette chilometri quadrati e mezzo, 27 volte l’area prevista per Milano 2015. Una città nella città. Per di più in centro. Facile da raggiungere e servita dai mezzi pubblici. Tutto ordinatissimo, organizzatissimo, pulitissimo. Ma anche frequentatissimo: milioni di cinesi in fila per visitare i 140 padiglioni, belli e ultramoderni. Toilettes dal pavimento luccicante. Acqua nebulizzata e ventilatori per rinfrescare nelle lunghe attese. E soprattutto – anche a livello visivo – il padiglione della Cina, la mega-pagoda rossa di 12 piani, divenuta il simbolo di Shanghai. Milioni di cinesi in fila, dicevo. Prima di partire pensavo che fossero “spronati” a visitare l’Expo, ma mi sono reso conto che a spingerli ad affrontare le ore di coda era innanzitutto il desiderio di vedere con i propri occhi lo sfoggio della potenza del loro Paese e il livello di sviluppo raggiunto dalla Cina e dal resto del mondo. Proprio come accadeva da noi negli anni 50 e 60, quando eravamo la Cina dell’Europa: tutti alla Fiera Campionaria di Milano a vedere le novità. Il tema dell’Expo, «Better City, Better Life», mi è sembrato irrilevante. Irrilevante rispetto allo sfoggio muscolare, che ha assorbito gli sforzi della maggior parte delle nazioni.
Dentro ai padiglioni ho trovato uno strano mix di storia, tendenze green, intrattenimento ed “effetti speciali”. Detto tra noi? la preferita era la parte Disneyland. Un esempio? Il padiglione tematico sul petrolio, sponsored by Petrochina. All’inizio si rimane perplessi, chiedendosi come sia possibile che in una esposizione sull’evoluzione ambientale piazzino il petrolio. Ma tant’è. Il dato di fatto è che era lo stand più affollato ed amato, perché il film in 3D proiettato all’interno era veramente bello.

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