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Non profit, a ottobre una rivoluzione?
Intervista a Maroni. Il ministro presenta i suoi progetti per il Terzo settore.
Macellaio sociale? Il ministro Maroni non ci sta. Alla presentazione del Documento di programmazione economico-finanziaria, le opposizioni hanno fatto la voce grossa, preconizzando un futuro sangue, sudore e lacrime per i deboli d?Italia. «Il solito Ulivo», dice al cronista, «come ministro tutelerò i deboli e la società civile. Altro che macelleria». Che la mannaia non gli si addica, lo aveva dimostrato sbarcando al superdicastero del Welfare senza farsi precedere da proclami in stile casseur sulle norme sociali del suo predecessore. Oggi, rilancia: anticipando a Vita che nel consiglio dei ministri di venerdì 27, il governo avrebbe nominato i dieci rappresentanti di volontariato e non profit nel Cnel. «Sono quelli espressi dalle associazioni e dal Terzo settore all?allora ministra Turco e che io ho confermato», chiarisce confermando la contrarietà dei sindacati: «Probabilmente ricorreranno al Tar, ma noi andiamo avanti». Vita: Bene, ministro, ma sulle donazioni cosa fate? Avete suonato la grancassa della detassazione. Il non profit si aspetta la deducibilità. Roberto Maroni: Intanto c?è questa prima agevolazione: chi fa una donazione non è più soggetto a imposta. Noi vogliamo però arrivare alla deducibilità fiscale delle donazioni fatte al volontariato e al Terzo settore. Questo rientra in un disegno di riconoscimento giuridico del non profit. In autunno vogliamo portare in consiglio dei ministri un disegno di legge in tal senso. L?attesa si giustifica con la necessità di non sovrapporsi né interferire con una petizione per una legge di iniziativa popolare su questi stessi temi proposta dalla Compagnia delle opere. Iniziativa, peraltro, cui guardo con interesse. In questo quadro, probabilmente potrà essere introdotta la deducibilità fiscale delle donazioni con finalità sociali. Lo strumento tecnico è ancora da definire: ma questo era nel programma e questo sarà fatto. Vita: Il Dpef non è stato accolto benissimo? Maroni: Guardi, personalmente ritengo che il Dpef sia inutile, superfluo. Vita: In che senso?La partita è la finanziaria? Maroni: Per come si è costruita negli ultimi anni è composta da due parti: la legge vera e propria, che mette le postazioni di bilancio, e i cosiddetti collegati, vere e proprie proposte di legge che, secondo me, non ha senso che abbiano un collegamento con la finanziaria. Tanto è vero che spesso vengono approvati mesi dopo la legge di bilancio. Sia sul Dpef che sulla finanziaria bisognerà intervenire per inserire cose efficaci, non orpelli inutili. Nel Dpef si fa cenno a una parte (e molto riassunta) del programma di governo sulle politiche sociali ed è quello che sta nel programma presentato agli elettori e approvato dalla coalizione. Quello è il riferimento: lì ci sono tutte le iniziative sociali che vogliamo intraprendere. Nella prossima finanziaria cominceremo (dobbiamo decidere con quali iniziative) compatibilmente con i buchi di bilancio che la precedente gestione ci ha lasciato. Vita: E a quanto ammonterà il fondo per le politiche sociali? Maroni: Il bilancio del ministero per quanto riguarda le politiche sociali è stato di 3.100 miliardi. In questi giorni partirà il negoziato con il Tesoro per fare in modo che questa cifra sia aumentata per il 2002. Dopo di che, sappiamo che questi soldi vengono assegnati in gran parte alle Regioni e poi c?è una quota gestita direttamente dal ministero secondo criteri in parte già stabiliti, in parte da stabilire. Ma nessun allarme è giustificato su questo settore. Vita: L?addebito che qualcuno vi muove di non avere fatto riferimenti nel Dpef a temi quali la povertà è quindi ingiustificato? Maroni: Il Dpef prepara la finanziaria, non c?è tutto come ho già detto. Alcune cose sono scontate, d?altra parte. Non si può rifare la storia di tutto. Senza dimenticare che ci sono leggi, già approvate durante la gestione di Livia Turco in campi come l?infanzia e i giovani, cui occorre dare attuazione, dopo aver apportato qualche necessario correttivo laddove l?impostazione era troppo sbilanciata su fini politici. E poi c?è un programma d?azione e di impegni dato dal nostro programma. Se l?avessimo inserito tutto nel Dpef, avremmo fatto un documento di 10mila pagine. Comunque il mio problema è allargare la sfera degli affari sociali, non restringerla. Vita: Il mondo della cooperazione sociale è in allarme per il blitz di La Malfa in commissione Finanze. Si attacca specificità stessa di quelle realtà ed è sembrata un?azione ispirata dagli industriali. Voi leghisti, che siete l?anima popolare di questo esecutivo, che ne pensate? Maroni: Rassicuriamo tutti. Con il mio ministero sono qui per difendere, oltre che i diritti acquisiti, le finalità sociali che non possono essere ridotte nell?ambito delle attività economiche tout-court. E lo farò. L?emendamento di La Malfa (che dovrà essere discusso) riguarda le cooperative che si sono trasformate in vere società lucrative e di capitale, che dello spirito mutualistico hanno ormai perso tutto e che sono di fatto holding, tali da essere competitive con le società di capitali. La cooperazione sociale non ha niente da temere. La finalità è correggere alcune distorsioni di questi anni. Questo provvedimento dovrà essere necessariamente selettivo. E così sarà. Vita: Sulle fondazioni bancarie, voi leghisti siete portatori di un?idea di salvaguardia del rapporto con il territorio, come testimoniano le iniziative del suo collega Giorgetti. Il ministro Tremonti, che sembrava voler rivoluzionare tutto, sembra ora allinearsi all?impianto dato dal suo predecessore. Maroni: è un terreno importante di confronto. Negli ultimi anni il processo di trasformazione non è stato completato: le fondazioni continuano a essere un centro di potere assai poco nelle mani dei rappresentanti della società e del territorio e molto nelle mani dei partiti. Il completamento della riforma si impone: la fondazione non deve avere altro scopo che quello di intervenire sul territorio e finanziare le attività meritevoli, soprattutto in campo sociale. C?è da ammodernare l?idea della vecchia beneficenza, trasformandola in finanziamento della cooperazione, del volontariato e di quelle attività che, pur avendo una componente economica, hanno finalità sociali. Direi, anzi, che il controllo di queste realtà dovrebbe essere di questo mondo piuttosto che di esponenti che decidono che cosa fare, ma che hanno ancora la testa rivolta altrove. Insomma, nella nostra visione è il modo con cui la mano pubblica finanzia chi surroga lo Stato nello svolgere comunque un servizio pubblico. Nella nostra cultura il principio di sussidiarietà c?è. Questi importanti patrimoni non possono essere utilizzati per operazioni di borsa e per distorsioni del mercato, ma devono essere lasciati a chi svolge attività sociale. Vita: Insomma, non passa la linea di chi vuol sanare il deficit della Sanità con i patrimoni delle fondazioni… Maroni: Ci sono tante posizioni nella maggioranza. La mia e quella delle Lega è chiara. Come ministro che si occupa di sociale farò sentire la mia voce molto forte.
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