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Nuccio Iovene: “Li ho visti terrorizzati dalla notte”

Gli appunti di viaggio del senatore Ds, in missione per la Commissione straordinaria diritti umani del Senato. Colpito al cuore dal dramma degli sfollati.

di Nuccio Iovene

Il piccolo aereo dell?Eagle Air ci ha appena lasciato sulla pista di Gulu, cittadina dell?Acholiland, Nord Uganda. Siamo lì per vedere da vicino i luoghi dei tanti massacri del delirante Esercito di resistenza del Signore (Lra), conoscere le vittime e le conseguenze umane, sanitarie, sociali ed economiche di una guerra che dura da 18 anni e sembra non avere fine. Chiedo al mio interlocutore, un operatore del St. Mary?s Hospital Lacor, quanti abitanti fa Gulu e lui mi risponde prontamente: “Di giorno o di notte?”. “Di notte sono circa 300mila, di giorno circa 100mila in meno”. All?imbrunire a migliaia, a piedi, partono come attratti da una forza oscura. Li ho visti. Una moltitudine si muove, nel raggio di 10-12 chilometri, lasciando capanne e piccoli campi da coltivare, per dormire in città, all?aperto, nei recinti di scuole, ospedali, ovunque sia possibile ritagliarsi un piccolo spazio di terra. Lo fa per fuggire dagli orrori e dai massacri che spesso porta la notte da quelle parti. Donne e anziani uccisi, fatti a pezzi a colpi di machete, i bambini dagli 8 ai 14 anni rapiti e costretti ad ?arruolarsi? per alimentare il massacro del popolo Acholi, del loro stesso popolo. Solo nel cortile del St. Mary se ne rifugiano 5mila a notte (ma sono arrivati anche a 7mila) e l?indomani ripartono per i loro miseri campi per coltivare una fragile speranza di futuro. E sono forse i più fortunati. Molti altri sono ammassati in campi per sfollati, in 20/40mila per ogni campo o forse più. Sono stati costretti ad abbandonare la loro terra, non più coltivata, e dipendono dagli aiuti alimentari del Wfp dell?Onu. E come se non bastasse la guerra, questa situazione favorisce il diffondersi di epidemie: proprio qui, due anni fa, quella terribile dell?ebola e poi le tante malattie connesse al conflitto. Questa è Gulu, oggi. Ma, nei tanti occhi incrociati non c?era rassegnazione, e neanche odio, per quanto ho potuto vedere.


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