Mondo
Oggi la giornata mondiale
In Africa il fenomeno riguarda tra i 100 e i 140 milioni
di Redazione
Centoquaranta milioni di donne nel mondo hanno subito mutilazioni genitali e tre milioni sono ancora oggi esposte a questa pratica brutale, che viola i diritti della persona. Per questo, l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ha indetto la Giornata internazionale della “tolleranza zero” contro le mutilazioni sessuali femminili, celebrata ogni anno il 6 febbraio.
Gran parte delle ragazze e delle donne che subiscono queste pratiche si trovano in 28 Paesi africani, sebbene una parte di esse viva in Asia.
Come spiega l’Unicef, sono in aumento anche casi simili in Europa, Australia, Canada e negli Stati Uniti, soprattutto fra gli immigrati provenienti dall’Africa e dall’Asia sud-occidentale. Dichiarazione delle agenzie ONU sulle MGF (feb. 2008)
Le mutilazioni genitali femminili (MGF) – spiega l’Unicef – vengono praticate per una serie di motivazioni:
- Ragioni sessuali: soggiogare o ridurre la sessualità femminile
- Ragioni sociologiche: es. iniziazione delle adolescenti all’età adulta, integrazione sociale delle giovani, mantenimento della coesione nella comunità
- Ragioni igieniche ed estetiche: in alcune culture, i genitali femminili sono considerati portatori di infezioni e osceni
- Ragioni sanitarie: si pensa a volte che la mutilazione favorisca la fertilità della donna e la sopravvivenza del bambino
- Ragioni religiose: molti credono che questa pratica sia prevista da testi religiosi (Corano)
Le MGF vengono praticate principalmente su bambine tra i 4 e i 14 anni di età. Tuttavia, in alcuni paesi vengono operate bambine con meno di un anno di vita, come accade nel 44% dei casi in Eritrea e nel 29% dei casi nel Mali, o persino neonate di pochi giorni (Yemen).
Ad eseguire le mutilazioni sono essenzialmente donne: levatrici tradizionali o vere e proprie ostetriche.
Le MGF, prosegue l’Unicef, sono considerate un servizio di elevato valore, da remunerare lautamente: lo status sociale e il reddito di chi le compie è direttamente connesso all’esito di questi interventi.
L’UNICEF considera «le mutilazioni genitali femminili, in qualunque forma, una palese violazione dei diritti della donna.
Le MGF sono discriminatorie e violano il diritto delle bambine alla salute, alle pari opportunità, a essere tutelate da violenze, abusi, torture o trattamenti inumani, come prevedono tutti i principali strumenti del diritto internazionale.
Le ragazze che le subiscono sono private anche della capacità di decidere sulla propria salute riproduttiva.
Oltre che umilianti, le mutilazioni genitali sono estremamente dolorose. Le bambine che vi sono sottoposte possono morire per cause che vanno dallo shock emorragico (le perdite ematiche sono cospicue) a quello neurogenico (provocato dal dolore e dal trauma), all’infezione generalizzata (sepsi).
Per tutte, l’evento è un grave trauma: molte bambine entrano in uno stato di shock a causa dell’intenso dolore e del pianto irrefrenabile che segue.
Conseguenze di lungo periodo sono la formazione di ascessi, calcoli e cisti, la crescita abnorme del tessuto cicatriziale, infezioni e ostruzioni croniche del tratto urinario e della pelvi, forti dolori nelle mestruazioni e nei rapporti sessuali, maggiore vulnerabilità all’infezione da HIV/AIDS, epatite e altre malattie veicolate dal sangue, infertilità, incontinenza, maggiore rischio di mortalità materna per travaglio chiuso o emorragia al momento del parto».
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