Minori & famiglia
Oltre Bibbiano: è tempo di rilanciare l’affido
I danni causati dalla campagna denigratoria politica e mediatica che ha investito l'istituto dell'affidamento familiare sono enormi. Adesso serve un'ammissione di responsabilità e azioni riparative. Per Frida Tonizzo, presidente dell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie - Anfaa, una di queste potrebbe essere l'istituzione di una Giornata nazionale dedicata a dar valore e riconoscenza alle famiglie che decidono di accogliere un minore che viene da una situazione difficile

«Parlateci di Bibbiano». Molti politici e giornalisti sei anni fa facevano questa richiesta. Ora che il Tribunale di Reggio Emilia ha stabilito che di manipolazioni, elettroshock e violenze mirate ad allontanare i bambini dalle loro famiglie d’origine non ce ne furono, l’esortazione potrebbe essere rivolta a loro. Per chi si occupa di affido da molti anni, come Frida Tonizzo, presidente dell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie – Anfaa, un’ammissione di responsabilità da parte di chi ha alimentato le campagne diffamatorie sarebbe importantissima. Per andare avanti e restituire valore, dignità e fiducia a un istituto che può fare la differenza nella vita di moltissimi bambini che vivono situazioni difficili.
Che ricadute ha avuto il caso Bibbiano sul mondo dell’affido?
La campagna politico-mediatica che è stata fatta dopo i fatti di Bibbiano ha inciso pesantemente – e continua a incidere pesantemente – sugli affidi familiari. Abbiamo riscontrato una diminuzione di disponibilità all’affidamento a livello nazionale, insieme a un aumento della sfiducia nei confronti degli operatori dei servizi socio-assistenziali e sanitari. Questi ultimi sono indispensabili, ma devono essere messi nella condizione di poter realmente fare al meglio il loro lavoro di promozione, preparazione e supporto, intervenendo sia nei confronti dei bambini e delle famiglie che li accolgono, ma anche rispetto alle famiglie di origine. Il risultato di queste campagne è stato un uso residuale dell’affido familiare.
E questo cosa comporta?
Ormai si parla quasi sempre di affidamenti tardo-riparativi. Gli affidamenti consensuali, cioè realizzati dai servizi socio-assistenziali di intesa con la famiglia, sono ridotti al lumicino, ma sono quelli che hanno una maggiore valenza preventiva. Le ricerche realizzate nel corso degli anni dimostrano che se c’è l’accordo, il consenso e la consapevolezza della famiglia d’origine rispetto all’intervento proposto tutto procede meglio. Dopo Bibbiano, però, è stata data una connotazione punitiva all’affidamento familiare.
Cioè?
Le famiglie affidatarie sono quasi considerate come quelle che, con la complicità degli operatori dei servizi e della magistratura minorile, sottraggono i bambini ai loro genitori. Ma l’affidamento non vuole essere questo: è un intervento di aiuto al bambino e alla sua famiglia. Più è precoce e consensuale, maggiori sono le possibilità di riuscita.
Insomma, c’è stata una ricaduta pesante.
I danni sono stati veramente tanti. C’è stata una grande presa di posizione da parte dei partiti dell’attuale maggioranza, come Fratelli d’Italia e Forza Italia, ma anche da parte del Movimento 5 stelle. L’allora ministro Bonafede aveva addirittura istituito una commissione di giustizia per venire a capo di quello che stava succedendo. Dopo Bibbiano abbiamo avuto una commissione di indagine. Voglio anche denunciare il fatto che attualmente all’ordine del giorno della Commissione giustizia della Camera c’è il Disegno di legge 1886, presentato dal ministro Nordio e dalla ministra Rocella, col titolo “Disposizioni in materia di tutela dei minori in affidamento”, come se quelli che devono essere tutelati fossero i minori nelle famiglie affidatarie e non quelli che a casa subiscono abusi e maltrattamenti anche gravi. Il testo parla ancora di “istituti di collocamento impropri” che vanno assolutamente sventati. Noi di Anfaa, insieme al Cnca e al Coordinamento Care, ne avevamo chiesto il ritiro, perché ritenevamo fosse inemendabile. Altri avevano presentato proposte di modifica, ma al momento l’intenzione della Commissione è andare avanti, per un ulteriore schedatura dei bambini che vengono allontanati, come se l’allontanamento non fosse un intervento di protezione.
Cosa si può fare per rilanciare l’affido?
A maggio di quest’anno, come Tavolo nazionale affido, abbiamo presentato un documento in cui chiediamo di istituire una Giornata dell’affido, con uno scopo riparativo, che sia di riconoscimento e di valorizzazione della scelta volontaria da parte di famiglie e di singoli di dare accoglienza a un minore. Abbiamo anche scritto a chiare lettere le condizioni in cui devono essere messe queste famiglie per dare accoglienza ai bambini, portando avanti bene il progetto di affido. Forse mi sbaglio, ma non ho ancora visto un’ammissione da parte di chi aveva attaccato duramente il sistema: sarebbe importante che sia il Governo che il Parlamento riconoscessero che si era esagerato. Bisognerebbe voltare pagina, investendo – con finanziamenti e personale – perché l’affido non può essere solo un’opera di buona volontà e di accoglienza da parte delle famiglie. Ci deve essere un lavoro di programmazione e di regia da parte dei servizi. Noi cerchiamo di fare la nostra parte, ma anche le istituzioni devono fare la loro.
In che modo?
Per esempio chiediamo alla magistratura minorile, per quanto possibile, di stringere i tempi rispetto a quelli attuali e di prestare sempre attenzione alla tutela del superiore interesse del bambino, che ogni tanto si perde un po’, anche a seguito delle campagne mediatiche. Secondo il rapporto dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, l’87% degli abusi e dei maltrattamenti che i bimbi subiscono avvengono in ambito familiare. Le famiglie possono essere un ambiente meraviglioso, ma anche contesti difficili, da cui il minore deve essere allontanato. E prima lo facciamo meglio è.
Possiamo dire che si sia imposta una visione un po’ adultocentrica?
Il bambino ha un suo diritto alla famiglia, che non necessariamente si identifica con il diritto/possesso che i genitori rivendicano. Assolvere alle competenze genitoriali – per usare il termine tecnico introdotto dalla riforma Cartabia – vuol dire avere anche dei doveri. Il bambino è soggetto di diritto, non è oggetto. Invece ogni tanto si ha l’impressione di star tornando indietro nei tempi, con una visione di possesso da parte dei genitori. Una volta si parlava di patria potestà, poi di potestà parentale. C’è stato un percorso evolutivo, che in questo momento si è congelato.
Credit foto Pixabay
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