Mondo
Ong, l’ora della rappresentanza unitaria e del ricambio generazionale
"Lo sguardo va indirizzato lontano, verso ampi orizzonti e nuove sfide. Non è tempo di limitate visioni. Gli occhi delle subentranti generazioni possono riuscirci, meno condizionati da offuscamenti dei periodi passati. Occorre lasciare loro lo spazio per il rinnovamento". Il contributo del presidente emerito di Intersos e policy advisor di Link 2007
di Nino Sergi
Solo grazie ai propri valori e principi coerentemente vissuti, alla propria indipendenza e autonomia, la propria storia, la presenza nel mondo fatta di rispetto e condivisione, radicamento e predisposizione a costruire partenariati, le Ong e Osc (organizzazioni della società civile) impegnate nella cooperazione internazionale e l’aiuto umanitario sapranno affrontare i grandi cambiamenti a cui devono far fronte a livello globale e nelle nostra società. Per questo occorrono leader ricchi di esperienza vissuta ‘sul terreno’ nei Sud del mondo e capaci di guardare lontano, capire i tempi nuovi, senza pregiudizi e senza timori, con ampi orizzonti, aperti al dialogo e all’ascolto, tesi a coinvolgere e unire.
Nel loro pluridecennale cammino le Ong sono cresciute, si sono strutturate e professionalizzate. Hanno acquisito capacità sia nei settori di intervento, dall’educazione alla sanità, le attività produttive, la formazione, l’innovazione e tanti altri, sia nel rafforzamento dei partenariati che hanno permesso di approfondire la conoscenza di territori, comunità, dinamiche sociali ed economiche dei paesi, riuscendo a lavorare ‘con’ i propri partner nell’affrontare bisogni e rafforzare stabilità e pace. Hanno saputo intervenire su varie forme di povertà, talvolta estreme, vivendo la dignità dei poveri e stabilendo rapporti di umanità e solidarietà in regioni lontane, fino ‘all’ultimo miglio’ ma anche in contesti di vulnerabilità vicini, in Italia, dove le povertà e le disuguaglianze si aggraveranno per gli effetti della pandemia. Non si tratta di un elenco di buone intenzioni ma del vissuto quotidiano, con successi e insuccessi, certo, ma facendo tesoro di questi ultimi per migliorare.
Tra le Ong/Osc impegnate nella cooperazione internazionale ci sono stati comuni cammini, pur in una sana competizione. I leader delle diverse aggregazioni hanno saputo normalmente condurre l’insieme verso trasformazioni e mete condivise, appianando divergenze, rafforzando visioni e proposte che hanno prodotto vitalità e autorevolezza. Questi percorsi unitari hanno permesso negli anni recenti una proficua interlocuzione con il Parlamento sulla riforma legislativa della cooperazione, la definizione delle sue finalità e priorità, l’apertura ai molteplici attori pubblici e privati coinvolgibili, l’esigenza della coerenza delle politiche. Ci sono però stati anche errori lungo i decenni e l’insieme delle Ong/Osc ne ha scontato le conseguenze, anche nei rapporti con la cittadinanza e le istituzioni. Sono errori che possono facilmente ripetersi in singole organizzazioni e nelle reti aggregative, preceduti da avvisaglie riconoscibili. Chiusure al pensiero altrui ed alla condivisione delle conoscenze ed esperienze, autoreferenzialità, ansia per l’autopromozione, inutili antagonismi, discutibili metodi di fundraising, importanza alla quantità più che alla qualità, eccessiva prudenza nel fare emergere nuovi leader sostenendoli e valorizzandoli, rapporti con la politica ristretti ai ‘politici amici’, giochini di potere e sete di preminenza, rapporti istituzionali confusi e timorosi, proteste senza proposte o proposte… Si tratta spesso solo di avvisaglie ma sono da tenere sotto osservazione perché non si trasformino in patologie.
Di fronte agli attacchi pubblici di questi ultimi anni, funzionali a disegni politici che niente hanno a che vedere con la cooperazione e i partenariati internazionali, le Ong/Osc devono ritrovare il valore della condivisione e dell’iniziativa comune, pur nella specificità delle priorità di ciascuna rete aggregativa. Se la nostra ambizione tende a far sì che la cooperazione internazionale e la costruzione di partenariati a livello globale diventino patrimonio ampiamente condiviso, è necessario che le Ong/Osc, in modo coeso e forti del proprio peso rappresentativo nell’ambito della cooperazione realizzata, riacquisiscano la giusta considerazione nella società italiana, le istituzioni, i media, la politica, esprimendo visibilmente, nella loro pluralità, il comune lavoro di rete, la propria forza e vitalità unitaria.
Lo sguardo va indirizzato lontano, verso ampi orizzonti e nuove sfide. Non è tempo di limitate visioni. Gli occhi delle subentranti generazioni possono riuscirci, meno condizionati da offuscamenti dei periodi passati. Occorre lasciare loro lo spazio per il rinnovamento, la rigenerazione. Ove non già avvenuto, sarebbe forse utile pensare al ricambio. Tanti sono gli operatori e le operatrici che sono cresciuti umanamente e professionalmente nelle Ong; hanno vissuto con persone e comunità di vari continenti, spesso con i più poveri e vulnerabili; hanno conosciuto la pluralità dei contesti culturali, sociali e politici e verificato che le storie e le culture non sono mai uniche come invece ci vengono schematicamente comunicate; hanno esercitato responsabilità di governance, interlocuzione politica, pianificazione e valutazione, costruito partenariati solidali. Tocca a loro, valorizzando questo bagaglio di esperienze, prendere ora il testimone dalle mani di chi, dando il meglio di sé, li ha preceduti, per assumere la responsabilità di costruire una nuova fase unitaria della vita delle Ong e Osc di cooperazione internazionale. Con sguardo lontano e respiro ampio.
L’unità di intenti, l’aggregazione con una rappresentanza comune non significano annullamento delle diverse identità che sono parte della ricchezza del mondo di valori delle Ong/Osc. Le attuali tre reti associative posso continuare ad esistere ed esprimere le proprie specificità, i propri mandati, i propri meriti ma devono riuscire ad esprimere una soggettività e responsabilità collettiva e una rappresentanza unitaria di fronte alle istituzioni. Essere rappresentati unitariamente significa maggiore forza, maggiore identità collettiva, maggiore peso nella comunicazione per rendere sempre migliore ed efficace la cooperazione internazionale. Le identità particolari esprimenti valori non vengono indebolite ma arricchite con una rilevanza collettiva. Vale per il mondo delle Ong/Osc di cooperazione internazionale come vale per il più ampio Forum del Terzo Settore che, nel rappresentare le reti associate, nulla toglie alla loro soggettività, responsabilità e iniziativa nei propri specifici ambiti di intervento, che d’altro canto le associate mai delegherebbero.
I problemi e le tensioni internazionali che ci toccano da vicino e ci preoccupano, le conseguenze della pandemia e dei suoi diffusi effetti sulla povertà, le disuguaglianze che stanno maggiormente dividendo il mondo e gli Stati ampliando le vulnerabilità e le inquietudini, la tendenza a svalutare il multilateralismo, la chiusura sovranista e l’interesse egoistico, l’indebolimento di soggetti sociali che potrebbero aggregare, l’indifferenza e il disprezzo verso minoranze particolarmente bisognose ed emarginate, l’uso di un linguaggio falso, divisivo, che sfocia in comportamenti discriminatori e carichi di odio, la tendenza cioè a negare o sottovalutare principi e valori di umanità e di convivenza sociale che sono stati e sono alla base delle nostre scelte e attività, tutto ciò richiede oggi, ancor più che nel passato, una maggiore manifestazione unitaria. Solo una comunità di organizzazioni della società civile coesa e con un vero peso rappresentativo nell’ambito della cooperazione internazionale allo sviluppo e nella società potrà far fronte al tentativo di marginalizzazione che potrebbe riguardarle in Italia, in Europa e nel mondo.
L’articolo riassume una più ampia analisi sulle Ong/Osc, la loro soggettività, la loro fragile forza aggregativa, l’adesione al Forum del terzo settore, il rapporto con le istituzioni (Qui il testo).
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