Famiglia

Pacifista dove sei?

Chi sono gli italiani che 12 mesi dopo hanno ancora la bandiera della pace alla finestra? Vita è andata a scoverne un campione. Dalla Brianza sino a Taranto.

di Redazione

La Brianza: ricco e industrioso polmone produttivo a nord di Milano. Lontano anni luce e pochi chilometri dalle pulsioni e dagli umori cittadini. Compresi quelli pacifisti. Il viaggio fra gli irriducibili delle bandiere della pace inizia proprio da qui, da dove meno te lo aspetti. Da Carate Brianza. Più precisamente dalla finestra della cucina dell?abitazione della signora Lidia Redaelli, casalinga di 65 anni portati con un sorriso luminoso quanto i colori dell?arcobaleno che pendono dal davanzale. “La terrò fino a quando non ci sarà più pericolo di guerre, non solo quella all?Iraq, ma anche le decine di conflitti nascosti di cui nessuno si occupa”: parola di 65enne, casalinga, benestante e brianzola.
Controfirma Giorgio Bugliesi, milanese, 39 anni, cooperante sociale. Lui è l?uomo dei numeri, nel senso che attraverso il sito PACE da tutti i Balconi! da un anno a questa parte si è occupato della contabilità dell?arcobaleno: “Un anno fa erano circa 3,5 milioni di arcobaleno alle finestre. Oggi ne sono sopravvissuti un quarto. Non è poco”. Fra queste la sua, “talmente stinta che la scritta ?pace? quasi non si legge più”. Niente paura, “al momento giusto la sostituirò, in armadio ne ho dieci pronte al rimpiazzo”.
Un avvicendamento già avvenuto invece sul terrazzo della casa di Diego Cozzuol, 35 anni, impiegato di Conegliano veneto, nella marca trevigiana. In questo caso però l?estetica c?entra poco, è più un fatto di cuore. “Questa è la mia terza bandiera. L?originale, scolorita e lavata, ormai è un cimelio. La tengo nella valigetta che porto sempre con me”. La prima volta non si scorda mai, “e questa bandiera è stata una delle prime in Italia, al sole e al vento dal 15 settembre 2002, non potrei rinunciarci”. Sensazione diffusa pucciando il termometro arcobaleno nel calderone del pacifismo italiano: chi non ha ancora rinunciato alla bandiera, a questo punto non lo farà mai.
Sicuramente non vi rinuncerà Enrico Pandolfi, 50enne edicolante romano di via Pineta Sacchetti, quartiere Monte Mario, a due passi dall?ospedale Gemelli. L?anno scorso in poche settimane ne ha distribuite 2mila (“a 5 euro l?una, prezzo Caritas, io non mi sono preso un centesimo”). Poi le vendite sono crollate. “Ma ormai qui ce l?hanno tutti, molti in casa, molti altri ancora in esposizione. Io ne ho una fuori. Ma la prima la tengo qui dentro, è un ricordo, non voglio perderla”.
Dall?edicola pacifista alla parrocchia arcobaleno il passo è lungo quanto la distanza fra il Colosseo e l?Arno. Alla Piagge, estrema periferia di Firenze, si incontra una bandiera un po? speciale, quella di don Alessandro Santoro. “Ho provato a metterla alla finestra, ma è stata ripetutamente portata via”, ricorda il prete, “e allora abbiamo staccato il crocefisso, abbiamo steso Gesù a terra e lo abbiamo avvolto nell?arcobaleno, prima di rimetterlo al suo posto. Da allora è un monito per tutti: il Vangelo è pace e non violenza”.
Di certo più terreno lo stratagemma ideato dal professor Daniele Checchi, economista dell?Università di Milano, che non soddisfatto delle bandiere esposte nella abitazione principale e nella seconda casa di montagna (“contraddizioni di classe”), ne ha portato un esemplare nel suo ufficio. Iniziativa che il preside non ha digerito, “e allora ho deciso di andare a lezione con il drappo legato allo zaino”.
Sugli stessi binari si è mosso il collega Alessandro Marescotti, docente di Italiano, storia e geografia all?istituto tecnico industriale Righi di Taranto. Sparito dal pennone della scuola, il simbolo pacifista è ricomparso come d?incanto nella sala professori. Miracolo iridato.
Come quello compiuto da Maria Gallo, 52 anni, coordinatrice dello staff della direzione generale del Comune di Verona. Non si è accontentata della manutenzione del suo vessillo personale (“cambiato tre volte in un anno, causa smog”), ma ha attuato un pressing talmente convincente nei riguardi del sindaco Paolo Zanzotto, da spingerlo ad aprire un assessorato per la Pace e la cooperazione “perché non ci sia indifferenza per le guerre dimenticate”. Una passione che non viene scalfita nemmeno dalla diaspora di tante bandiere che sembrano svanite nel nulla. “Chiamatemi pure irriducibile, ma certo non sono arrabbiata. Tanti hanno tolto la bandiera alla fine dei bombardamenti, ma il seme del pacifismo darà certamente i suoi frutti”.
ha collaborato Elena Martelli

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