In questi 20 anni di vigenza della legge sui parchi (394/91) il Paese è molto cambiato, nelle sensibilità, negli atteggiamenti e nei problemi. Non partire da questo dato per pensare che sia utile una revisione della 394 mi sembra davvero strano. Non c’è poi niente di peggio che, per dare forza alle proprie posizioni, si mettono in ridicolo quelle di chi non la pensa come te. È quanto purtroppo fa Gaetano Benedetto nel suo intervento pubblicato su Vita, quando sostiene che Legambiente è favorevole alla trasformazione dei Parchi in grandi Pro loco e che «fa riferimento ad una posizione della sinistra ideologicamente vicina agli enti locali».
L’esigenza di coinvolgere di più gli enti locali nella vita dei parchi non ha nulla di ideologico ma nasce dalla storia di questi anni. Dal 1991 in poi, nel nostro Paese si è passati dal 3 all’11% di territorio protetto grazie all’impegno dell’ambientalismo e della ricerca scientifica che è stata capace di coinvolgere in questo processo amministratori locali e forze economiche e sociali dei territori interessati (pescatori, agricoltori, sindacati etc).
Se oggi oltre 2.500 Comuni sono interessati da aree protette e altri chiedono di essere inseriti nel perimetro di un parco lo si deve alla capacità degli Enti Parco di coniugare efficacemente conservazione della natura e sviluppo sostenibile locale (i due cardini della legge sui parchi). Sappiamo benissimo che non tutti gli amministratori dei Comuni dei parchi sono come Angelo Vassallo, il compianto sindaco di Pollica e presidente della Comunità del Parco del Cilento, come conosciamo benissimo le tante contraddizioni che esprimono certe loro posizioni, a cominciare dai sindaci del Circeo che combattiamo con il nostro impegno quotidiano.
Ma troviamo surreale pensare che le politiche ambientali del futuro si possano fare senza dialogare con il territorio e governare le contraddizioni che esprimono, a partire da chi li amministra. Tanto più che chi si arrocca nella conservazione dell’esistente non vuole che gli agricoltori siano coinvolti nella governance dei parchi e non vuole prendere atto che la presenza di specie aliene sul territorio nazionale è un problema che ormai coinvolge anche le aree protette e che una soluzione scientificamente certificata dall’Ispra va trovata.
Disposti a ragionarci, ma nel rispetto delle reciproche posizioni e a partire da una laica valutazione di cosa deve essere migliorato nella 394.
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