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Pd, una partita per tre

Bersani, Franceschini e Marino. È partita la corsa in vista delle primarie del 25 ottobre. Ecco chi sta con chi

di Redazione

 
La convention del Pd guadagna molto spazio sui quotidiani di oggi. Le proposte dei tre candidati-rivali, i commenti politici e l’assenza di quasi tutti i leader del passato (da Romano Prodi a Parisi e Rutelli). Veltroni, domenica sera, in televisione ha fatto campagna per Franceschini. D’Alema, presente al Marriot, appoggia Bersani. Come la nomenclatura del partito.

In prima pagina sul CORRIERE DELLA SERA, il Partito democratico vale solo un richiamo che lancia l’editoriale di Sergio Romano, abbastanza pessimista: «Non vi saranno, alla fine, due partiti fra cui gli italiani potranno scegliere quello da cui desiderano essere governati. Vi sarà probabilmente un grande centro, vale a dire quello che nel linguaggio politico francese era chiamato il marais, la palude». Alle pagine 8 e 9, la cronaca: “Bersani rilancia l’Ulivo. Franceschini contro il premier”. Per Marino un posto nell’occhiello: “Basta liti fra noi”. Il pezzo del CORRIERE tenta di misurare il polso dei mille delegati: nota subito che «sulla carta la platea è con Bersani, ma l’applausometro premia Franceschini e i suoi toni da campagna: “È antiberlusconismo dire che è un ominicchio un uomo che, offendendo Rosy Bindi, offende tutti noi?”». Bersani invece denuncia «le picconate contro i muri portanti della casa comune», boccia le ronde e sprona «a riaprire il cantiere dell’Ulivo e a lavorare un quadro ampio di alleanze». Un’ipotesi su cui, nota Monica Guerzoni, «l’applauso scatta pigro ma pazienza». Le «ovazioni» le strappa solo Marino, con la laicità «come metodo irrinunciabile»: quando fa l’appello ai dirigenti perché «smettano di litigare» e dice che il Pd ha bisogno di un «rinnovamento radicale» è «sommerso dagli applausi».
Stesso tono anche per il pezzo d’appoggio sui retroscena, firmato da Aldo Cazzullo e intitolato “Dario infiamma, Pier Luigi rassicura”, che raccoglie commenti e schieramenti politici. Per esempio D’Alema che definisce Bersani «più equilibrato» e di Franceschini dice che ha fatto un «comizio» (per Reichlin un «comiziaccio»), Penati dice che «Dario ha parlato al partito, Pierluigi al paese», Fassino che «Bersani ha fatto un discorso da ministro, Franceschini da segretario». La conclusione è che «verso Bersani si è ormai spostata in massa la nomenklatura del Pd», come prova anche il fatto che «mentre parla Franceschini  la sua teorica sostenitrice Linda Lanzillotta lascia la sala». «Sondaggi e pronostici sono a senso unico», dice Cazzullo, mentre «i dalemiani valutano che con il discorso di ieri Franceschini si è giocato pure l’incarico di consolazione da capogruppo alla Camera». Ancora retroscena nel pezzo di Maria Teresa Meli, che definisce quello di ieri «non un congresso di partito ma il primo atto delle primarie». La notizia è che Franceschini ha tentato di far ritirare Marino, proponendo a Bettini di unire gli sforzi e siglare un accordo. «Per dirla non in politichese» Franceschini  voleva il «ritiro della candidatura del senatore-chirurgo, condita con una dichiarazione di voto per lui, in nome della purezza del Pd messa in pericolo da Massimo D’Alema e compagni», che Franceschini intende raffigurare come «l’uomo nero del Pd». Non è un caso, sottolinea la Meli, «che il segretario ieri abbia insistito tanto sul testamento biologico, tema caro a Marino». La risposta? È stata un no. Tra le brevi, Veltroni che vota Franceschini, la t-shirt anticavaliere della Bindi e il messaggio di Prodi: «Non è ancora il Pd che vorrei, è ora di applicare l’articolo 49 della Costituzione» e di un «riformismo controcorrente».

LA REPUBBLICA dedica la foto notizia in prima alla convention: “Pd, parte la corsa a tre verso le primarie è polemica tra Franceschini e Bersani” (l’apertura è sul premier: “Berlusconi contro stampa e giudici”). Doppia pagina per raccontare il congresso. Riferisce Giovanna Casadio. Confronto franco. Senza colpi bassi ma con alcune asprezze (come l’accusa a Franceschini di essersi portato la claque). Il favorito è Bersani (ha ottenuto il 55,13% nei congressi dei circoli) che ha detto fra l’altro: «dobbiamo riaprire il cantiere dell’Ulivo con movimenti politici e civici disposti al dialogo con noi e lavorare a un quadro ampio di alleanze politiche, non vogliamo fare da soli né ci immaginiamo da soli nel futuro. Penso anzi già per le prossime regionali ad alleanze democratiche e progressiste». Franceschini invece promette che il suo Pd farà «una opposizione dura e intransigente» e di coinvolgere gli attuali rivali, se dovesse essere eletto segretario. Quanto ai fondatori del Pd, brillavano per assenza: Prodi ha mandato un messaggio («serve un partito forte per svegliare l’Italia»). Veltroni non c’era. Rutelli ha telefonato per dire che aveva la febbre. Parisi è da tempo distante. I leader del passato insomma non sono intervenuti direttamente: lo hanno fatto per interposte cordate. Prodi appoggia Bersani. Veltroni sostiene Franceschini. Rutelli invece dopo aver accusato il Pd di essere troppo sbilanciato a sinistra sta probabilmente preparandosi per l’addio ai democratici. Di fronte al rischio di un possibile ribaltone (che sovverta il voto del congressi degli iscritti) i sostenitori di Bersani alzano il tiro. Lo sostiene Goffredo De Marchis, che chiosa i commenti di Ugo Sposetti, sostenitore dell’ex ministro dell’industria. Commenti sulla claque. Sul fatto che non serve una «copia di Walter», sulla retorica del discorso di Franceschini. Anche Guglielmo Epifani però si schiera con Bersani (in  cambio, pare, della promessa di correre da governatore umbro per le prossime elezioni). Con Bersani è anche Rosy Bindi, accolta con una ovazione: il suo «non sono una donna a sua disposizione» è diventato lo slogan di una maglietta e ha riacceso i riflettori su una pasionaria che avrebbe potuto correre per la candidatura. Nel suo commento, Curzio Maltese si chiede quale sia l’immagine che il Pd sta dando in queste settimane di fuoco (con Berlusconi che riesce a strappargli la scena anche ieri).  Quella di una «totale incapacità a cogliere la crisi nazionale e internazionale del berlusconismo. Restano due settimane, da qui alle primarie, per ripartire all’attacco». L’unico ad averlo compreso è stato Franceschini che da sconfitto designato ha fatto un discorso più libero. Designato ma non ancora destinato. Potrebbe anche accadere un rovesciamento dei rapporti di forza. Chiunque vinca, conclude Maltese, ha di fronte a sé un compito enorme, ripulire il partito: «Un partito dove oggi la Calabria ha più iscritti della Lombardia, Napoli e provincia contano il doppio dell’intero Nord Est. Ma ancor di più all’esterno, nella tanto evocata Italia reale, dove la voce del maggior partito di opposizione suona flebile e confusa».

Di congresso in tono minore parla anche L’UNITÀ. Per vari motivi: il luogo difficilmente raggiungibile che ha scoraggiato simpatizzanti, curiosi e contestatori;  la formula light che ha visto salire sul podio solo i tre candidati alla segreteria che hanno parlato per 40 minuti ciascuno, «una formula ben diversa», puntualizza il quotidiano, «dai congressi di Ds e Margherita, che ospitavano giorni di discussione e davano la possibilità di votare ordini del giorno e mozioni tematiche». L’analisi è invece affidata a Francesca Fornario. Il pezzo (“Nessun assente peccato che stavolta non c’era nulla da votare”) è un susseguirsi di ironici commenti agli interventi dei tre candidati: «Mi capita di pensare a Bersani», scrive la Fornario, «quando guardo quei film catastrofisti sulla grande glaciazione o l’invasione degli alieni. Quelli dove la gente fugge in preda al panico e Morgan Freeman convoca nella Sala Ovale la sua unità di crisi»; per quanto riguarda Marino, «impara a memoria i discorsi di Bersani e li recita ai pazienti in sala operatoria perché danno meno effetti collaterali dell’anestesia. Marino è fatto così: impara tutto a memoria. Nel suo discorso ha citato Tocqueville, il cardinale Martini, Che Guevara, John Fitzgerald Kennedy, Anthony Giddens, Aldo Moro, Bob Dylan, Paulo Roberto Falcao, il marchese De Sade e Puffo Quattrocchi»; frecciatina su una frase di  Franceschini «Non priverò mai gli elettori del Pd delle primarie: le uniche elezioni che siamo sicuri di vincere» è stata, secondo il pezzo, «un momento di ilarità».

Anche LA STAMPA dedica alla Convenzione due pagine (4-5) La prima è la cronaca dei discorsi dei tre candidati alla segreteria del partito Bersani, Franceschini e Marino, con un articolo di Fabio Martini “Veltroni sceglie la tv per spingere Dario“. Martini infatti sottolinea con enfasi come «ieri sera l’ex leader del Pd, davanti alla platea amica di Fabio Fazio su Rai Tre, ha fatto il suo endorsement». Sulla destra sono proposti virgolettati dei punti più importanti dei tre speachs dei candidati. In basso un’intervista di Enrico Martinet a Luciano Violante che sottolinea come «Il leader  va scelto dagli iscritti non dagli elettori». Nella seconda pagina un lungo articolo di Federico Geremicca che si riassume tutto nel preocchiello “Posti vuoti al Marriot”. Il titolo “Il partito che mangia e rottama i suoi padri“ si riferisce alle numerose assenze illustri.

Un tema in evidenza anche su IL GIORNALE, che titola “Nessuno mette la faccia al congresso del Pd”. «Un progetto moribondo», la convention democratica, che «non hanno neppure coraggio di chiamare congresso». A pagina 9 Vittorio Macioce descrive «un clima da Germania rasa al suolo», «un manifesto di disillusione», «il grande partito democratico ridotto alla politica fast-food, quattro parole usa e getta tanto per accontentare il popolo dei delusi». D’Alema c’è, ma «solo per minacciare scissioni», «non è questa in fondo la storia della sinistra? Ogni anno spezzatino a colazione». Lo stesso Parisi, l’inventore dell’Ulivo, è rimasto a casa. E il Pd? «Un tubetto vuoto», dice. Poi Veltroni ritratto all’inseguimento dell’isola che non c’è, in giro per l’Italia a presentare il suo libro, «vagando di nostalgia in nostalgia», «con le citazioni rubate a Wikipedia e quel “Noi” che lo fa sentire Al Pacino». Un’analisi impietosa: «Inghiottito dalle rimembranze reazionarie, in una sorta di piccolo mondo antico», «il sospetto è che il Pd sia davvero una bocciofila».
A firma di Laura Cesaretti, un articolo dedicato allo scontro interno del partito “Pd, scoppia la lite tra Franceschini e D’Alema”. Bersaglio polemico del segretario uscente proprio il lìder Massimo: «Caro Massimo, i primi a rispettare il voto delle primarie saranno proprio gli iscritti, chiunque vinca. Loro non ne hanno paura». D’Alema «nero», incassa il colpo, poi partono al contrattacco i dalemiani: «Dario? Ottimo intervento, se fosse candidato alla segreteria dell’Idv al posto di Di Pietro».


La rassegna si occupa anche di:

ANZIANI
CORRIERE DELLA SERA – Due pagine per riprendere l’appello del papa all’Angelus di ieri, che ha invitato a non abbandonare gli anziani. Il geriatra Carlo Vergani dice che «il peggior nemico della terza età si chiama razzismo». Prima ancora delle malattie e della solitudine: «quell’atteggiamento diffuso secondo cui gli anziani non hanno diritto a un ruolo attivo e li condanna all’emarginazione».Tant’è che in Gran Bretagna negli ultimi dieci anni sono raddoppiate tra gli ultra 65enni le diagnosi di «brocken heart syndrome», la sindrome del cuore spezzato.

GARANTE DELL’INFANZIA
SOLE24ORE – Il rischio è che nasca una scatola vuota: lo dice a chiare lettere il SOLE in un articolo che parla del garante nazionale per l’infanzia e l’adolescenza il cui ddl di istituzione è in discussione nell’aula della Camera. Decreto che però «ha fatto un passo indietro» perché invece di passare al Senato è tornato in Commissione a causa di alcuni emendamenti approvati, in particolare quello che “trasforma” il garante in autorità, ovvero in una personalità indipendente. «Il vero problema», nota il SOLE, «è però quello delle risorse: non bastano 200mila euro per farlo funzionare e assicurare la terzietà di cui avrebbe bisogno».

ONLUS
SOLE24ORE – “Onlus in pressing sul censimento” è il titolo che apre la pagina Volontariato. Il riferimento è al terzo incontro, che si svolge oggi alle Entrate, tra il fisco e i rappresentanti del terzo settore (Agenzia onlus, CSVnet, Forum). Sul tavolo ovviamente il modulo Eas, quello che in base all’articolo 30 del Dl anticrisi dovrebbe essere inviato entro il 30 ottobre. E la proroga della scadenza si discuterà oggi, oltre a definire chi siano realmente gli enti tenuti a effettuare l’invio. Terza questione, la vera natura del “censimento”, che però potrebbe far perdere le agevolazioni e quindi essere qualcosa di più di una radiografia del settore. Da domani se ne saprà di più

ELUANA
CORRIERE DELLA SERA – Esce il 14 ottobre libro di Beppino Englaro, «La vita senza limiti» (Rizzoli). Per la prima volta papà Englaro mostra «la tesserina che mancava», quella apputno di padre. «Per darle l’ultimo saluto volevo essere solo» – scrive – «e in fondo lo ero perché mia moglie non era più in grado di comprendere che cosa stava accadendo… Guar¬davo inebetito mia figlia, sola, al centro di una stanza troppo grande… e pensavo: se solo voi sapeste cosa significa dover attendere la morte e desiderarla come il minore dei mali, non avreste inflitto a Eluana lo strazio di tutti quei giorni in un letto, in balia degli altri». È l’11 febbraio, il giorno prima del funerale: «Nel silenzio, ad un tratto ho riconosciuto la mia voce: “Addio stellina mia, ora riposa in pace”. Ho pianto, i singhiozzi erano talmente forti che mi squassavano lo stomaco».

OMOSESSUALI
CORRIERE DELLA SERA – Obama mantiene le promesse elettorali e dà il via libera ai gay nell’esercito. Alla marcia di attivisti si è impegnato anche ad abolire il Defence of marriage act che definisce il matrimonio come unione tra un uomo e una donna. Finisce la politica dell’ipocrisia sostenuta da Clinton, «don’t ask, dont’t tell» per cui omosessuali erano ammessi nell’esercito a patto che non lo palesassero. Ma ancora non sono chiari i tempi.
“Obama accontenta i gay”, è l’articolo a pagina 15 dedicato alla promessa di abolire ogni discriminazione nei confronti degli omosessuali che vogliono servire nelle forze armate. «Conscio di avere molti debiti da saldare», Obama «cerca almeno di non scontentare la potentissima comunità gay, che lo ha votato in modo massiccio». Superando la formula di compromesso “don’t ask, don’t tell”, Obama vuole che l’omosessualità, esplicita o meno, non sia causa di congedo.

IL GIORNALE – Ma, secondo l’analisi del GIORNALE, il presidente si è lasciato una via d’uscita, «guardandosi bene dal dire quando interverrà». A fine articolo, un memorandum rivolto al presidente: «Gli conviene ascoltare un po’ di più i suoi soldati, impegnati in due guerre sanguinose e che ancora attendono che decida cosa vuol fare del conflitto in Afghanistan».

LA REPUBBLICA – In prima il quotidiano di Ezio Mauro riferisce di un’altra aggressione a una coppia omo, avvenuta nel pomeriggio di ieri, nel cuore della capitale, ad opera di un gruppo di ragazzini nazistelli che hanno pestato a colpi di casco. Il sindaco e il governatore hanno espresso la loro solidarietà (sabato a Roma si è svolto un corteo anti-omofobia).

NAPOLITANO
IL GIORNALE – Nuova proposta-provocazione del direttore Vittorio Feltri “Se eleggessimo noi l’uomo del Quirinale?”. Per la sinistra, dice Feltri, il Colle è sacro «solo se lo abita uno dei loro» (ieri IL GIORNALE pubblicava un articolo sul ruolo del «Signore del Colle» nella vicenda del lodo Alfano bocciato). «Invece è bene che l’inquilino sia scelto dal popolo. Trasformiamo subito la nostra Repubblica: da parlamentare a presidenziale». Così sarà contento anche Fini, continua il direttore, «d’accordo che ora ha una gamba all’opposizione, ma non credo abbia il coraggio di rimangiarsi la riforma di cui è padre».

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