Attivismo

Peace at Work: partita da Palermo la Carovana delle Acli

Circa 70 le tappe, da quella inaugurale al Centro Tau dei Danisinni di Palermo sino al Parlamento europeo di Strasburgo, della Carovana della Pace delle Acli che, sino a dicembre, intende lasciare il segno in tutta Italia parlando di lavoro, giustizia sociale e sviluppo. Per Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli: «La pace si costruisce come la democrazia, dal basso». Sui ragazzi chiede di puntare il focus Francesco di Giovanni, coordinatore del “Centro Tau – Inventare Insieme”: «Cerchiamo di far sì che, ciascuno dei bambini che vive in questo territorio, possa pensare al colore della propria vita».

di Gilda Sciortino

Perché sia stata scelta una realtà come il Centro Tau di Palermo per accendere i motori della Carovana della Pace delle Acli è presto detto: da circa 40 anni il Centro è un punto di riferimento non solo per il quartiere Danisinni, dove sorge e opera, ma per l’intera città.

Nato nel 1988 grazie a volontari e ai giovani francescani della parrocchia “S. Maria della Pace”, il Centro Tau è oggi un presidio fondamentale per il sostegno ai ragazzi e alle famiglie dei quartieri Cipressi, Ingastone e Danisinni. Con l’associazione “Inventare Insieme” e la Comunità Educante Zisa-Danisinni, poi, ha avviato percorsi di animazione sociale, formazione, legalità e rigenerazione urbana, trasformando spazi abbandonati in luoghi di comunità e cultura. Spazi come il Villaggio Circolare Danisinni, dove appunto si è svolto il momento di riflessione sulle “radici spirituali della pace” che ha in un certo accompagnato la partenza della Carovana.

Il momento serale al Villaggio Circolare Danisinni (foto di Luca Rossi)

Hanno voluto esserci in tanti, prima di tutto gli abitanti, al momento di comunità nel quale si è dato il via alla “Peace at work – L’Italia del lavoro costruisce la pace”, la carovana che con le sue 70 tappe vuole lasciare il segno nel Paese. Per dire la pace ha bisogno di non restare un semplice concetto, di cui parlare solo nel momento in cui ci si rende conto manca, che si parli di periferie o di conflitti mondiali.

Altre cinque, dopo Palermo, le tappe siciliane della Carovana promossa dalle Acli che, sino all’8 settembre farà sosta a Caltanissetta, Agrigento e Favara, Avola, Siracusa e Catania, incontrando cittadini, operatori, amministratori, politici. Lo stesso accadrà nelle altre città italiane toccate dalla Carovana, per raccogliere testimonianze e animare il dibattito.

La mappa della Carovana della Pace

Tra i momenti segnati in rosso sul calendario: dal 18 al 21 settembre, la partecipazione al “Viaggio per la Pace” Sarajevo – Srebrenica; l’incontro con la Marcia della pace “Perugia – Assisi”, il 12 ottobre; l’appuntamento a Strasburgo, davanti al Parlamento europeo, il 15 dicembre, per consegnerare un appello alle istituzioni comunitarie.

Visioni di pace che vogliono allargare i confini

«Che missione ci diamo con questa carovana?», si chiede e chiede a tutti i presenti Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli. «In tutte le tappe so che vivremo bei momenti di riflessione, come è stato questo di Palermo, ma anche di gioia, attenzione e sensibilizzazione sul tema della pace. La Carovana è voluta partire da una realtà come il Centro Tau in cui si costruisce la cittadinanza, quindi parlare qui dentro di pace ha per noi un grande significato. Quante persone oggi vengono rifiutate perché non si dà loro la possibilità, non solo di esercitare cittadinanza, ma anche di essere accolti come esseri umani? In un mondo dove si cerca di eliminare l’avversario, dove non c’è accoglienza, portiamo un messaggio che mette la pace al centro delle nostre vite. Oggi parliamo anche di lavoro insieme ai tre sindacati che hanno voluto tagliare il nastro insieme a noi di questa avventura, ricordando che è un tema fondamentale anche per il benessere del nostro Paese. E guardate, in un’economia dove c’è chi diventa sempre più ricco a scapito di qualcun altro, siamo chiamati in causa tutti. Prova ne è che i dati ci dicono che il 25% delle persone che si rivolgono alla Caritas sono lavoratori, persone che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese».

La pace non è solo un’utopia: la pace è una speranza. E la speranza non è qualcosa di tangibile, ma è qualcosa che possiamo raggiungere

Emiliano Manfredonia

La presentazione della Carovana (foto di Gilda Sciortino)

La pace si costruisce come la democrazia: dal basso

«La pace non è solo un’utopia», prosegue Manfredonia, «la pace è una speranza. E la speranza non è qualcosa di tangibile, è qualcosa che, però, possiamo raggiungere, imparando cose, opere, parole di bene. A Gaza, lo dico con chiarezza, c’è una continua sopraffazione umana, è avvenuto e continua ad avvenire tecnicamente un genocidio. Oggi si utilizza la fame quale strumento per spingere le persone sempre più al Sud alla ricerca di cibo, costrigendole a spostarsi come topi, per poi farle uscire e avere pronti i campi in cui rinchiuderli e sterminarli. Un giorno, gli storici guarderanno indietro a questo periodo e si chiederanno, ci chiederanno cosa abbiamo fatto per evitare che tutto questo accadesse. Cosa potremo mai rispondere? Quale giustizia può arrivare a uccidere così tante persone, senza pensare di portarle in salvo?».

La pace non può essere un’alternativa

«Pace è il nome della democrazia, del benessere», dice Giuseppe Notarstefano, presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana. «La pace è il nome della felicità sociale pubblica. Chiamiamola nei modi più diversi con cui gli studiosi l’hanno definita, ma quel che è importante è dare una testimonianza in un momento come questo, in cui ci sentiamo impotenti di fronte a quello che sta succedendo a Gaza, in Ucraina e negli altri 59 luoghi che non vogliamo e non possiamo dimenticare».

Un cammino che va fatto stando insieme agli ultimi, specie se giovani

«La pace è il fondamento essenziale delle nostre relazioni», sottolinea Francesco Di Giovanni, coordinatore del “Centro Tau – Inventare Insieme”, «che non è il volere stare sereni, giusto per il quieto vivere, tenendosi fuori dal conflitto ma il pensare che il conflitto stia dentro una dimensione che è quella della “non violenza”. Per noi la parola pace si riempie a partire dalla relazione con la quotidianità e si estende nei rapporti che si tessono quando incontriamo le amministrazioni, le istituzioni, i partiti politici, i sindacati. Il nostro pensiero va a una pace che sia anche giustizia sociale per i ragazzi che vivono in questo territorio».

Il nostro pensiero va a una pace che sia anche giustizia sociale per i ragazzi che vivono in questo territorio

Francesco Di Giovanni

Poi c’è il tema del lavoro

«L’anno scorso abbiamo attivato un’area, nel nostro centro, che abbiamo chiamato “Officina dei mestieri”. Negli ultimi 12 mesi sono passate più di 900 persone inviate dal Centro regionale per l’Impiego, al fine di attivare i processi di orientamento specialistico, anche con la finalità di offrire formazione professionale. Ci rendiamo conto che il passaggio è stato importante per l’accoglienza che abbiamo offerto, ma non nella dimensione della giustizia sociale. Questo è un pensiero che ci ha portato all’accoglienza della Carovana, perché oggi il lavoro non può essere limitato soltanto a una parola. Parlare di occupazione non può essere soltanto qualche manifesto nei programmi politici regionali che dicono di guardare con attenzione al lavoro».

Pace, lavoro, giustizia sociale e sviluppo

«La Carovana ci offre un’occasione anche per trovare opportunità che possono in qualche modo sostenerci», conclude Di Giovanni, «soprattutto in questa dimensione del lavoro che non può essere avulsa da temi come la pace, la giustizia sociale e lo sviuppo. Ringrazio soprattutto le Acli di aver pensato di partire dalla strada perché il nostro essere e il nostro vivere è proprio la strada. Da qualche anno abbiamo pensato di colorare anche l’esterno della nostra struttura. C’è un fiume di vite che sta colorando le strade. Il colore delle strade è importante; stiamo cercando di far sì che ciascuno di noi, ciascuno dei bambini che vive nel nostro territorio, possa pensare anche al colore della propria vita, facendo si che nessuno possa pensare di interpretarla dentro il grigiore che queste periferie ci costringono a portare dentro».

La consegna della pianta di ulivo a Francesco Di Giovanni (foto di Gilda Sciortino)

Un cammino, quello che propone “Peace at work – L’Italia del lavoro costruisce la pace”, che vuole rafforzare il legame tra impegno sociale, dignità del lavoro e cultura della non violenza nelle città d’Italia. Un progetto che ci chiama in causa, pronti a vestire i panni di costruttori di pace, lasciando che dal suono di una parola che rasserena si possa passare alle azioni concrete, costruttive. Anche piccole azioni, ma dal significato profondo, come la consegna di una pianta di ulivo che verrà fatta da parte degli organizzatori ai padroni di casa di ogni tappa. Il dono di un simbolo di rinascita e speranza per ogni singolo individuo, per l’umanità affinchè ritrovi e riscopra la propria umanità.

La foto di apertura è di Luca Rossi, Acli

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.