Non profit

Perché alle multinazionali fanno gola le patate

È il quarto fra gli alimenti maggiormente prodotti

di Redazione

Le patate sono la produzione orticola più importante in Italia, sia per superficie coltivata che per quantità prodotte, dopo il pomodoro. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti dopo la fine della moratoria Ue con il via libera alla prima patata transgenica e l’annuncio della Commissione Europea di presentare entro l’estate una proposta per far decidere liberamente ai singoli Stati membri se coltivare o meno ogm sul proprio territorio, invertendo l’attuale quadro normativo. In Italia – sottolinea la Coldiretti – sono 105.640 le aziende agricole che coltivano patate, su una superficie coltivata che nel 2009 è stata di circa 69.000 ettari per una produzione media di 1,7 miliardi di chili, di cui 1,2 miliardi di patate comuni e 4 miliardi di chili di patate novelle. Alla lavorazione industriale vengono destinati circa 2 miliardi di chili ogni anno. Secondo i dati Istat, i maggiori investimenti si registrano – precisa la Coldiretti – in Campania (oltre 12 mila ha), che fa registrare anche la maggiore produzione di patate (3,5 miliardi di chili tra comuni e novelle); a breve distanza segue la Sicilia (2,2 miliardi di chili) e dall’Emilia Romagna (1,7 miliardi di chili di patate comuni) e via via tutte le altre 17 regioni italiane. Infatti, la coltivazione è presente al nord, centro e sud, che hanno condizioni pedoclimatiche diverse e che conferiscono una caratteristica positiva all’Italia, che è quella di avere un periodo di raccolta differenziato tra le diverse aree, nell’arco di 10 mesi, consentendo di avere una offerta di prodotto fresco quasi tutto l’anno.

E’ evidente che per la conformazione morfologica dei terreni e le dimensioni ridotte delle aziende che coltivano patate, non sarebbe possibile evitare in Italia le contaminazioni e sarebbe violata – precisa la Coldiretti – la sacrosanta libertà della stragrande maggioranza degli agricoltori e cittadini di avere i propri territori liberi da ogm. Va ricordato – riferisce la Coldiretti – che la patata geneticamente modificata Amflora è prodotta dalla multinazionale Basf ed è stata modificata in modo da avere un maggior contenuto di amido, è stata a lungo al centro di una controversia fra l’Efsa (autorità Ue di sicurezza alimentare), con sede a Parma, che ha dato il suo via libera “tecnico”, e le due autorità sanitarie, europea e mondiale, l’Emea (agenzia Ue del farmaco) e l’Oms. La controversia riguardava la presenza, nell’Ogm, di un gene “marker” che conferisce resistenza a un antibiotico importante per la salute umana. La Commissione Europea ha dato il suo via libera nonostante il fatto che la direttiva Ue 2001/18, relativa al rilascio deliberato di Ogm nell’ambiente, proibisca espressamente l’autorizzazione per gli Ogm contenenti geni di resistenza ad antibiotici importanti per la salute umana.

L’interesse delle multinazionali alla patata deriva dal fatto che – sostiene la Coldiretti – con circa 322 miliardi di chili, prodotti all’anno la patata si colloca al quarto posto a livello mondiale tra gli alimenti agricoli maggiormente coltivati nel mondo dopo mais, riso e frumento.

Con la pericolosa fine della moratoria, in pieno contrasto con la volontà dei cittadini, la Commissione Europea ha però anche annunciato – afferma la Coldiretti – la storica intenzione di presentare entro l’estate una proposta per far decidere liberamente ai singoli Stati membri se coltivare o meno ogm sul proprio territorio, invertendo l’attuale quadro normativo. “Sosteniamo e condividiamo quindi la posizione del ministro delle Politiche agricole Luca Zaia – ha detto il presidente della Coldiretti Sergio Marini – di avviare la procedura per richiedere alla Commissione europea la clausola di salvaguardia con cui bloccare la commercializzazione e la coltivazione della patata biotech nei nostri territori, cosi come ci impegneremo ad attuare qualsiasi iniziativa di carattere legislativo o referendario per continuare a mantenere il nostro paese libero da coltivazioni geneticamente modificate”.

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