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Cooperazione & Relazioni internazionali

Perchè la Spagna non è la Grecia

Nel paese iberico non si riesce a mettere etichette ad una protesta che unisce tutti. Anche le bandiere nazionali pre franchiste e quelle post dittatura monarchiche in questi giorni sfilano assieme nei cortei

di Emanuela Borzacchiello

C’è un simbolo in Spagna che divide la piazza più di un derby tra Real Madrid e Atlético de Madrid: la bandiera spagnola. Quella che ha al centro il simbolo della Repubblica, prima della dittatura franchista, e quella della Monarchia, l’attuale, che conosciamo tutti. Ieri sera in piazza quelle bandiere sfilavano insieme nelle strade.

80 città in tutta Spagna protestano, 100mila persone in piazza nella sola Madrid
Nella capitale si sono verificati gli scontri più duri. La miccia che ha scatenato il fuoco, per uno strano scherzo del destino, è stata innescata dai pompieri. Quelli che scesi in piazza gridando contro le forze dell’ordine che gli impedivano di raggiungere la sede del Congresso dei deputati: “voi ci avevate detto che eravate dalla nostra parte!”. Il bollettino della guerriglia urbana questa volta termina con 17 arrestati e 39 feriti.

Dietro lo stesso striscione: “No ai tagli e alla salita dell’iva”, hanno sfilato tutti. Ma soprattutto a rendere il panorama ancor più differente rispetto a quello a cui siamo abituati, c’erano i rappresentanti della polizia che sfilavano accanto agli indignados, disoccupati, medici, guardia forestale, insegnanti, funzionari pubblici. E sono stati proprio dei poliziotti, non ancora identificati, i responsabili del sabotaggio di 30 furgoni delle forze dell’ordine a cui prima della manifestazione sono state bucate le ruote (vedi il report del video).
L’obiettivo chiaro è di far passare il messaggio che ai tagli indiscriminati ci sono alternative e che la razzionalizzazione della spesa pubblica non passa attraverso la riduzione dei servizi. L’obiettivo sottinteso è di non creare fratture sociali.

Prima e dopo ogni manifestazione, ci sono organnizzazioni e movimenti che in prima persona stanno collettivizzando le proprie competenze per difendere un welfare state in pericolo di estinsione. A differenza del caso greco, in Spagna ci sono partiti e sindacati che non riescono a mettere nessuna etichetta su quello che sta accadendo oggi. Un esempio lampante è stata la manifestazione di giovedì. Convocata dai sindacati, è stata accolta e risignicata da tutti quelli che ne hanno fatto parte. L’intelligenza degli organizzatori è stata di capire la pluralità dello scenario e cedere il palco, approntato per la fine della manifestazione, a uno scrittore e alcuni cittadini.

Molti critici spagnoli rifiutano di analizzare questi movimenti tacciandoli come “anti-politica” o esaltandoli come “nuove proposte di vita e di governo”. L’analisi più lucida e condivisibile è quella di chi, come Amador Fernández-Savater, sottolinea come il cuore del dibattito debba concentrarsi su quello che intendiamo come “beni comuni”. Concepire i beni comuni come un terzo termine, capace di andare più in là del pubblico e del privato.  E questo esige la volontà di lavorare per inventare nuove istituzioni e forme di gestione per “essere responsabili in comune di quello che abbiamo in comune”.

 

Amador Fernández-Savater

La domanda non dovrebbe essere perchè la Spagna non è la Grecia, ma perchè in Italia si parla poco di tutte le 1.400 manifestazioni pacifiche e propositive che si contano dall’inizio di maggio 2011 in Spagna, un paese che abbiamo da sempre considerato come il più affine al nostro fra quelli europei. Fanno notizia solo gli scontri, fanno notizia solo i pompieri che si lasciano fotorafare con il fondoschiena al vento.

Scontri in piazza e paura nei mercati
Oggi lo spred spagnolo riprende la sua scalata raggiungendo un nuovo record storico 591 punti. Questo significa che il paese sta pagando un interesse superiore al 7% per collocare il suo debito pubblico. Mentre il ministro delle finanze Montoro ripete che lo stato potrebbe non avere i soldi per pagare servizi e stipendi ai cittadini, i mercati assorbono la paura del ministro e oggi si spera solo nel prestito salvabanche in arrivo dall’Eurogruppo. Se alla Grecia non era stato concesso, ora per la prima volta l’intervento europeo non si limiterebbe solo alle banche, ma il credito potrebbe essere usato per dare liquidità alle casse dello stato o per comprare bonus e far scendere lo spred.
Ma in economia l’altra faccia della medeglia non va mai sottovalutata: più aiuti o fondi da poter usare in modo differente significano anche che il paese sarebbe costretto a prove più dure da parte degli altri paesi zona euro.
 


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