Inquinanti eterni
Pfas, c’è un giudice a Vicenza
È una sentenza storica, quella pronunciata oggi dalla Corte d'Assise di Vicenza su uno dei più gravi casi di inquinamento al mondo. Il tribunale ha condannato i vertici che si sono succeduti alla guida dello stabilimento Miteni di Trissino, andando anche oltre le richieste dei pubblici ministeri. È grande la soddisfazione delle Mamme no Pfas, di Legambiente e delle tante parti civili. Oggi, in tantissimi, hanno atteso il verdetto in una caldissima aula, fino a ottenere giustizia. Il prossimo passo è la bonifica

«La Corte si ritira. Il verdetto non arriverà prima delle 15:30», scrivono al mattino di oggi le Mamme no Pfas, dal tribunale di Vicenza. È la fine del processo di primo grado, iniziato nel 2021, per l’inquinamento dell’acqua da sostanze per- e polifluoroalchiliche causato dallo stabilimento Miteni di Trissino, uno dei più gravi casi al mondo di contaminazione da sostanze poli- e perfluoroalchiliche, gli “inquinanti eterni”. Oltre alle mamme, i rappresentanti delle molte parti civili presenti in un’aula affollatissima, hanno dovuto aspettare quasi le 17, in un’atmosfera sempre più calda, piena di tensione. Poi è arrivata la sentenza storica della Corte d’Assise: condanne da 2 a 17 anni per 11 tra manager ed ex manager ai vertici delle aziende che si sono avvicendate nella gestione del sito produttivo Miteni. Tra i risarcimenti delle parti civili, 58 milioni di euro sono a favore del ministero dell’Ambiente. Per alcuni degli imputati, la richiesta è anche il ripristino dei luoghi: la bonifica che cittadini e associazioni domandano a gran voce, a tutela della salute delle persone e dell’ambiente.
«Quando ci chiamavano allarmisti»
È grande la soddisfazione di chi in questi anni non ha mai smesso di farsi sentire: solo venerdì scorso, infatti, le Mamme no Pfas hanno organizzato una fiaccolata davanti al tribunale di Vicenza per tenere sempre alta l’attenzione dell’opinione pubblica sul processo. «La giustizia genera la pace e abbiamo molto bisogno di pace. L’uomo ha bisogno di riappacificarsi con l’ambiente», dice Anna Maria Panarotto, una delle mamme del gruppo.
«Abbiamo vinto su tutta la linea, anche con condanne superiori a quelle richieste dai pubblici ministeri», è il commento a caldo di Piergiorgio Boscagin, presidente del circolo Legambiente Perla Blu di Cologna Veneta. «Dopo dodici anni di denunce e di impegno, oggi possiamo dire di aver avuto giustizia. È una vittoria per il nostro territorio, ma anche per altri contesti, come quello di Alessandria, dove esiste una grave contaminazione dell’acqua da Pfas. In tutto questo tempo, ci siamo attivati ogni volta che abbiamo potuto, in modo da far sentire la nostra voce, anche scontrandoci con le autorità, in alcuni casi». Boscagin ricorda che all’inizio era dura, quando gli ambientalisti erano accusati di allarmismo. Poi sono emerse le evidenze del rischio e sempre più persone hanno preso coscienza della gravità del problema.
La richiesta di bonifica
Il presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani, presente anche lui a Vicenza, commenta: «Con la sentenza di oggi si conclude uno tra i più grandi processi di inquinamento ambientale che la storia d’Italia ricordi. Ora si proceda quanto prima alla bonifica del sedime inquinato, che ha provocato e continua a provocare una delle più estese contaminazioni acquifere con cui i cittadini veneti sono costretti a confrontarsi da decenni: dalle acque di falda – rese pericolose ai fini idropotabili e irrigui in un’area di più di 180 km quadrati – ai corsi d’acqua superficiali che attraversano quei territori: Fratta Gorzone, Bacchiglione, Retrone, Adige, esposti a una persistente presenza di questi forever chemical, con conseguenze negative per l’ecosistema, la salute e per l’economia produttiva». Legambiente nazionale, con il regionale del Veneto e il circolo locale erano costituite parti civili nel processo.

Luigi Lazzaro, presidente di Legambiente Veneto commenta: «Il processo ha provato senza ombra di dubbio che l’inquinamento da Pfas proviene dal sito Miteni ed è imputabile alla gestione, anche recente, dell’impianto industriale. La conferma da parte della Corte dell’ipotesi accusatoria della Procura per tutti gli imputati e, soprattutto, la conferma della natura dolosa dei reati contestati rende finalmente giustizia alle parti civili ed a centinaia di migliaia di persone, contaminate a loro insaputa per decenni. È emerso con chiarezza che per troppo tempo la dirigenza della Miteni ha volutamente ignorato e, poi, omesso di comunicare agli enti di vigilanza e controllo preposti che le sostanze prodotte nel sito di Trissino avevano contaminato la falda acquifera e, comunque, si erano disperse anche nelle acque superficiali».
La foto in apertura è delle Mamme no Pfas
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