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Neomutualismo

Platform cooperativism: la cooperativa conta più della piattaforma

Le piattaforme e le tecnologie sono uno strumento, ciò che rende speciale le piattaforme cooperative è il fatto di costituirsi attorno a una cooperativa. Recensione critica dell’ultimo libro di Trebor Scholz, "Own This! How Platform Cooperatives Help Workers Build a Democratic Internet"

di Francesca Martinelli

L’attivista e ricercatore Trebor Scholz ha coniato il neologismo “platform cooperativism” (cooperativismo di piattaforma) nel 2014[1] e da allora ha organizzato conferenze, corsi di formazione e creato un consorzio internazionale per divulgare e valorizzare questo modello. Secondo la sua definizione, una piattaforma cooperativa è un’impresa di proprietà cooperativa e governata democraticamente da coloro che dipendono da essa (lavoratori, utenti e altri stakeholder rilevanti) che insieme costituiscono una piattaforma digitale (sito web, app mobile o protocollo) per facilitare gli scambi di beni e servizi.

Nel corso degli anni, con la sua attività Trebor Scholz ha portato molte persone che non conoscevano le cooperative e che erano più legate al mondo di Internet e del digitale ad avvicinarsi al movimento cooperativo. Anche nel suo ultimo libro, Own This! How Platform Cooperatives Help Workers Build a Democratic Internet (Verso 2023), il ricercatore si presenta come un vero e proprio sostenitore del modello cooperativo poiché permette di dare priorità ai processi partecipativi mettendo al centro le voci e le esigenze di coloro che dipendono maggiormente da Internet (es. gig worker). Ciononostante, Scholz esplora tanto punti di forza quanto di debolezza dell’impresa cooperativa, proponendo anche soluzioni pratiche a diversi problemi (es. accesso ai finanziamenti).

Alle cooperative riconosce ad esempio la capacità di adattarsi a diverse esigenze emergenti, di essere in grado di attivare nuove sperimentazioni e un ripensamento della proprietà e della cultura imprenditoriale proponendo soluzioni innovative e alternative ai modelli organizzativi ed economici dominanti delle piattaforme. Parafrasando il concetto di Yochai Benkler di “bricolage dei modelli organizzativi”[2], Scholz aggiunge che tali soluzioni non consistono in un solo modello, ma piuttosto di una combinazione di approcci diversi.

Tra questi, Scholz nel suo libro accenna a modelli come le “union co-ops” (cooperative sindacato) o a imprese che funzionano come cooperative anche se non lo sono, inserendosi in quel dibattito in corso tra i teorici del movimento cooperativo che studiano forme innovative di collaborazione e intercooperazione che possono anche oltrepassare i confini delle cooperative stesse.

Cooperare oltre le cooperative

Tra teorici e ricercatori in ambito cooperativo vi è una rinnovata attenzione allo studio delle implicazioni del sesto principio cooperativo, l’intercooperazione, del settimo principio, l’attenzione alla comunità, e della capacità del movimento di attivare partnership tra pubblico e privato, che si traduce anche nello scambio a vari livelli con le amministrazioni locali e con realtà nazionali e internazionali[3]. Il modo in cui si costruiscono queste relazioni può avere un impatto molto forte anche sulla nascita di cooperative che operano nel digitale.

Un ruolo significativo in questo dibattito è riconosciuto alle federazioni di cooperative, che possono favorire le cooperative creando un ecosistema di supporto, anche per quanto riguarda l’introduzione della tecnologia. Ad esempio, il dottorando Louis Cousin, con un articolo che gli ha fatto vincere il premio per il miglior paper di ricerca tra giovani ricercatori all’ultima conferenza dell’Alleanza Internazionale delle Cooperative[4], ha dimostrato che anche le piccole federazioni con poche risorse possono svolgere un ruolo importante nell’innovazione tecnologica per le cooperative, anche se si tratta di cooperative di pescatori e non di “cooperative champions” (campioni cooperativi), che sono le cooperative molto performative nell’uso della tecnologia.

Francesca Martinelli è vicepresidente CulTurMedia e direttrice della Fondazione Centro Studi Doc

Oltre alla cooperazione a livello federativo, così come sostiene anche Scholz, forme di cooperazione possono apparire anche oltre l’impresa cooperativa. Ad esempio, oggi in Italia è in corso un dibattito sul concetto di neomutualismo. Per Paolo Venturi e Flaviano Zandonai[5], il neomutualismo è una forma di interdipendenza tra attori molto diversi e anche al di fuori del perimetro dell’economia sociale, che è la sede naturale del mutualismo. In questo senso, il neomutualismo non si presenta come una soluzione alternativa di fronte ai fallimenti di alcune istituzioni tradizionali, come nel caso del vecchio mutualismo, ma come una nuova forma di co-produzione e innovazione sociale che attraversa i confini del rapporto pubblico e privato, della società civile e della finanza. Nascono così nuove forme di cooperazione che di fatto oltrepassano la forma cooperativa.

In questa direzione vanno anche le riflessioni del comitato scientifico della Fondazione PICO, che nel 2023 ha pubblicato il Manifesto del neomutualismo digitale[6]. In questo manifesto la trasformazione digitale e il processo di innovazione digitale per le cooperative hanno obiettivi molto articolati, perché non significano solo aumentare l’efficienza e la produttività, ma anche innovare e rafforzare il cuore dell’identità mutualistica e del patto mutualistico che è al centro delle cooperative.

Un cambio di sguardo: dalle piattaforme alle cooperative

Un tema ricorrente di Own This!, che rappresenta il fil rouge di questo libro, i precedenti e anche dei convegni organizzati da Trebor Scholz[7], è la grande attenzione che viene rivolta alla piattaforma tecnologica, punto di partenza di ogni riflessione. L’ultimo libro dell’attivista e ricercatore statunitense è sì una vibrante espressione dei suoi viaggi alla scoperta di cooperative e comunità in tutto il mondo, ma ciò che rende queste comunità speciali e veramente alternative al modello egemonico delle piattaforme, non è la tecnologia, bensì il modello organizzativo che le sostengono, ovvero quello delle cooperative. Una forma organizzativa spiegata chiaramente anche in questo libro, ma che viene piegata all’esigenza di dimostrare la centralità della piattaforma per la riuscita del progetto cooperativo.

Concentrarsi così tanto sulle piattaforme può essere problematico, innanzitutto, a causa del loro naturale modello di business. Nel suo nuovo libro, Scholz va oltre lo slogan iniziale del cooperativismo di piattaforma che invitava a clonare il cuore delle piattaforme esistenti e farne “sindacati generativi, città o varie altre forme di cooperative”[8], ma nella sua analisi mette ancora al centro la piattaforma. È noto che i modelli di business delle principali piattaforme prevedono la vendita di dati, il monopolio del mercato e la vendita di pubblicità. Nessuno di questi è un modello utilizzato dalle cooperative. Questo non significa che le cooperative non possano farlo, ma sicuramente quando si trova una cooperativa che fa una di queste tre cose, è sicuramente un’eccezione.

Si veda, ad esempio, il caso di Fairbnb, che ormai da sette anni combatte contro il monopolio delle grandi piattaforme concentrandosi sul mercato del consumo critico. Si tratta di un’ottima idea e anche di una fondamentale alternativa nel mercato che è assolutamente necessaria, ma diversi studi, come quelli di Ivana Pais, che in Italia ha organizzato Shareitaly per numerosi anni[9], dimostrano che il consumo critico ha parecchi limiti. Anche perché chi usa Fairbnb utilizza anche Airbnb o Booking solo per massimizzare i propri profitti. Inoltre, Fairbnb investe molte risorse per continuare a essere competitiva sul mercato con la sua piattaforma e fa ancora prevalentemente affidamento su investimenti per sostenersi. In questo senso, il caso di Fairbnb è un’eccezione, perché nel mondo delle cooperative non ci sono startup che durano 6 o 7 anni. Le cooperative sono create dal basso partendo da esigenze specifiche di persone in economie povere che hanno bisogno di risolvere un problema e che da sole, per mancanza di risorse, non potrebbero farlo. Allora come potrebbe oggi Fairbnb rientrare di tutti gli investimenti e continuare a crescere? A livello imprenditoriale, è possibile solo una exit strategy, cioè la vendita. Una soluzione non praticabile visto che si tratta di una cooperativa.

Le piattaforme cooperative non sono una soluzione per tutti i gig worker

Bisogna anche sottolineare che le piattaforme cooperative non sono una soluzione per tutti i gig worker. In Own This! l’autore non menziona solo i gig worker, ma questa tipologia di lavoratori e lavoratrici – essendo in gran parte le loro condizioni di lavoro l’origine del cooperativismo di piattaforma – si può prendere come esempio di una modalità di agire.

Vi sono casi in cui i lavoratori delle piattaforme creano una cooperativa, sempre con dimensioni locali, che funziona perfettamente, ad esempio Mensakas in Spagna, York Collective in Inghilterra o Robin Food in Italia. Tutte e tre sono legate all’ecosistema CoopCycle, che è un “campione cooperativo” in quanto esempio perfetto di federazione che costruisce una tecnologia coerente con gli obiettivi e una visione condivisa tra cooperative.

Fondare una cooperativa non è però una soluzione adatta a tutti. Oltre ai campioni cooperativi, vi sono anche casi di fallimento che andrebbero studiati meglio. Ad esempio, Food4Me[10] a Verona è stata la prima cooperativa di rider fondata in Italia nel 2019 con il supporto di CISL Verona e Confcooperative. In questa esperienza ci sono stati molti problemi, ma uno dei maggiori è stato che le persone coinvolte, i rider che venivano da altre esperienze con le multinazionali, faticavano ad accettare la responsabilità di gestire un’impresa.

Essere cooperatori significa infatti anche essere imprenditori, sperimentare la leadership e non solo andare in bicicletta. Per esempio, una persona come Juan Latorre, cofondatore della cooperativa di rider Eraman che si trova nei Paesi Baschi in Spagna, è un leader di mentalità aperta, generoso e creativo, che ha anche una grande passione per la bicicletta.

Trasformare quello che viene chiamato “lavoretto” in un lavoro implica passione, coraggio, spirito imprenditoriale e una serie di competenze specifiche e trasversali. Di simile caratura sono anche le persone che Trebor Scholz descrive nel suo libro. Eppure, alle volte bisogna anche accettare che i gig worker vogliano solo andare in bicicletta e non gestire un’attività.


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Cambiare la governance cambia la natura della piattaforma?

Un altro elemento da non sottovalutare è quello della governance di piattaforma, studiato approfonditamente da Ivana Pais attraverso l’analisi del rapporto tra potere e controllo nelle piattaforme[11]. Ciò che bisogna chiedersi è quanto sia certo che cambiando la governance si cambi la natura della piattaforma.

Dubbi sulla linearità tra governance democratica e piattaforma emergono, ad esempio, quando si parla di ESOP, ma simili problematiche possono apparire anche in alcuni tipi di cooperative. In una recente ricerca sulle piattaforme cooperative di welfare[12], Ivana Pais e Flaviano Zandonai hanno individuato anche esempi di cooperative che applicano comportamenti tendenzialmente capitalistici in termini di governance e controllo e quindi decisamente più simili a quelli che si trovano nelle classiche società di capitali attive nello stesso settore che a quelli delle imprese cooperative.

Il tema della governance, connesso a quello dell’esercizio del potere, è un tema da affrontare con maggiore attenzione, anche perché le dinamiche democratiche tipiche delle cooperative non si replicano automaticamente sulle piattaforme[13]. Problemi emergono soprattutto quando, entrando nelle dinamiche del digitale, il patto mutualistico che lega i soci alla cooperativa si allarga e supera il confine della cooperativa stessa, poiché utenti di un servizio e soci non sempre corrispondono anche se entrambi sono in relazione con la cooperativa per rispondere a determinati bisogni. Ciò significa anche che in qualche modo salta la corrispondenza tra proprietà dei mezzi di produzione, la piattaforma, esercizio del potere e utilizzo della stessa.

Studiosi come Morshed Mannan e Simon Pek[14] stanno approfondendo questo argomento attraverso l’analisi di eventuali differenze specifiche tra la governance nelle cooperative di produzione e lavoro classiche e le piattaforme cooperative. Proprio da questi studi emerge un assottigliamento del ruolo del patto mutualistico nelle piattaforme cooperative a causa di sistemi di membership a maglie più larghe.

La tecnologia di piattaforma è così importante per contrastare le grandi piattaforme?

Su questa domanda serve una chiara premessa, ovvero che l’innovazione digitale e tecnologica sono fondamentali e necessarie anche per l’evoluzione delle imprese cooperative. Anzi, nel movimento cooperativo sono troppo poche le opportunità di dialogo sul rapporto tra digitale e cooperative (un esempio è stata la prima edizione di COODING[15]). Il movimento cooperativo dovrebbe anzi lavorare in modo coeso per creare un ecosistema per supportare le cooperative a gestire le questioni digitali e anche a prendere posizione su temi specifici, come DAO, Intelligenza Artificiale o Web3. Un esempio è il lavoro che sta svolgendo Ana Aguirre, presidente dell’Alleanza Internazionale delle Cooperative Giovani, che ha creato al suo interno un gruppo di lavoro proprio su questi temi.

Fatte queste premesse, bisogna anche ricordare, però, che ci sono cooperative che affrontano mercati paralleli a quelli delle grandi piattaforme senza avere una piattaforma o uscendo direttamente dalle logiche delle piattaforme classiche che secondo Scholz andrebbero replicate applicando una cornice cooperativa. Ad esempio, ByExpressen è un’impresa di corrieri in bicicletta danese che fa parte della rete CoopCycle, ma che non ha una piattaforma, perché si organizza in team orizzontali e ha scelto un modello di impresa B2B per il quale si relaziona direttamente con altre imprese come ristoranti, farmacie, case editrici, … per offrire il servizio di trasporto merci nella città di Copenaghen e garantire al contempo ai corrieri orari di lavoro chiari e uno stipendio fisso ogni mese.

Un altro esempio è Les Oiseaux de Passage, una rete francese di cooperative e agenzie viaggio che lavorano nella filiera del turismo sociale, che al momento sta pagando persone per decodificare la piattaforma che ha scelto di ridurre all’osso per risolvere problemi economici ed etici legati all’uso dei dati e alla cybersicurezza. Al momento utilizzano quella che chiamano una “interfaccia umana” che non rispecchia le logiche delle piattaforme di turismo più diffuse, ma lavora su altri aspetti di engagement con l’obiettivo di ripristinare le relazioni umane.

Ciò che rende speciale queste organizzazioni non è quindi tanto la piattaforma, ma la loro visione e la scelta di essere o lavorare come una cooperativa[16] o una rete di cooperative; quindi, di portare avanti i valori e i principi che sottendono una tale scelta all’interno di un contesto nel quale i valori dominanti sono diversi.

Nonostante il libro di Scholz spesso sottenda una visione della “piattaforma tecnologica soluzione a tutti i costi”, questi esempi evidenziano che non in tutti i casi è necessario integrare una piattaforma per portare avanti una visione imprenditoriale alternativa ai paradigmi dominanti delle grandi piattaforme. Inoltre, il modo in cui le cooperative lavorano con il digitale è molto più ampio e variegato dell’introduzione di una piattaforma di scambio. Tanto che quella delle piattaforme cooperative risulta essere una nicchia molto piccola sia considerando l’intero movimento cooperativo[17] sia all’interno del più ampio impegno che le cooperative impiegano per integrare il digitale nella propria attività. Anche perché ciò che conta è la scelta organizzativa, mentre la tecnologia è solo uno strumento che può pertanto variare ed evolvere a seconda delle esigenze.

Guardare alle cooperative per supportare le piattaforme cooperative

Per l’insieme di questi motivi, quando ci si interroga sull’esigenza di una legge specifica per sostenere le piattaforme cooperative, se, da un lato, Trebor Scholz e altri attivisti e cooperatori con lui sostengono sia necessario avere una legge dedicata, dall’altro lato, ci sono alcune evidenze che mostrano quanto sia piuttosto più importante creare un quadro giuridico adeguato alla creazione di cooperative. Ad esempio, in Costa Rica ci vogliono circa 22 giorni e solo due persone per costituire una società, ma ci vogliono tre anni e più di 10 persone per creare una cooperativa. Questo è chiaramente un grosso limite alla creazione di nuove cooperative, perché le persone scelgono invece di fondare delle Srl[18]. E come in Costa Rica, in molti Paesi del mondo non esistono leggi adeguate a creare e sostenere le cooperative, anche in Europa. A questo si aggiungono le difficoltà che le cooperative hanno quando cercano di collaborare a livello internazionale, sempre legate alla mancanza di leggi appropriate all’ecosistema cooperativo internazionale. In sostanza, occorre semplificare le pratiche di creazione delle cooperative e collaborazione internazionale tra esse se si vogliono supportare le piattaforme cooperative.

Inoltre, per sostenere le piattaforme cooperative, i policy maker dovrebbero anche porre dei limiti alle grandi piattaforme. Le cooperative non sono la panacea dei problemi creati dalle grandi piattaforme. I diversi problemi che queste ultime creano rendono difficile anche l’ingresso delle cooperative nel mercato delle piattaforme, non da ultimo perché subiscono il dumping delle grandi piattaforme. Per sostenere la nascita, la creazione e lo sviluppo di piattaforme cooperative è necessaria anche una concorrenza leale e condizioni di parità tra le piattaforme. Un esempio di regolamentazione di questo tipo arriva dall’Unione Europea, che sta lavorando alla Direttiva sul Platform Work dal 2020 e ha emanato recentemente il Digital Services Act. In questo contesto, i cooperatori e le cooperatrici dovrebbero sostenere il lavoro di federazioni come Cecop[19], che difende le cooperative a livello di Unione Europea.

Per concludere, invece di concentrarsi sulle “qualità tecnologiche” di ogni cooperativa, bisognerebbe procedere al contrario e partire dai principi e dai valori cooperativi e usarli come indicatori per capire le “qualità cooperative” di ogni tecnologia. È noto che la tecnologia è neutra e, pertanto, il focus deve essere sui valori e principi di cui ognuno è portatore e su come essi possono dare forma alla tecnologia. In sostanza, ciò che rende speciale le piattaforme cooperative è il fatto di costituirsi attorno a una cooperativa, mentre la parola piattaforma non è nient’altro che uno strumento, per quanto utile, interessante e competitivo.

Foto di fauxels/Pexels


[1] Trebor Scholz, Platform Cooperativism vs. the Sharing Economy, Medium.com, 5 December 2014 (https://medium.com/@trebors/platform-cooperativism-vs-the- sharing-economy-2ea737f1b5ad).

[2] Yochai Benkler, The Wealth of Networks,

[3] Basta vedere i temi dell’ultima conferenza annuale del comitato di ricerca dell’Alleanza Internazionale delle Cooperative (ICA). ICA CCR 2023 – Global and European cooperative research conference, 10-13 luglio, Lovanio (Belgio): https://ica-ccr2023.com.

[4] Louis Cousin e Luc K. Audebrand, Cooperative associations: frameworks of distributed leadership for collective digital innovation, Conference Paper, 13 Luglio 2023, ICA CCR 2023 – Innovating in cooperative governance, Governing cooperative innovation, Lovanio (Belgio).

[5] Paolo Venturi e Flaviano Zandonai, Neomutualismo. Ridisegnare dal basso competitività e welfare, Egea, Milano 2022.

[6] Fondazione PICO, Le cooperative e la sfida dell’innovazione digitale: il neo mutualismo in dieci tesi, 2023: https://pico.coop/web/manifesto-per-il-neo-mutualismo-digitale.

[7] Elenco eventi Platform Coop Consortium: https://platform.coop/events/.

[8] Trebor Scholz, Uberworked and Underpaid. How workers are disrupting the digital economy, Polity Press, Cambridge-Malden, 2017, p. 9.

[9] Per un’analisi del tema della sharing economy e delle sue difficoltà rimandiamo al corso “Piattaforme cooperative e sharing economy” organizzato da Legacoop Romagna in collaborazione con la Fondazione Centro Studi Doc il 18, 19 e 20 febbraio 2022. La prima lezione è tenuta della professoressa Ivana Pais.  (https://legacoopromagna.it/2022/01/24/piattaforme-cooperative-e-sharing-economy-il-corso-completo/).

[10]  “Food4me”, nasce a Verona la prima cooperativa di Riders, VeronaSera, 2 novembre 2019 (https://www.veronasera.it/economia/food4me-prima-cooperative-riders-verona-2-novembre-2019.html).

[11] Ivana Pais e David Stark (eds.), Power and Control in Platform Monopoly Capitalism, Sociologica, Vol. 14 N. 3 (2020).

[12] WePlat – Welfare systems in the age of platforms: https://www.weplat.it.

[13] Francesca Martinelli e Francesca Tamascelli, Cooperativismo di piattaforma: esperienze cooperative per uno sviluppo del territorio, in C. Alvisi, D. Donati, G. Pavani, S. Profeti, C. Tubertini (eds.), New Policies and Practises for European Sharing Cities, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali, Università di Bologna, Bologna 2019 (pp. 185-210).

[14] Morshed Mannan e Simon Pek, Platform cooperatives and the dilemmas of platform worker-member participation, in “New technology, work and employment”, 2023.

[15] La prima edizione di COODING inaugura un nuovo percorso cooperativo globale sul digitale: https://www.centrostudidoc.org/index.php/2023/10/09/la-prima-edizione-di-cooding-inaugura-un-nuovo-percorso-cooperativo-globale-sul-digitale/.

[16] Ad esempio, ByExpressen non è una cooperativa, anche se si considera tale, perché in Danimarca non esiste un quadro legislativo dedicato alle cooperative.

[17] Il repository ufficiale gestito dal Platform Cooperativism Consortium menziona 546 progetti in 50 stati. L’Alleanza Internazionale delle Cooperative conta oltre 3 milioni di cooperative tra i suoi membri.

[18] Nonostante questo, a seguito della “Prima conferenza sulle cooperative di piattaforma in Costa Rica”, San José (Costa Rica), 23 marzo 2023, è stata recentemente presentata una proposta di legge per creare piattaforme cooperative (apparentemente senza risolvere il problema dei tre anni).  

[19] Sito web: https://cecop.coop.


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