Famiglia
Pollo pazzo, così ti riporterò in tavola
Sos Aviaria. Intervista a Paolo Bedoni, numero uno di Coldiretti
di Redazione
Malgrado un sistema di certificazioni unico al mondo, in Italia i consumi di carne bianca sono crollati. Il comparto rischia un crack assurdo e devastante. «Per uscire dal tunnel dobbiamo lavorare sulla qualità e sulla fiducia».Intanto all?estero il made in Italy non perde un colpo
Un colpo da levare il fiato. La sberla dell?influenza aviaria non è però riuscita a mettere nell?angolo la Coldiretti, organo di rappresentanza di 562mila imprese agricole, il 52% di quelle iscritte alle Camere di commercio. L?ordine perentorio è stato: vietato piangersi addosso. Così dal bunker di via XXIV Maggio hanno incominciato a spingere sull?acceleratore. Obiettivo: informare, informare e ancora informare. Ne è uscita una fotografia dettagliata di un corto circuito a metà strada fra la crisi sociale e la psicosi collettiva. Come liberarsi da questo cappio? Quali errori sono stati commessi? Di chi sono le responsabilità? Il presidente di Coldiretti Paolo Bedoni ha deciso di affidare le sue risposte a questo dialogo con Vita.
Vita: Un intero comparto agricolo può davvero scomparire in pochi giorni?
Paolo Bedoni: Siamo di fronte a un black out di mercato con rilevanti effetti di natura economica, sociale e politica. Solo nella seconda settimana di febbraio i consumi di carne di pollo sono calati del 70%, il costo della crisi ha ormai abbondantemente superato il mezzo miliardo di euro e sono già stati persi 30mila posti di lavoro. Il rischio è che venga travolto l?intero comparto avicolo. Tutto questo a causa di una psicosi assurda.
Vita: Psicosi che è scoppiata solo in Italia. Come se lo spiega?
Bedoni: L?influenza aviaria preoccupa l?83% degli italiani, un valore superiore del 24% alla media europea secondo i dati di Eurobarometro. Il paradosso è che in questi giorni gli stranieri hanno dimostrato di apprezzare ancora di più il made in Italy, come confermato di recente dalla stessa Fao e dall?Organizzazione mondiale della sanità. Il problema tutto italiano del calo dei consumi è legato alla mancanza di fiducia degli italiani. In passato nel nostro sistema agroalimentare c?è stato chi ha lavorato bene, ma anche chi ha preferito restare nel torbido. Non a caso è stato molto difficile riuscire ad arrivare alla garanzia certificata del prodotto, alla etichettatura e alla tracciabilità per risalire all?origine di ciò che poi arriva in tavola. Se oggi gli inviti alla calma delle istituzioni pubbliche non sfondano e prevale la psicosi, significa che qualcosa non va.
Vita: Si possono individuare responsabilità specifiche?
Bedoni: È necessario un cambiamento degli atteggiamenti culturali intorno alle politiche che devono essere finalizzate nel concreto a garantire il consumatore, altrimenti la psicosi inevitabilmente prevale. Mi chiedo come mai, malgrado tutti i prodotti siano certificati, i consumi crollano? Evidentemente bisogna lavorare ancora molto sulla fiducia.
Vita: Di aviaria ormai si parla da mesi, c?era il modo di anticipare questa crisi?
Bedoni: In Italia la capillare rete dei controlli, la diffusa presenza dei veterinari e delle autorità di polizia e la disponibilità di centri scientifici d?avanguardia rappresentano un costante presidio. Perfino il New York Times ha di recente espresso un positivo riconoscimento sul sistema di rilevazione italiano.
Vita: L?Italia ha appena ottenuto dall?Europa il via libera per la concessione di 100 milioni di euro di aiuti al settore. A cosa dovranno servire questi fondi?
Bedoni: La Coldiretti ha elaborato un piano pluriennale a carattere strutturale che prevede garanzie per la sicurezza alimentare, la trasparenza e la corretta informazione e la possibilità per gli avicoltori di superare l?emergenza e di fronteggiare i danni. Un pacchetto che va accompagnato con misure di pronto intervento per la ristrutturazione dei debiti, la sospensione e il differimento dei contributi, lo stoccaggio dei prodotti invenduti e da un piano di protezione e salvaguardia degli allevamenti.
Vita: La strategia dei produttori italiani è sempre stata improntata all?alta qualità. Purtroppo in questi giorni nemmeno questo approccio si è dimostrato uno scudo adeguato contro la psicosi. Ritiene che questa impostazione debba essere modificata in futuro?
Bedoni: La qualità va difesa di fronte a tutto. La situazione di allarme che si è creata non deve farci deflettere di un millimetro da questa scelta. Produrre all?insegna della qualità e della genuinità rappresenta per noi l?elemento base di un nuovo modello di sviluppo. L?agricoltura italiana si è fatta interprete di una qualità che è un valore assoluto dell?economia nazionale e che si esprime anche con il divieto alla coltivazione di organismi geneticamente modificati, la leadership europea nel biologico e nei prodotti a denominazione di origine ma anche con la più bassa percentuale di residui da prodotti chimici nella frutta e verdura.
Vita: Vista la situazione di oggi, però verrebbe da pensare che la lezione della mucca pazza sia servita a poco?
Bedoni: La crisi della mucca pazza nella fase più acuta, nel 2001, ha prodotto una perdita devastante di due miliardi di euro in un solo anno. Da quel momento però è scattato un deciso riorientamento della produzione agricola verso la qualità e la sicurezza alimentare e ambientale (grazie, per esempio, ai divieti dell?uso delle farine animali), per garantire la trasparenza dell?informazione e la rintracciabilità (etichettatura di origine obbligatoria) e la riscoperta delle razze storiche. In poco tempo il fenomeno della Bse è crollato: dai 50 casi del 2001 ai 7 del 2005, su circa 800mila test effettuati. Gli allevatori nazionali hanno puntato su esemplari di razze autoctone. Oggi l?Italia può contare su circa 140mila animali riconducibili alle cinque storiche razze italiane con un aumento di oltre il 25% rispetto al 2001, quando ne erano allevati solo 110mila.
Vita: Gli italiani però sono terrorizzati. Come si riporta la calma in tavola?
Bedoni: I polli made in Italy venduti all?estero hanno fatto registrare un aumento del 16%, a dimostrazione del fatto che la produzione nazionale riscuote una grande fiducia fuori dai nostri confini. Le esportazioni di carni di pollame domestico come galli, galline, oche, tacchini e faraone, lo dice l?Istat, hanno realizzato un forte balzo in avanti, rispetto allo scorso ottobre, proprio in coincidenza con l?introduzione dell?etichetta ?made in Italy?, introdotta per fronteggiare l?aviaria dopo il primo caso europeo individuato in Romania. In questa ottica appare ancora più sconcertante l?irritazione di Bruxelles contro le norme nazionali che impongono l?obbligo di etichettare la provenienza del pollame e dei suoi derivati che, anzi, andrebbero estese a tutti i paesi dell?Unione europea e a tutti i prodotti derivati dall?allevamento, dal pollame al maiale.
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