Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Cooperazione & Relazioni internazionali

Portogallo: per i poveri- 27% del potere d’acquisto. Per i ricchi tutto come prima

Seconda tappa del reportage di Vita.it dal paese lusitano. Questa volta la nostra inviata fa i conti in tasca alla crisi. Scoprendo che ormai il reddito minimo per una vita degna non vale più di 420 euro

di Emanuela Borzacchiello

Quanto costa vivere con dignità? Si può quatificare quanto costa vivere degnamente?

Un tempo i paesi dell’Eurogruppo riconoscevano il diritto universale a un livello adeguato di risorse economiche. Esistevano dei parametri di rifermiento e delle commissioni apposite che lanciavano l’allarme ai paesi che superavano la soglia di attenzione. Di quel tempo resta la memoria, ma i parametri oggi sono stati rimescolati con così grave austerità da creare una sorta di miopia collettiva in cui sembra non si riesca più a distinguere quale sia un livello minimo di risorse economiche capace di non cancellare la linea di demarcazione tra mancanza di denaro e perdita di dignità.

Coscenti che uno degli effetti colleterali della crisi economica potrebbe essere la perdita di memoria, un gruppo di ricercatori portoghesi scende in campo e contro la miopia collettiva e il taglio castante di finanzamenti alle università, lavora e pubblica i risultati del progetto: “Rendimento Adequado em Portugal” Rap. La ricerca, finanziata dalla Fundação para a Ciência e Tecnologia, nasce da un seminario organizzato dall’Instituto Superior de Economia e Gestão, a Lisboa, finalizzato a creare dei criteri per quantificare la quota necessaria per vivere degnamente in Portogallo in tempi di crisi e non scendere al di sotto di una soglia minima di tolleranza.

 

Con la crisi economica – che in Portogallo inizia ufficialmente a partire dal 2008 – le famiglie con reddito mediobasso perdono circa il 27% del potere di acquisto in beni di prima necessità. Mentre le famiglie con redditi alti rimangono sostanzialmente immuni agli effetti della crisi. “Luoghi comuni non più banali, perchè quando assumono la forma e la sostanza della realtà ci confermano che le politiche economiche devono cambiare rotta”, afferma Susana Brissos, ricercatrice dell’equipe Rap.


Cosa significa per una famiglia poter spendere il 27% in meno del proprio bilancio in cibo?

“Significa perdere qualità. Tutti prodotti marca discount e il geneticamente modificato in tavola. La mia famiglia è stata sempre molto attenta a mangiare sano. Oggi la priorità è mangiare e punto”, Ricardo vive nella periferia di Lisbona, quartiere Telheiras, “una piccola tradizione familiare era andare il sabato tutti a fare la spesa. Oggi il sabato è un giorno che sento arrivare con angustia perchè non sò se riusciremo a fare la spesa insieme”. Contro le percentuali della crisi, Ricardo ci racconta la capacità di inventarsi delle strategie per non abbassare il livello di qualità della vita, sviluppando nel contempo un maggior spirito colaborativo con i vicini “nel mio quartire abbiamo dato vita ad un orto civico. Funziona, abbassa i prezzi e ci riporta a qual mangiar sano che credevamo aver perso” (vedi Reportage Portogallo, magazine Vita Luglio 2013).

 

I dati  pubblicati nel “Rendimento Adequado em Portugal” Rap confermano che la spesa principale per ogni famiglia è quella dell’affitto della casa. “Con la crisi molte famiglie hanno perso la propria casa perchè non più in grado di pagare il mutuo. Di conseguenza, si sta verificando un boom delle case in affitto” ci spiega Susana Brissos, “inoltre i dati, su cui stiamo ancora lavorando, evidenziano un’altra emergenza. Molte persone anziane, pur avendo una casa di proprietà, non riescono a pagare le spese di acqua, luce e gas”. In molte decidono di affittare la propria casa, troppo grande per una persona sola, e andare a vivere in una residenza per condividere le spese o in una casa più piccola, affittando la propria”. Quali le conseguenze sociali di queste scelte? “cambiare quartiere significa che non hai più come punto di riferimento il tuo vicino di sempre, che esci di casa e non puoi più andare a parlare con gli amici nel solito bar o nella bottega che ti faceva credito perchè ti conosce da sempre e sapeva che se non pagavi oggi, appena arrivava la pensione scendevi e coprivi quello che manca”, ci racconta Ivan, più di settanta anni e tutti passati nello stesso quartiere, Rossio-centro di Lisbona.

L’importanza di mantenere una qualità della vita degna è il risultato posto al centro del progetto di ricerca Rendimento Adequanto. Tutte le persone intervistate dai ricercatori – di differente età e classe sociale – hanno affermato che molto più importante della sopravvivenza fisica e materiale, è mantenere un livello di vita dignitoso. Il “sentirsi sicuro” non è solo avere denaro per comprare cibo, ma avere accesso alla cultura e non perdere l’accesso alla possibilità di socializzazione, come può essere andare a bere un caffè o aver ancora la possibilità di andare al cinema. La Rap ha stabilito una soglia minima oltre la quale non si deve scendere per non perdere dignità 420€ al mese. Il nuovo reddito medio consigliato in periodi di crisi


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA