Welfare

Pougala: Caro presidente, dopo 15 anni è ancora emergenza. Cosa non quadra?

di Redazione

Presidente Berlusconi, lei è veramente convinto che esista uno solo dei migranti che prima di mettersi in viaggio si preoccupa di una qualche legge restrittiva fatta in Italia o altrove? Presidente, da che mondo è mondo, i poveri che vivacchiano qui e là alla ricerca di una vita felice non hanno mai goduto di alcuna libertà. Hanno sempre subìto. Oggi i Paesi poveri si vantano del fatto che i soldi loro mandati a casa dai loro emigrati nei Paesi ricchi sono il doppio dei soldi dei vari aiuti e prestiti che ricevono dal sistema finanziario internazionale, anche se nel Paese di arrivo sono trattati peggio dei topi. Passa il tempo, ma la storia è la stessa. Il 19 ottobre 1945 era il governo italiano che firmava un accordo per mandare i suoi figli a lavorare come schiavi nelle miniere del Belgio per avere in cambio 24 quintali di carbone all’anno per ogni italiano. Quando gli indigeni non vogliono fare un mestiere o è da schiavi o è da morte sicura. Cambia il tempo e la scena del delitto ma le tecniche e le forti voglie dello sfruttamento rimangono uguali. In Italia, gli immigrati dai Paesi poveri rappresentano meno del 5% della popolazione, ma sono il 50% dei morti sul lavoro e, come risulta dalle statistiche ufficiali, il 70% di quei morti era al primo giorno di lavoro (che sfortuna!). Quanti di quegli ingenui sognatori della felicità che spariscono nel cimitero del Mediterraneo nel loro tentativo di arrivare sulle coste italiane sanno che sono spinti a lasciare il loro Paese proprio dai loro governanti che vogliono sbarazzarsene a poco costo e spedirli all’estero per aspettare da loro i proventi della loro sofferenza? Come i migranti italiani nel secolo scorso, sono delle vittime del sistema dello sfruttamento mondiale, vittime delle dittature che fingiamo di non vedere in quei Paesi, vittime del sistema sociale italiano, l’unico dell’Unione Europea che ha lasciato scoperto l’accompagnamento della terza età con strutture adeguate statali, perché sapeva di poter avere a disposizione nuovi schiavi per ovviare a quella mancanza. Ho deciso di scriverle questa lettera come africano, ora cittadino italiano, residente in Italia e come scrittore. Sono 24 anni che sono giunto in questo Paese e dal primo giorno che sono arrivato qui, la questione immigrazione era una emergenza. Quando eravamo in 100mila già si gridava che eravamo in troppi. Ci si vietava di lavorare perché studenti africani. Dopo 24 anni, non è cambiato nulla. Si è passati di legge in legge e ognuna ha tentato, senza riuscire, di fermare l’afflusso di morti di fame. Presidente, sono 15 anni che lei è entrato in politica, ma a lei sembra che sia cambiato qualcosa in meglio da tutte le leggi fatte dai suoi successivi governi? Dopo 15 anni, nei Consigli di ministri c’è all’ordine del giorno la stessa emergenza: immigrazione. A lei non viene il dubbio che ci debba essere qualcosa che non quadra? Cordialmente.

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