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Premiato il “Quartetto per il dialogo nazionale” tunisino
Premiati UGTT, UTICA, LTDH e ONAT. Sono le sigle di alcuni importanti attori della società civile tunisina che fecero da sponsor del dialogo nazionale al'indomani delle prime elezioni democratiche del Paese per permettere di risolvere una crisi politica intricata. Le reazioni in Tunisia
di Giada Frana
Il Nobel per la Pace 2015 è andato al “National Dialogue Quartet” tunisino per il suo contributo decisivo nella costruzione di una democrazia pluralistica.
La storia
A due anni di distanza dalle prime elezioni democratiche dell’ottobre del 2011, arrivate dopo la rivoluzione dei "gelsomini”, che consegnarono la guida del paese a Ennahda (partito d’ispirazione islamica), la Tunisia si trova impegnata in una difficile transizione politica ed economica. Nel 2013 si arriva ad un accordo tra l’UGTT, il più grande sindacato del Lavoro della Tunisia, e la coalizione di governo sulla necessità improcrastinabile di avviare colloqui diretti tra i membri della Troika e i partiti dell’opposizione allo scopo di risolvere una crisi politica estenuante che paralizza il Paese da quasi tre anni, e che è venne ad acutizzarsi in seguito all’assassinio del politico dell’opposizione Mohamed Brahmi, avvenuto il 25 luglio 2013; A trattare con i partiti membri della Troika di governo (Ennahda, Ettakatol e Congresso per la Repubblica) sarà il cosiddetto “quartetto” degli sponsor del dialogo nazionale tunisino, per aiutare la Tunisia a superare la sua crisi politica. È composto da alcuni importanti attori della società civile come l’Union Générale Tunisienne du Travail (UGTT), con segretario generale Houcine Abassi, l’Union Tunisienne de l’Industrie, du Commerce et de l’Artisanat (UTICA), presieduta da Wided Bouchamaoui, Ligue tunisienne des droits de l’homme (LTDH), presieduta da Abdessattar Ben Moussa e l’Ordre national des avocats tunisiens (ONAT), di cui Mohamed Fadhel Mahfoudh é presidente.
Il fallimento del Dialogo Nazionale
Il tentativo di mediazione si scontrò con le difficoltà sistemiche scaturite e alimentate sia dalla mancanza di un'attitudine al compromesso tra le formazioni di maggioranza e quelle d’opposizione sia, soprattutto, dalla scarsa coesione tra gli stessi elementi di Governo sia, infine, dalle spaccature sempre più nette all'interno del principale partito dell'Esecutivo, ossia Ennahda.
L'accordo
Il 14 gennaio 2014 arriva l'accordo tra gli islamisti di Ennahda (in arabo, “Rinascita”) e le formazioni laiche e di opposizione all'interno dell'Assemblea Nazionale Costituente (ANC) tunisina che ha dato il via libera all'approvazione della nuova Carta fondamentale del Paese, nonché la nomina dall’ex Ministro dell’Industria Mehdi Jomaa alla carica di Primo Ministro al posto di Ali Laarayedh. Nonostante il naufragio del tentativo messo in piedi dal "quartetto” sarà da quel tentativo che scaturirà l'intesa. Solo grazie al tavolo della società civile le forze politiche infatti avranno la froza per riuscire a portare in porto le negoziazioni ed evitare il rischio di una guerra civile.
Le reazioni dei membri del quartetto
«Questa vittoria torna al popolo tunisino», ha dichiarato ai microfoni della radio tunisina Mosaique FM la presidente dell’Utica, Wided Bouchamaoui, «che ha avuto fiducia nel quartetto, il quale ha avuto un ruolo essenziale nel risollevare il Paese». «Questo premio arriva al momento giusto», ha aggiunto Houcine Abassi, segretario generale dell’Ugtt, sorpreso per questo riconoscimento, «poiché la Tunisia é ancora nel mirino del terrorismo, soprattutto a causa degli ultimi avvenimenti sopraggiunti e del tentativo di omicidio di Ridha Charfeddine». (Charfeddine é deputato di Nidaa Tunes e giovedi mattina ignoti hanno sparato dei colpi alla macchina su cui stava viaggiando, nel tentativo di ucciderlo, ndr). «Il dialogo e il consenso hanno potuto evitare il caos in Tunisia(…). Questo premio potrà incoraggiare molti altri Paesi, come la Libia, a optare per il dialogo per risolvere i conflitti», ha detto Abdessatar Ben Moussa, presidente della LTDH, felicitandosi per il riconoscimento.
Le reazioni dei tunisini
Le reazioni del popolo tunisino sono state immediate, sopratutto sui social network, anche se accanto alla fierezza di aver ricevuto un riconoscimento così importante, soprattutto in un periodo delicato in seguito ai due attentati del Bardo e di Sousse, c’é anche qualche perplessità. «Bravi, bravi ai tunisini che ci hanno creduto e hanno contribuito alla riuscita della nostra rivoluzione», commenta Abel sul sito di Businessnews.com, ma il suo entusiasmo viene sferzato da «Bourguibiste nazionaliste»: «Come si puo’ attribuire il premio Nobel della pace al nostro Paese, che non ha contribuito in nessun modo alla pace? Come attribuire il Nobel a un paese dove gli islamisti al potere hanno incoraggiato i tunisini ad andare a fare la guerra in Siria? Come attribuire il Nobel a un paese che ha sostenuto le ribellioni in Libia con le conseguenze che ora sono sotto gli occhi di tutti? (…) a un Paese dove degli occidentali sono stati assassinati? (…) Questo premio nobel é un regalo avvelenato». «Il premio nobel per la pace», scrive su facebook Mohamed B., «avrebbe dovuto essere dato al popolo tunisino e ai suoi martiri, che durante quattro anni di distruzione dell’economia é riuscito a non cadere nella guerra civile. Sacralizzare il quartetto senza autocritica, lo stesso quartetto che non ha fatto che del consenso politico per preservarsi durante questi ultimi anni a scapito della posta in gioco economica e sociale, é pietoso. Staremo a vedere da qui ai prossimi mesi, quali soluzioni magiche economiche e securitarie ci presenteranno questi “nobelizzati”». Il giornale satirico tunisino Lerpesse, pubblica invece la notizia tale e quale, come se fosse realmente uno scherzo.
La Tunisia, tra i Paesi della cosiddetta primavera araba, é ad ogni modo l’unico che finora é riuscito ad intraprendre il cammino della transizione democratica, non senza difficoltà. Un cammino che é ancora in salita, a causa di una situazione economica che tarda a risollevarsi e la mancanza di interventi sociali mirati per i giovani e la popolazione, quella stessa popolazione che durante i giorni della rivolta era scesa in strada a chiedere pane e dignità.
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