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Prestigiacomo e adozioni “fai da te”, il ministro smentisce L’Espresso

"Nel richiamo in prima pagina e nel titolo dell'intervista al ministro per le Pari opportunita' sulle adozioni internazionali, ne stravolge il pensiero", dice un comunicato del ministero

di Benedetta Verrini

“L’Espresso in edicola oggi, nel richiamo in prima pagina e nel titolo dell’intervista al ministro per le Pari opportunita’ Stefania Prestigiacomo, sulle adozioni internazionali, ne stravolge il pensiero, rendendolo peraltro in palese contraddizione con quanto affermato nella stessa intervista”.
È quanto si legge in un comunicato stampa del ministero per le Pari opportunita’. “Nel richiamo in prima pagina il settimanale titola: ‘Prestigiacomo, con la riforma meno controlli ma le adozioni calano’. È falso. 1) La riforma proposta dal governo non e’ stata ancora approvata dal Parlamento e quindi non ha alcuna influenza sulle adozioni. 2) le adozioni sono raddoppiate dal 2001 a oggi.

Nel titolo dell’intervista, ‘Voglio adozioni fai da te’, si evoca la deregulation che esisteva prima dell’entrata in vigore della vigente legge e che era una pratica discutibilissima e che si prestava a gravi abusi. Idea che, basta leggere l’intervista, e’ estranea alle posizioni del ministro.
Nel sottotitolo si aggiunge “autocertificazione invece dei controlli del tribunale”. Altro falso perche’, come chiaramente sempre spiegato nell’intervista, e’ proprio il tribunale dei minori, nel disegno di legge governativo, ad assumere la piena responsabilita’ dell’esame di idoneita’ della coppia, attraverso verifiche documentali (le autocertificazioni nei casi consentiti dalla legge) colloqui alla presenza di psicologi e componenti non togati del tribunale e, se ritenuti opportuni, ulteriori accertamenti attraverso organi della pubblica amministrazione.
Tutto cio’ ha detto il ministro, ma non si evince dal titolo dell’intervista che accredita una posizione irresponsabile che non appartiene in alcun modo al ministro Prestigiacomo. Liberissimo, ovviamente, L’Espresso di contestare o condannare le posizioni del ministro, ma non di stravolgere nella titolazione il suo pensiero”.

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