Famiglia
Professione, sorriso. Fate circo
Larte di clown e giocolieri è sempre più sociale (di Sara De Carli).
di Redazione

Ai corsi di Circomix, in provincia di Bolzano, c?è un bambino iperattivo e aggressivo, con disturbi del comportamento, che sospende la terapia farmacologica nei giorni di circo. Alla Scuola di Cirko di Torino ci sono una signora sessantenne, che fa giocoleria per prevenire l?Alzheimer, e due bambini dislessici. Il duende di Alberobello lavora con persone down di tutte le età. Circomaximo, a Roma, entra ogni giorno nel carcere minorile di Casal del Marmo per tenere un corso di acrobatica. Eppure tutti storcono il naso davanti all?etichetta di ?circoterapia? e declinano ogni pretesa educativa troppo formalizzata.
«Non siamo neurologi né psicologi: siamo professionisti del circo», chiarisce subito Carlo Leonardi, di Circomaximo. «Amiamo il circo e vogliamo farlo amare agli altri». Di fatto, però, gran parte delle associazioni che offrono corsi di clownerie e giocoleria sono associazioni di promozione sociale e onlus; e se i Big Blue Banana Giocolieri fanno laboratori di giocoleria per manager, molti accolgono nei propri corsi persone un po? speciali, sperimentando con creatività le tecniche circensi in contesti di malattia, disabilità e disagio.
Mettersi a giocolare
Leonardi è tra questi. Nel 1994 ha lasciato il suo posto di impiegato e si è messo a giocolare. Da settembre a giugno tiene corsi di equilibrismo per ragazzi e adulti e di circomotricità per i bambini dai 4 ai 6 anni. Non sono troppo piccoli? «L?obiettivo non è quello di sfornare artisti che lavorino nel circo, ma quello di offrire strumenti per lo sviluppo globale della persona; per questo non è mai troppo presto!». Un?azione formativa («educativa mi piace poco», dice) che fa leva sulla scoperta del proprio corpo, sulla capacità di riconoscere le proprie capacità e quelle degli altri, sulla creatività e sulla collaborazione.
Da quattro anni, quando le scuole finiscono, Circomaximo ?scavalca? le sbarre del carcere minorile di Casal del Marmo a Roma: «Andiamo sempre in due o tre, perché anche se i ragazzi sono solo una decina, il lavoro è molto intenso. Sono bravissimi nell?acrobatica, non hanno paura di niente. Tranne di una cosa: sbagliare e fare brutta figura». Puntano sempre a fare il numero più difficile, questi ragazzi, e riuscirci è una botta enorme di autostima. «Scatta un meccanismo», spiega Leonardi, «del tipo: se ho potuto fare questo, posso fare anche qualcos?altro; magari addirittura riuscire a essere qualcun altro». Un qualcun altro che non si limitano a immaginare, ma sperimentano direttamente in scena.
Il punto di forza della giocoleria però è l?informalità. Elena Veronelli, 21 anni, tra le organizzatrici dei corsi del centro di aggregazione giovanile Il bivacco, in provincia di Como, dice: «Ogni strumento ha il suo ritmo e mi fa vedere con più lucidità i miei problemi. Giocolare non dà consigli né soluzioni preconfezionate, mi aiuta a trovarle dentro di me». Molti ragazzi scoprono nella giocoleria qualcosa cui appassionarsi, e si trasformano in organizzatori instancabili, capaci di coinvolgere chiunque. Disposti persino a giocarsi la faccia presso i Comuni e a farsi garanti del buon andamento di feste ed esibizioni.
Questione di equilibri
Allenarsi ad avere fiducia nei compagni, vivere la dimensione associativa, imparare l?umiltà della spalla, cogliere i tic della gente, dare un nome e un volto ai propri sentimenti? Tutto questo fa parte delle competenze comunicative e relazionali che il circo affina. Accanto a queste ci sono i benefici sul fisico: equilibrismo e acrobazia impongono di saper scomporre e coordinare i movimenti, che vanno compiuti in modo identico con la mano destra e con la mano sinistra. L?emisfero cerebrale destro e sinistro si sviluppano in ugual modo, e così si guadagna in elasticità, concentrazione, equilibrio e riflessi .
«Questo è fondamentale per i bambini iperattivi e aggressivi», spiega Sigrid Federspiel di Circomix, a Vandoies. «Lasciati liberi di scegliere lo strumento con cui lavorare, i bambini che hanno uno scarso equilibrio interiore cercano istintivamente il monociclo, il filo teso, il diabolo. L?equilibrio esteriore aumenta quello interiore». Sigrid Federspiel è una ex maestra elementare che oggi lavora a tempo pieno nella scuola con la giocoleria. «Il rapporto con i bambini è totalmente diverso. A scuola l?errore è fuggito come la peste, qui invece i bambini vedono che anch?io sbaglio, e sanno che una pallina che cade non è una sconfitta».
«Questo vale ancora di più nella clownerie», continua Carmine Basile, di Il duende di Alberobello. «Il clown non ha paura di sbagliare. Anzi, fa ridere la gente proprio quando sbaglia. L?errore intenzionale produce una risata meccanica, ma se il clown ha l?umiltà di lavorare sul proprio sbaglio, raggiunge il vertice della sua arte». Un?arte difficile dunque quella del clown, poco amata dai down: «Fare il clown per loro è roba da bambini. Loro vogliono fare cose difficili, importanti. Giocolare, per esempio. E Shakespeare».
Sara De Carli
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