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Profughi, non si può dire no

Il commento di Livia Turco sull'emergenza dell'accoglienza ai profughi provenienti dall'Iraq.

di Livia Turco

Di fronte al conflitto in Iraq il governo deve affrontare un piano per l?accoglienza dei profughi. È stato sconcertante lo spettacolo offerto dal governo italiano che ha oscillato tra le bordate di Bossi e gli annunci di leggi umanitarie di Buttiglione. Va fatta una premessa. La questione curda rappresenta un nodo decisivo dell?asilo in Europa. Nel periodo 1992 -2001 turchi e iracheni, in massima parte della minoranza curda, hanno costituito il secondo e il terzo gruppo nazionale tra i richiedenti asilo nell?insieme dei Paesi industrializzati. La questione dei profughi del conflitto va esaminato su due piani distinti che riguardano: gli spostamenti di popolazione all?interno dell?Iraq e nella regione circostante; secondo, gli spostamenti che potrebbero interessare il territorio dell?Ue. Il vertice delle agenzie dell?Onu ha formulato la previsione di 1,5 – 2 milioni di profughi, la maggioranza dei quali si riverserebbe in Iran, Giordania e Turchia. Per quanto riguarda l?Europa, è assai più controverso valutare in che misura l?esodo possa raggiungerla. A partire da queste considerazioni il governo deve collaborare con l?Onu e l?Europa per predisporre in modo urgente un piano concreto che sposti in Iraq attrezzature, medicine, cibo. L?Europa e l?Italia devono predisporre misure di accoglienza in loco. Tra queste la più importante è il permesso per protezione umanitaria, previsto dalla Turco-Napolitano, e confermato dalla Bossi-Fini. Il governo deve predisporre una direttiva che attui questa opportunità. Sarebbe inoltre importante che l?Italia sollecitasse l?Unione europea ad attuare la misura di protezione temporanea europea, prevista dalla direttiva 2001/55/CE. Mi auguro, inoltre, che la Camera, tanto più a fronte del dramma iracheno, approvi una nuova legge sul diritto d?asilo, che ha avviato l?iter alla Commissione affari costituzionali.


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