segue da pag. 33
Ma fin da subito si è cominciato a guardare al futuro. E alla ricostruzione. Che parte, ed è ovvio sia così, dalla logistica. Il Comitato regionale di Confcooperative, creato all’indomani della grande scossa, ha allestito, nel quartiere aquilano di Acquasanta, la Cittadella della cooperazione (è stata inaugurata il 4 maggio): cinque container e 20 postazioni di lavoro per aiutare le imprese che hanno perso la sede. «Sono il risultato dell’impegno comune del livello nazionale e di quello regionale. Poi chiederemo un’area per costruire un distretto che ospiti associazioni e cooperative», precisa Giampiero Ledda di Confcooperative Abruzzo. Legacoop, dal canto suo, ha individuato un sito dove costruire un centro servizi per le cooperative rimaste senza casa: «Si investiranno le risorse raccolte e se non saranno sufficienti ne metteremo altre», spiega Paola Menetti, presidente di Legacoopsociali. Entrambi i sistemi cooperativi sanno però che non si vive di solo mattone?
«Come settore», precisa Menetti, «orienteremo i nostri sforzi al ripristino dei servizi per l’infanzia, di cui si occupano le nostre cooperative colpite, dando loro, se sarà necessario, un supporto anche in termini di risorse umane e competenze». Un modo per accelerare il ritorno alla normalità («i ragazzi che abitavano nelle comunità e che oggi sono ospitati in albergo dovranno pur andare a scuola, alla fine dell’estate»). Ma anche una maniera per sottolineare in che senso si debba parlare di ricostruzione. Puntualizza la presidente di Legacoopsociali: «Non vuol dire solo riferirsi ai muri ma anche a una dimensione e a un tessuto comunitario». «È necessaria», le fa eco Ledda, «una complessiva condivisione dell’obiettivo di crescita intesa come coerenza fra sviluppo economico e tenuta sociale. Si può ricostruire una città riproponendola com’era, ma la si può ricostruire meglio, pensando a una migliore coerenza con l’aspetto sociale e i servizi».
Il mondo della cooperazione c’è. E intende muoversi in maniera sinergica e sistemica. Lo spiega bene Ledda: «Tutti i nostri settori si stanno impegnando per contribuire. Da quello sociale a quello creditizio, ad esempio con la Bcc di Roma che ha stanziato 30 milioni per le imprese in difficoltà, fino a quello edile».
Per quanto riguarda la cooperazione sociale, la sfida forse è ancora più grande. «Serve», spiega Menetti, « un percorso, a partire dalla fase di ricostruzione, che non escluda le persone, che anzi faccia del coinvolgimento e della partecipazione delle persone e delle loro forme di associazione ed autorganizzazione uno strumento forte di efficacia. Rispetto al welfare, non c’è bisogno solo di ripristinare i servizi che c’erano, serve ripensare e progettare insieme i servizi che sono necessari, in quelle realtà. La cooperazione è disponibile a lavorare nella direzione indicata dall’assessore D’Innocenzo proprio perché siamo convinti che il sociale, il welfare, non debba essere questione da affrontare “dopo”, ma piuttosto uno degli elementi fondamentali perché la ricostruzione significhi allo stesso tempo sviluppo, servizi migliori e maggior benessere per le comunità».
Perché questo salto di qualità si verifichi è però necessaria una maggior condivisione circa il ruolo del terzo settore in generale e della cooperazione sociale in particolare. Componenti che sono state fondamentali nell’emergenza (come tutti hanno riconosciuto) e che possono continuare a dare un contributo insostituibile al di là dell’emergenza.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.