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Punire i pedofili? Non con la chimica

Delitti sessuali. Perché la castrazione chimica è sbagliata

di Marco Scarpati

Al di là della sua liceità, la castrazione chimica, di cui tanto si parla per contrastare la violenza dei pedofili e dei violentatori, è veramente utile? Serve effettivamente? Monica V. La via della cosiddetta castrazione chimica dei pedofili e dei violentatori è, a mio parere, pericolosa sotto diversi punti di vista. In Italia un?ipotetica castrazione chimica, senza grosse modificazioni del nostro quadro normativo, potrebbe essere prescritta solo su base volontaria: la nostra Costituzione ha vietato tutte le punizioni corporali e impedisce allo Stato di obbligare qualcuno a sottoporsi a cure che non ritenga necessarie. Parlando di un trattamento sanitario volontario, la cosa può essere vista (come è in altri paesi d?Europa e del Nord America) all?interno del nostro ordinamento giudiziario solo come realtà premiale: il pedofilo, condannato, accetta di sottoporsi a una terapia di riduzione ormonale e ne riceve, quale premio, una riduzione della pena (diventando la terapia una specie di pena sostitutiva). La questione della castrazione chimica mi pare tutt?altro che accettabile dalle vittime (e dalle loro famiglie), le quali dopo pochi mesi, o pochissimi anni, dal termine del processo potrebbero vedere girare per le città quei pedofili che li avevano fatti vittime di attenzioni sessuali. Chi andrà a dire alle vittime di tollerare la presenza in giro per la città del loro carnefice, per il solo fatto che adesso quella persona si sottopone a indolori punture mensili? Pensiamo veramente che la vittima sia soddisfatta dal sapere che il pedofilo ora non è più pericoloso? Che non gli sia doloroso vedere in libertà la persona che lo ha ferito? Anche sulla non pericolosità del pedofilo che si sottopone alla cosiddetta castrazione chimica c?è molto da dire: nessuno studio scientifico ha dimostrato la totale cessazione della pericolosità sociale, al più si è notata la temporanea diminuzione del desiderio sessuale. Vi è però un aspetto che mi preoccupa ancora di più: la filosofia che sottende la castrazione chimica. Mi è spesso capitato, nel corso di processi o di ricerche internazionali, di vedere pedofili che vivevano la propria sessualità come un tumore, e non come una condotta determinata dalle loro scelte. Chi crede che la puntura ?anti pulsioni sessuali? risolva il problema, non può non concordare con i difensori dei pedofili sul fatto che la loro sessualità è qualcosa di incontrollabile, e che è l?impossibilità di controllo che comporta il reato. Di conseguenza la pedofilia diviene superabile solo con l?intervento di qualcosa di interdittivo. Se effettivamente è il ?tumore? a determinare il comportamento del pedofilo (o del violentatore), ne deve conseguire che chi compie atti di pedofilia deve essere dichiarato, anche solo parzialmente, incapace di intendere e volere. Quindi al pedofilo-violentatore, con questa logica, andranno concesse le diminuenti che la legge prevede nel caso di reati determinati da pulsioni che è assolutamente impossibile placare (da un terzo di pena fino alla non punibilità per l?assoluta incapacità di volere). In altre parole: a tutti i pedofili dovrà essere concessa niente o poca galera. È questo che realmente vogliono gli assertori della castrazione chimica? Il punto Quale punizione del reo Il compito della pena, nell?ordinamento italiano, dovrebbe tendere a rieducare il reo e la pena corporale (quale è la cosiddetta castrazione chimica) non è rieducativa. La pena è anche preposta a dare una forma di risarcimento sociale al male che la vittima ha ricevuto. Cioè deve fare in modo che la vittima, al termine di un giudizio, possa considerare soddisfatta dallo Stato la sua (comprensibile) esigenza di vendetta (e quindi rinunci a farsi giustizia da sola).


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