Non profit
quegli unguenti”miracolosi” che uccidono la tigre
Quando la medicina tradizionale attenta alle specie protette
di Redazione

«L’impatto della Cina sulla biodiversità è fortissimo. Bisogna agire in fretta: se non si interviene entro dieci anni forse la tigre sarà solo un ricordo». Massimiliano Rocco è il responsabile dell’Ufficio Traffic italiano, un network creato più di vent’anni fa da WWF e Iucn – Unione mondiale della conservazione per monitorare il commercio internazionale di fauna e flora, un giro d’affari (in parte illegale) che viene considerato secondo solo al traffico di droga e di armi, e regolamentato dalla Convenzione di Washington, la Cites – Convention on international trade in endangered species of wild fauna and flora.
A lui abbiamo chiesto di spiegarci l’impatto della Cina sulla biodiversità. «Oggi la Cina ha una molteplicità di impatti sulla conservazione della biodiversità. È un grande consumatore di natura. Molte specie animali, dal pangolino alle tartarughe marine, a quelle d’acqua dolce, al cervo nobile (il cui “velluto” che ricopre le corna è uno degli ingredienti di una sorta di Viagra naturale) al piccolo mosco moschifero (dalle cui ghiandole si ricava un profumo) sono richiesti sul mercato sia come alimentari sia per la medicina tradizionale». Una situazione che sta portando alcune specie sull’orlo dell’estinzione: «La tigre, per esempio, le cui ossa sono utilizzate contro l’artrite», continua Rocco, «o il rinoceronte indiano, cacciato per le presunte proprietà medicinali contenute nel corno. C’è poi il consumo di avorio e quindi di elefanti, altra prerogativa cinese e giapponese». «Siamo molto preoccupati per il futuro, per l’impatto sia sui Paesi limitrofi che su altri Paesi, con un potere d’acquisto che sta crescendo nella società cinese».
Oggi commercianti e bracconieri cinesi si recano in Laos, Cambogia, Buthan, Thailandia, India, Birmania per catturare in natura di tutto, tigri comprese. La Cina ha perso la sua sottospecie di tigre, presente fino a pochi anni fa, mentre si era precedentemente estinta la popolazione cinese di tigre siberiana (anche se qualche individuo potrebbe arrivare grazie alla dispersione della popolazione russa al confine con Cina e Corea), il leopardo dell’Amur è quasi estinto, mentre il leopardo delle nevi, il leopardo nebuloso e altre specie di felini utilizzati nella medicina cinese sono in pericolo.
«Poi c’è il risvolto interno», avverte Massimiliano Rocco, «con l’impatto sulla natura di una popolazione sempre crescente, la ricerca di suolo utile per coltivare e di legname ancora oggi utilizzato nei villaggi per cucinare, la produzione di energia, con le grandi dighe costruite sui fiumi, che hanno portato alla probabile estinzione del delfino d’acqua dolce». Come lavora il WWF Traffic per cercare di arginare questa situazione scontrandosi con una cultura e tradizioni millenarie? «Cerchiamo di lavorare su due livelli: il primo culturale, facendo conoscere le alternative di sintesi ai prodotti di derivazione naturale e mettendo in discussione i reali benefici dei prodotti tradizionali, e poi lavorando sull’enforcement. Si è cercato con le autorità cinesi di rafforzare i controlli, tanto che sono quotidiani i sequestri alle dogane di animali vivi e morti. Ma il grande lavoro è di tipo culturale. E purtroppo è un processo lento». «Forse oggi», conclude Rocco, «non abbiamo tutto questo tempo. Se non interveniamo, tra dieci anni la tigre potrebbe essere solo un ricordo».
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