Cultura

Quei millimetri che fanno grande l’Italia

Un territorio «ad alta densità di storia, cultura, tradizioni, saperi, coesione sociale», meta dell’80% dei turisti italiani, affascinati dalla bellezza “di casa nostra”

di Benedetta Verrini

Per l?Italia dei millimetri servono buone scarpe e itinerari fatti sulla breve distanza. Perché qui, più della meta, è l?attraversamento la cosa fondamentale. Se lungo i 200 km tra Burgos e Madrid può non esserci nulla che valga una fermata, nei 200 km tra Venezia e Modena si passano mille mondi, mille epoche diverse. Il verde dei Colli Euganei, con i loro sapori forti e i loro vini. Il comprensorio ecoturistico della foce del Po. La Padova di Giotto, rasentando la Vicenza del Palladio e l?aristocratica Ferrara di Bassani e Antonioni. Un esempio per dire, usando le parole di un argentino ormai trapiantato nel nostro Paese, Alfredo Somoza, che l?Italia «è il Paese europeo a più alta densità di storia, architettura, cultura, tradizioni in rapporto alla sua superficie. Mi chiedo perché non sia ancora stata avviata una campagna nazionale, insieme a una politica integrata, per la promozione delle sue mete più alternative?».

Marginale? Sì grazie
Già. Degli ottomila comuni italiani, quasi settemila sono stati fondati prima del XVI secolo (2.684 sarebbero addirittura centri abitati di origine romana o preromana). Secondo una stima del Touring Club Italiano, in Italia ci sono 20mila centri storici, 40mila fra rocche e castelli, 4mila giardini, oltre 30mila archivi e migliaia di biblioteche. Fra i siti dichiarati dall?Unesco «Patrimonio dell?Umanità», quelli italiani sono 29, contro i 25 della Francia, i 22 della Spagna, i 20 della Germania, i 18 del Regno Unito. Abbastanza per giustificare il rinnovato interesse degli italiani per l?Italia: un trend in atto da qualche anno (più dell?80% nel 2004 ha scelto mete di casa nostra), sostenuto da fattori esterni come la difficile congiuntura economica e la paura dei viaggi all?estero. Ma non solo.

«La riscoperta dei borghi e dei piccoli gioielli nostrani è un processo in atto da tempo», commenta Ermete Realacci, fondatore di Legambiente, deputato della Margherita e animatore della campagna Piccola Grande Italia. «Riguarda migliaia di territori in passato associati a un?idea di marginalità, e che invece rappresentano un intreccio unico al mondo per creatività, storia, qualità, coesione sociale. Proprio grazie a queste caratteristiche, molti di essi hanno saputo risorgere e trasformarsi in mete ambitissime. Pensiamo alla Val d?Orcia: alcuni decenni fa era una zona molto povera, assistita dalla Cassa del Mezzogiorno. Lungo la Cassia, tra Roma e Siena, in località Isola D?Arbia ancora oggi si può vedere ciò che resta di una fabbrica abbandonata. Era uno stabilimento per la produzione di pomodori in polvere, che prometteva il rilancio economico dell?area tra? Pienza, Montalcino e Radicofani! Cosa è successo, invece? Questa comunità ha scommesso sui suoi borghi, sull?artigianato e l?agricoltura, ed oggi non esiste straniero che non conosca il Brunello e non sogni di attraversare quelle campagne in bicicletta».

E’ successo in Toscana, ma sta accadendo anche in altri luoghi: «Nella valle del Belice, grazie ai nuovi stabilimenti vitivinicoli», prosegue Realacci. «O nel Salento, dove si fa tesoro di minoranze storico-linguistiche, come la Grecia».

Rilancio in ordine sparso
C?è molto rammarico, certo, perché a questo risveglio non è ancora seguito un progetto di respiro nazionale: la proposta di legge Realacci-Bocchino per la protezione e il sostegno dei piccoli comuni con meno di 5mila abitanti, dopo aver ottenuto il via libera unanime alla Camera, è stata insabbiata al Senato. «Ma tenteremo di riproporla nella prossima legislatura», promette Realacci. «Perché quella legge aveva una filosofia rivoluzionaria: invece di accompagnare al declino le piccole località con una logica meramente assistenziale, puntava a valorizzarne al massimo la specialità e sì, anche la marginalità. Per farle uscire da una logica perdente e innescare, anche attraverso il turismo, una spirale di crescita e di sviluppo».

Sa bene cosa significa tutto questo anche la fondazione che più di tutte, storicamente, ha lavorato per il recupero, la conservazione e la rinascita delle bellezze d?Italia: il Fai, che d?estate organizza manifestazioni, eventi e itinerari all?interno delle più belle cornici storico-artistiche di sua proprietà. «La cosa che più mi colpisce, durante questi eventi, è lo stupore della gente, l?emozione della scoperta di un luogo, magari a pochi passi da casa loro, di cui non sospettavano l?esistenza», commenta Valeria Sessa, responsabile delle manifestazioni del Fai. «è successo a tanti torinesi, rimasti senza fiato di fronte al castello di Masino, a 40 chilometri dalla loro città».

Ma accade in continuazione in tante altre zone d?Italia, nell?ambito del ciclo Notti d?estate, in cui il Fai propone balli campestri, happy hour, cene a tema nei castelli, visite per bambini, concerti. «Attività», sottolinea la Sessa, «che permettono lo sviluppo di alleanze con le istituzioni locali e la creazione di posti di lavoro, con personale e maestranze locali».

Il «turista da borghi»
Ma chi va ai concerti nel chiostro di San Fruttuoso, alle cene medievali al castello di Avio o alle visite al monastero di Torba? «Famiglie con bambini, persone interessate all?approfondimento culturale e tanti, tanti altri profili», prosegue la dirigente Fai. «Il pubblico è eterogeneo, ma tutti tornano a casa con la consapevolezza di aver trascorso una giornata speciale e scoperto un piccolo segreto».

Ecco, appunto: come, con quali strumenti si scoprono questi ?millimetri? d?Italia? «Visitandoli a piedi», raccomanda Duccio Canestrini, scrittore e antropologo (date un?occhiata ai suoi consigli sul sito www.homoturisticus.com). «Noi abbiamo quella che in antropologia si chiama ?andatura cognitiva?: con una velocità di circa 3 km all?ora, il nostro sguardo ci permette di assorbire il massimo delle informazioni possibili». Meglio camminare, dunque, e scegliere strutture alloggiative non standardizzate. «E saper essere forestieri rispettosi e curiosi», prosegue Canestrini. «In Toscana, in un bar, di recente ho letto un cartello con la scritta Chi porta porta, Chi un?porta parta. Abbastanza rude ma diretto: un messaggio, per chi arriva da fuori, a lasciare qualcosa o andarsene. Per lasciare qualcosa di noi stessi, oltre al denaro, dobbiamo essere pronti a chiedere, ma anche a raccontarci».

Mangiar bene e bere meglio, l’Italia da scoprire

Gli italiani che viaggiano in località italiane sono l?83,8% e le regioni più visitate sono Emilia Romagna (10,3%), Lombardia (10%), Toscana e Lazio (entrambe 9,2%), Campania (7,3%). Tra questi, gli amanti del turismo enogastronomico sono ben 3,5 milioni alla ricerca di 4.008 prodotti tradizionali regionali, 148 specialità italiane a denominazione e indicazione geografica protetta, oltre 400 vini Docg, Doc e Igt.

Sempre maggiore, poi, è l?interesse per le vacanze in agriturismo: le presenze annue nei 13.500 agriturismi attivi sono 2 milioni e 350 mila per un giro d?affari totale annuo pari a 810 milioni di euro e un giro d?affari medio per azienda di 60mila euro.

Per la scarsa promozione turistica di tutto il patrimonio culturale, storico e paesaggistico italiano, si è registrata una perdita di presenze straniere nel Bel Paese, dal 2000 al 2003, di 3 milioni di unità mentre l?investimento complessivo delle Regioni per la promozione turistica si aggira attorno ai 266 milioni di euro.

Fonti: Eurispes – Rapporto Italia 2005;
Coldiretti 2005; Istat-Turismo 2004; Agriturist 2004

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