Mondo

Quel grigioverde quasi arcobaleno

In un’aula dell’università Cattolica c’erano tanti pezzi da novanta convenuti per celebrare la nuova vocazione dei militari italiani alla cooperazione e alla ricostruzione.

di Redazione

Milano, università Cattolica del Sacro cuore. In cattedra una sfilata di divise verdi e di stellette. E non stellette qualsiasi, ma veri e propri pezzi da novanta. Ci sono Mauro Del Vecchio, generale di corpo d?armata nonché ex comandante del contingente italiano in Kosovo, e il parigrado Corrado Dalzini, comandante sino al settembre scorso della missione italiana a Nassiriya. L?occasione ufficiale sono i festeggiamenti per i 144 anni dell?esercito italiano. In realtà l?obiettivo è un altro e la sede non è stata scelta a caso. L?esercito vuole scoprire un?altra anima, umanitaria e cooperante. E infatti sullo schermo austero dell?aula Pio IX sfilano immagini di soldati gentili, che curano le ferite, che costruiscono case, che disinnescano mine. Commenta soddisfatto Del Vecchio: «Le operazioni di supporto alla pace ormai sono l?attualità delle nostre forze armate». I numeri sembrerebbero dalla sua. Per lo meno quelli scodellati davanti alla platea (anche questa in gran parte grigioverde) dal capitano Marco Longo, 33 anni, che dal luglio 2003 all?agosto 2004 è stato a capo del Cimic della missione Antica Babilonia. In 13 mesi ha avviato 384 progetti di cooperazione per una spesa complessiva di 13 milioni 17mila dollari (4,5 dei quali impegnati nel solo settore sociale): «non abbiamo ancora l?aggiornamento ufficiale, ma ad oggi queste cifre vanno per lo meno raddoppiate», dichiara.
Cimic, ovvero Civil military cooperation. Si chiamano così le cellule umanitarie dell?esercito, che arruolano tanto personale civile (si va dagli ingegneri agli psicologi, passando per sociologi, medici, idraulici ed economisti), ovviamente sotto il comando militare. Ma i numeri non finiscono qui. «Abbiamo riparato 50 strade creando seimila nuovi posti di lavoro», continua Longo, «abbiamo costruito da zero una discarica per i rifiuti solidi, ripristinato la corrente elettrica, abbiamo distribuito medicinali e inaugurato un centro per ustioni, una scuola per infermieri e la stazione di polizia locale, ma tutto questo sarebbe stato inutile se contemporaneamente non avessimo allacciato relazioni con le associazioni locali come l?Associazione handicappati e mutilati di Nassiriya o l?associazione Amici degli italiani». Un rapporto che strappa più di un sorriso al generale Del Vecchio.
Già, ma la guerra? Dov?è finita la guerra? «In effetti nei miei 120 giorni in Iraq», spiega a Vita l?ex capo di Antica Babilonia, «abbiamo subito 51 attacchi. Freedom is not free, dicono gli americani». Un?osservazione cruda davanti alla quale Longo non si perde d?animo: «Spesso sfruttavamo i nostri raid militari nelle aree più isolate per portare aiuti. Abbiamo distribuito cibo perfino ai beduini. Solo noi soldati possiamo arrivare in certe zone con il sole che picchia a 68 gradi».
Gli ingredienti sembrano esserci tutti. Ma non sono sufficienti a convincere Nino Sergi, presidente di Intersos e personaggio simbolo della cooperazione italiana. Sergi non sembra molto convinto di questa svolta dei ?144 anni?. Subito s?infervora: «Per favore, non ci vendano l?idea di un esercito che si traveste da organizzazione umanitaria. Niente di più lontano dalla realtà. Tanto più che questa confusione mette i nostri operatori alla pari dei bersagli militari. Un?assurdità, di cui le nostre forze armate non sembrano curarsi».
Insomma militari da una parte e umanitari dall?altra, dice Sergi. Ciascuno faccia il proprio mestiere e non invada il campo dell?altro. Ma Danzini gli ribatte affrontando il terreno di una possibile cooperazione: «In Iraq abbiamo collaborato con alcune associazioni. Penso alla Croce Rossa italiana e alla Umanitaria Padana (una onlus targata Lega nord, ndr). A loro abbiamo assicurato la necessaria sicurezza». E gli altri? «Le altre sigle umanitarie non hanno ritenuto di lavorare con noi. Non me ne spiego il motivo. Noi non ci siamo mai imposti, ci siamo sempre proposti». Contrattacca Sergi: «Non si può collaborare con chi è schierato e non è neutrale». Si difende serafico Dalzini: «Ma noi siamo neutrali, perché totalmente rispettosi della piena sovranità del governo iracheno». «Mi sembra una neutralità tirata per i capelli», chiude Sergi. «Vogliamo dirla tutta? In Iraq l?umanitario dell?esercito è usato dai servizi segreti come pedina di scambio per ottenere informazioni. Altro che cooperazione».

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