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Salute mentale

Quelle lettere mai spedite, che oggi ricevono una risposta

Gli archivi degli ex ospedali psichiatrici contengono molte missive scritte dagli internati, mai arrivate ai loro destinatari. Col progetto "Corrispondenze immaginarie", realizzato nel 2022 a Volterra e quest'anno a Trieste e Gorizia, vengono trascritte e inviate ai partecipanti da tutta Italia, che si impegnano a rispondere

di Veronica Rossi

Delle buste di lettera, in dettaglio

«Caro …, il breve colloquio avuto con lei nei giorni scorsi ha frugato nella mia mente del buono. Ho riacquistato fiducia in me e, anche se mia moglie e mia mamma non mi vogliono, esprimo un desiderio che spero di esaudire senza compromessi di genere. Ho la pensione di invalidità al lavoro della S. Gobain e se lavoro, come lei mi ha detto, al centro come cameriere, finché è in vita la mia mamma posso vivere qui e farmi un nuovo avvenire dato che problemi finanziari non ne ho da vivere qui e farmi un nuovo avvenire e se poi crede lei, Sign. Dottore, di risposarmi perché una donna nella casa è tutto!!!!!».

Questo è l’inizio di una lettera scritta molti anni fa da un internato del manicomio di Volterra. All’epoca non è stata mai spedita: le missive redatte dai pazienti, infatti, solitamente venivano censurate e archiviate come documenti clinici, senza mai raggiungere i destinatari. A restituire a a questi testi il loro scopo originario – fatto di relazione e reciprocità – il progetto d’arte pubblica partecipata “Corrispondenze immaginarie” dell’artista Mariangela Capossela, a cura di Giulia Crisci e Francesca Comisso. Dopo l’esperienza del 2022 a Volterra, l’iniziativa è approdata quest’anno a Trieste e Gorizia, con le lettere degli internati negli ospedali psichiatrici delle due città, in un’edizione realizzata realizzato da Teatro degli Sterpi APS, in collaborazione con Hangar Teatri, Accademia della Follia, la cooperativa sociale La Collina e con il patrocinio del Comune di Gorizia in collaborazione con l’Area dipartimentale Salute Mentale dell’Azienda sanitaria giuliano isontina – Asugi.

Tre pagine di lettera

«Due anni fa mi hanno chiamata da Volterra, che era stata nominata Prima città Toscana della cultura», ricorda Capossela, «e il direttore artistico mi ha chiesto di pensare a un progetto attorno alla memoria dell’ex ospedale psichiatrico. Io ho deciso di lavorare a partire dalle lettere che avevo avuto modo di leggere, andando a fare un sopralluogo. Mi interessava rimettere in circolazione la memoria e creare qualcosa di vivo e vitale ancora oggi, non fare una semplice ricerca di storia della psichiatria. Il manicomio di Volterra, come molti altri, oggi è lasciato in rovina, mentre in alcuni luoghi – penso per esempio a Gorizia, a Trieste o a Reggio Emilia – dell’ex ospedale psichiatrico è stato fatto un utilizzo molto attivo. Volevo, quindi, in opposizione al posto così spettrale, creare un progetto leggero, instaurando un dialogo con l’oggi, ripercorrendo le tracce delle persone umane che hanno scritto le lettere».

persone sedute a un tavolo, scrivono delle lettere
Uno scrittorio pubblico

L’iniziativa si compone di più fasi partecipate: in primo luogo, dopo un lavoro di ricerca, Capossela coinvolge scuole e cittadini nell’organizzazione di “scrittoi pubblici”, dove le lettere rinvenute sono trascritte a mano, numerate e contrassegnate col timbro ideato dall’artista. A Trieste e Gorizia, per esempio, partecipano alcuni istituti superiori, i cui studenti hanno iniziato da gennaio un processo di immersione che durerà fino a giugno nei manicomi delle due città, luoghi in cui si respira tutt’oggi la grande storia della rivoluzione psichiatrica. Allo stesso tempo, viene diramata una call in tutta Italia – lanciata, per quest’anno, l’11 marzo, in occasione dell’anniversario della nascita di Franco Basaglia –, per raccogliere le adesioni di coloro che desiderano ricevere una missiva e restituire le proprie risposte. «L’atto di trascrivere i pensieri di un’altra persona crea un inevitabile processo di identificazione», afferma Capossela. «Allo stesso modo, rispondere a una lettera che non era stata destinata a se stessi produce uno spostamento delle traiettorie personali, una sorta di decentramento prodotto dal flusso di un pensiero emozionale, capace di tessere oggi un nuovo discorso di cura e sulla cura mentale».

Mariangela Capossela accanto a una cassetta della posta
Mariangela Capossela

Le lettere e le risposte, raccolte e riunite, diventeranno il cuore pulsante di una mostra, in programma per il 2025; a Volterra, la restituzione è stata fatta a domicilio: il pubblico poteva andare a leggere le lettere nelle case messe a disposizione dagli abitanti di Calitri, in provincia di Avellino, nel contesto della manifestazione Sponzfest 2023. «Le risposte sono altrettanto toccanti delle missive dei pazienti» dice l’artista, «nella loro varietà, perché esprimono ognuna la personalità di chi scrive. Alcuni rispondono a nome del destinatario che non ha mai ricevuto la lettera, altri a nome proprio, nel presente, con toni diversi e quindi possono diventare un racconto di come le cose sono cambiate nel tempo. Nella maggior parte dei casi, comunque, sono testi che portano messaggi di conforto e cercano, ciascuna a modo suo, di costituire un gesto di cura».

Le immagini nell’articolo sono fornite dall’ufficio stampa del progetto


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