Social worker
Quelli che scelgono il lavoro sociale
I mestieri non sono tutti uguali. Sul numero di VITA magazine di maggio, abbiamo coinvolto in una tavola rotonda venti tra educatori, fisioterapisti, infermieri, psicologi dai trent’anni in giù. Li abbiamo messi di fronte a un elenco di “nonostante” da considerare quando ci si indirizza verso un lavoro di cura: scarsa retribuzione, turni notturni e festivi, prossimità con le fragilità, rischio burnout. Hanno risposto con pillole di bellezza, iniezioni di significato e di fiducia

I mestieri sono tutti uguali? Non proprio. Provate a chiedere una definizione di lavoro sociale a chi di anziani, disabilità, bambini, povertà o dispersione scolastica si occupa ogni giorno. VITA lo ha fatto sull’ultimo numero del magazine in una tavola rotonda con focus dai trent’anni in giù. Il risultato è “Quelli che scelgono il lavoro sociale”, uno spazio di pensiero libero con venti tra educatori, fisioterapisti, infermieri, psicologi (e molte altre professionalità). Appartengono alle reti del comitato editoriale e si sono presi il tempo di riflettere su una scelta professionale che oggi vive un grande paradosso: le criticità e la fatica aumentano, ma la motivazione cresce.
Declinazioni di senso e di servizio
Ci sono un sacco di “nonostante” da prendere in considerazione nell’affacciarsi oggi a un lavoro di cura: la scarsa retribuzione, i turni estenuanti, la prossimità con le persone e le loro fragilità, il rischio burn out. Eppure c’è chi, oltre quelle quattro sillabe, sceglie il sociale. Ce lo hanno raccontato Adriana Bufi, Alessio Labardi, Andrea Biscola, Antonio Lenti, Chiara Pedrazzi, Claudio Catalano, Eleonora Bene, Martina Panzironi, Francesco Spizzirri, Giada Violanda, Gianluca Patelli, Alessia Maria Sansica, Ilaria Botta, Livia Novelletto, Marika Lamberti, Nicola Vellano e Nicole Personeni. Sono tutti social worker: le loro voci e i mondi in cui spendono il proprio impegno sono il cuore del secondo capitolo della nostra inchiesta sul lavoro. Li ringraziamo per la generosità con cui si sono raccontati: hanno acceso un dibattito franco tra coinvolgimento e autentica passione.
Con loro abbiamo parlato della scarsa incidenza dei giovani nel mercato del lavoro italiano (un dato che è figlio dei numeri all’anagrafe), di quanto l’innovazione sociale risieda proprio nell’interscambio generazionale e di come poter cambiare una narrazione rispetto a professioni in cui il turnover (soprattuto tra gli under35) è molto elevato. Ne è uscito un quadro a tonalità di colore variabili, declinazioni di senso e di servizio. In un’epoca in cui il lavoro è agile, nomade, verticale o a intermittenza, c’è chi toglie aggettivi e cerca “il” lavoro, perché, come ci ha detto un animatore socioeducativo piemontese, «non potrei farne un altro».
La bellezza nonostante
Infine, siamo andati a cercare la poesia. A partire dal romanzo omonimo di Fabio Geda, scrittore che per anni, nel ruolo di educatore, si è occupato di disagio giovanile, ogni partecipante ha portato la sua “bellezza nonostante”. Per Mariadele Tavola, educatrice in un centro antiviolenza di Milano, «è una donna che esce dal nostro incontro con un sorriso, dicendo semplicemente “grazie, era tanto che non ridevo”».
Questa è soltanto una delle pillole di bellezza contenute nel numero di VITA magazine dedicato al lavoro: se sei abbonato, puoi leggerle tutte qui. Se vuoi abbonarti, puoi farlo a questo link.

Alcuni dei social worker che hanno preso parte alla tavola rotonda saranno presenti all’incontro di presentazione del magazine giovedì 29 maggio da e con Stazione Radio in via Tofane 45 a Milano. L’appuntamento si apre alle 19 con un torneo di cruciverba a tema lavoro, seguono interventi di giornalisti, esperti e giovani lavoratori per riflettere insieme su cosa sia il lavoro oggi. Tra gli ospiti, Lidia Baratta, Simone Cerlini, Silvia Zanella, Mara Ghidorzi, Enrico Verga, Salgar e molti altri.
In apertura, i volti dei partecipanti alla tavola rotonda
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