Non profit

Questa guerra non lasciabin pace nessuno

Congo Intervista a Colette Braeckman, la maggiore esperta su quest'area

di Redazione

Il generale che ha scatenato la rivolta contro il governo di Kagame è un criminale. Ma dietro la sua azione c’è l’interesse e la paura del Rwanda. C’è il fallimento della missione Onu. C’è l’ambiguità di mezz’Europa C entinaia di morti. 250mila sfollati sballottati tra il fuoco delle armi e la fame. Gli scontri che oppongono nel Nord Kivu i ribelli del generale Laurent Nkunda e l’esercito congolese non si fermano. Anzi. Tra esazioni, omicidi e stupri, le popolazioni civili sono nuovamente in preda ai riti più macabri della solita guerra che devasta la provincia orientale della Repubblica democratica del Congo. Una terra maledetta dai tesori naturali che custodisce e per questo continuamente soggetta ai mille appetiti dei Paesi confinanti, tra cui il Rwanda. Di fronte ai rischi di una regionalizzazione del conflitto (l’Angola è pronta ad aiutare il presidente congolese Joseph Kabila), la comunità internazionale cerca di scongiurare l’ennesimo fallimento militare della Monuc, la missione Onu in Congo. Intanto nel Nord Kivu si continua a morire. Perché? Lo abbiamo chiesto a Colette Braeckman, giornalista e inviata speciale del quotidiano belga Le Soir . Del Congo e dell’Africa dei Grandi Laghi, Braeckman sa ormai tutto. Ogni suo post (http://blogs.lesoir.be/colette-braeckman/) è passato al vaglio dalle principali diplomazie occidentali coinvolte nel conflitto (Belgio, Francia, Regno Unito e Stati Uniti), dall’Onu, dai movimenti ribelli e dai centri di potere dell’Africa centrale (Kigali, Kinshasa, Luanda, Kampala solo per citare i più importanti). In questa intervista, Colette Braeckman spiega motivi e interessi che si nascondono dietro la tragedia congolese.
Vita: Nonostante l’annuncio di un cessate il fuoco unilaterale, il generale Nkunda continua a fare il bello e il cattivo tempo nel Nord Kivu. Perché?
Colette Braeckman: Come qualsiasi altro gruppo ribelle armato, il generale Nkunda sfrutta una situazione a lui favorevole sul piano politico-militare per rafforzare i suoi poteri nel momento di negoziare con il governo congolese.
Vita: Peccato però che Kinshasa non voglia scendere a patti con lui?
Braeckman: La comunità internazionale sta esercitando una forte pressione per spingere i protagonisti a negoziare. Sullo sfondo c’è un problema giuridico: quello congolese è un governo democraticamente eletto, mentre Nkunda è un ribelle. Se Kinshasa non vuole scendere a patti è perché ritiene Nkunda un criminale. E criminale il leader del Cndp lo è. Dal 1996 in poi, ha partecipato a tutta a una serie di attacchi in cui sono stati perpetrati crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Il suo posto è quindi alla Corte penale internazionale (Cpi). Purtroppo, la situazione è molto complessa. Intanto, è necessario ricordare che un accordo di pace esiste già. È stato firmato dallo stesso Nkunda e avvalorato dalla Comunità internazionale nel gennaio 2008 a Goma. In quell’occasione, il generale aveva accettato un patto di non aggressione armata e la possibilità di reintegrare l’esercito congolese in cambio della promessa da parte di Kinshasa e della comunità internazionale di disarmare i ribelli hutu delle Forze democratiche di liberazione del Rwanda (Fdlr) per porre fine alle minacce che pesavano sulla comunità tutsi del Congo. Ora, le Fdlr non sono mai state disarmate. E oggi Nkunda giustifica le sue azioni con la necessità di difendere la minoranza tutsi.
Vita: Se è per questo, avrebbe pure dichiarato di voler conquistare Kinshasa per liberare il popolo congolese?
Braeckman: Per farlo avrebbe bisogno di un sostegno popolare che non ha. Dalla classe politica alla popolazione, passando per le milizie ancora attive, tutti i congolesi sono contro di lui. Anche tra i tutsi c’è chi ha capito che la sua azione non fa altro che compromettere la loro presenza in Congo. Del resto molti hanno intuito che dietro la sua presunta volontà di salvare la sua comunità c’è l’obiettivo di conquistare un pezzo di territorio economicamente allettante e gestirlo con il sostegno di attori esterni come il Rwanda. Purtroppo le sue vittorie militari rischiano di provocare una balcanizzazione del Congo.
Vita: E infatti molti occhi sono puntati sul Rwanda. Perché il regime rwandese continua a destabilizzare la regione?
Braeckman: In un’intervista che Kagame ha rilasciato nell’agosto scorso al quotidiano Le Soir , il presidente del Rwanda ha espresso la sua delusione nei confronti del governo congolese e della Missione Onu in Congo, incapaci, secondo lui, di disarmare gli estremisti hutu che minacciano la sicurezza del suo Paese. A questa minaccia se ne sovrappone un’altra evocata dal commissario agli Affari umanitari dell’Unione Europea, Louis Michel, secondo il quale è necessario garantire la sicurezza economica del Rwanda.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.