Famiglia
Queste maternità non sono più un tabù
Faustina Lalatta, genetista alla Mangiagalli di Milano / Vede 150 aspiranti mamme ogni anno
di Redazione
Ogni anno lei vede 150 donne che vogliono diventare mamma. Tante, perché Faustina Lalatta non è una ginecologa, ma una genetista. Lavora alla Mangiagalli di Milano e le donne che si rivolgono a lei in genere lo fanno perché hanno la possibilità di trasmettere al figlio una anomalia genetica. Poche, perché in questo campo siamo solo agli inizi: un po? perché fino a quindici anni fa alcune di queste malattie neanche consentivano di arrivare all?età adulta, un po? perché «la maternità per queste persone è vista ancora come un tabù».
Vita: Quando queste donne arrivano alla maternità e con quali motivazioni?
Faustina Lalatta: Le dividerei in due gruppi. Da una parte le donne affette da una malattia cronica, soprattutto la talassemia e la fibrosi cistica. Oggi queste donne hanno una qualità di vita buona, è naturale che cerchino di raggiungere le tappe di tutti: la scuola, il lavoro, la coppia, la maternità. Anche perché il rischio di trasmissibilità della malattia è basso. Il problema è innanzitutto la ?mia? salute e la paura di lasciare un figlio orfano. In tutte vedo il desiderio di dimostrare di essere donne: la maternità è la cartina tornasole dell?essere normale. Queste donne sono state curate fin da bambine e sentono il peso dell’etichetta di ?malate?: pensare a una gravidanza è il passaporto che ti fa uscire dallo stato di malato e ti fa diventare donna. Una paziente riassume il suo percorso così: «Sono cresciuta con gente che mi ripeteva continuamente non puoi fare questo, non puoi fare quest?altro. Finalmente questo figlio me lo sono fatto».
Vita: Qual è il secondo gruppo?
Lalatta: Le donne che non hanno problemi di salute, ma di disabilità fisica. Qui i meccanismi sono diversi. La gravidanza nella mia condizione posso affrontarla? Ho un rischio di trasmissibilità? Sul ?posso? oggi siamo ottimisti, mentre non si può far nulla sul lato della trasmissione genetica. L?elemento comune è che se io sto pensando di procreare è perché sono dentro a una coppia, quindi sono stata desiderabile per qualcuno, a prescindere dal mio aspetto fisico. Da qui in poi i percorsi si differenziano: c?è chi considera accettabile un bambino uguale a sé, perché sta bene con se stessa, e all?opposto ci sono donne che considerano il mettere al mondo un bambino uguale a sé come l?egoismo estremo. È chiaro che per decidere se fare o no un figlio simile a sé, una donna deve prima aver deciso se la sua vita è dignitosa o no, se è positiva o no. Una cosa però vorrei sottolineare: il lavoro va fatto prima, e dentro una équipe multidisciplinare. Guai se una arriva a ragionare sulla questione quando è già in gravidanza?
Vita: Come sono le dinamiche di coppia?
Lalatta: Spesso queste donne fanno fatica a vedere il bambino come ?della coppia?: lo vedono come un prolungamento di sé. Noi lavoriamo per riequilibrare i ruoli. Il partner d?altronde tende a vivere in maniera passiva la cosa, oppure all?opposto rifiuta che il bambino possa avere la stessa malattia della sua compagna: «Il figlio è mio e mio figlio deve essere sano». Vuol dire che non ha accettato nemmeno lei.
Vita: Non c?è la paura che un giorno i figli gli rinfacceranno di averli condannati a una malattia?
Lalatta: Su questo non mi permetto di dire niente. Credo ci manchi l?esperienza: sappiamo da generazioni che se nasce un bambino disabile, quando il figlio cresce tu gli spieghi che non lo sapevi? Qui lo sappiamo. E lo abbiamo voluto. Questi genitori dovranno essere doppiamente forti: non è detto che l?amore sia sufficiente. Anche un figlio normale quando è adolescente ti rinfaccia di averlo messo al mondo, tu gli rispondi che pensavi fosse un dono, ma non sempre funziona. Credo che questa sia la domanda cruciale, e che è importante lavorarci fin dall?inizio, fin da quando si pensa una gravidanza.
Come informarsi
Valeria Alpi, Mamme. Nessun aggettivo dopo il punto, in HP, dicembre 2005
Enrica Nardi, Essere madre disabile: paure, difficoltà, soluzioni, in HP, gennaio 2005
Delphine Siegrist, Osez être mère, AP-HP
Ecco alcune realtà che in Italia e in Europa supportano la scelta di genitorialità di persone disabili: documenti, studi, esperienze, consigli
www.dppi.org.uk
www.disabledparentsnetwork.org.uk
www.rifh.org
www.acmt-rete.it/p_ita/Genetica%20Medica.html
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