Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Ragazzi e adulti

di Luca Doninelli

Racconto e narrazione stanno tra loro pressappoco come l’età giovanile e quella adulta. C’è modo e modo di passare dall’una all’altra età, così come c’è modo e modo di diventare adulti. Si può diventare adulti indossando semplicemente una corazza cinica, così come si possono scrivere romanzi solo allungando a dismisura e pasticciando con mille artifici denominati “tecnici” una (magari buona, ottima) propensione al racconto. Tra racconto e narrazione – quest’ultima soltanto permette di pensare in termini romanzeschi – c’è di mezzo una parola alla quale ci è difficile, oggi, attribuire un significato: la parola destino. Da un vero romanzo noi pretendiamo che ci illustri uno o più destini, non soltanto delle semplici storie, o avventure. Non solo: pretendiamo che questi destini ci dicano una parola importante, se non definitiva, sul tempo che stiamo attraversando, nel quale oscuramente sentiamo svolgersi il nostro personale destino. Non solo: pretendiamo anche che questi destini coincidano con altrettanti corpi vivi – noi vogliamo vedere vivere quei personaggi, percepire i loro pensieri, le loro pulsioni, le loro perplessità, sentire col corpo i loro corpi, poterli amare, amare il tempo di cui sono fatti, e poter contemplare quel tempo e l’arco che descrive nella vita di un personaggio, sentire la parola definitiva – nella quale possa rilucere per intero quell’arco di vita – e provare infine il brivido di un presentimento: il presentimento che anche per noi esisterà, o forse esiste già, pronunciata da chissà chi, una parola definitiva. Qualcuno, un giorno, a buon diritto, dirà di noi: Tizio è questa cosa. Se ciascuno di noi, specialmente quando il numero degli anni comincia a crescere, non percepisce, con un misto di passione, di paura e di audacia, lo svolgersi del proprio destino – talvolta realizzato, talvolta solo accettato, mai rifiutato (il rifiuto non ha racconto, non ha narrazione, e guai a dire che Bartleby o i Sei Personaggi sono esempi di rifiuto) – è segno che la soglia della giovinezza, quale che sia il numero dei nostri anni, non è stata oltrepassata.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA