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Ripicche al supermarket

Intervista al ministro Paolo De Castro: fondamentale una rete di grande distribuzione italiana. Il successo dei nostri prodotti ha bisogno anche di una rete commerciale che li sappia difendere

di Francesco Maggio

Un gran polverone, quello delle inserzioni pubblicitarie di Esselunga per dire no a una possibile vendita alle Coop, di cui non si avvertiva affatto il bisogno perché la questione centrale è un?altra: la competitività del sistema Paese che passa, oggi più che mai, anche per il settore della grande distribuzione. Paolo De Castro, ministro per le Politiche agricole e forestali non lo dice espressamente, né ha alcuna intenzione di commentare la diatriba che l?ha visto contrapposto in questi giorni al patron del gruppo di Limito di Pioltello, Bernardo Caprotti. Vita: Allora ministro, è davvero così importante che Esselunga rimanga italiana? De Castro: Si, perché oggi, con la globalizzazione dei mercati, con una sempre maggiore apertura delle frontiere europee all?ingresso di prodotti provenienti da tutto il mondo, lo strumento attraverso cui si compete sui mercati internazionali non è solo legato alla qualità e ?tipicità? dei nostri prodotti pur, evidentemente, condizione indispensabile. Altrettanto necessario è disporre di una certa capacità organizzativa e commerciale per veicolarli. Quando vediamo i cugini francesi che riescono molto meglio di noi ad essere presenti sui mercati internazionali e andiamo a fare un?analisi di dove vanno i prodotti agroalimentari francesi e ci accorgiamo che in in mercati come la Cina e l?India, prima ancora che i prodotti francesi arriva il gruppo Carrefour, il più importante gruppo distributivo francese con oltre 80 miliardi di fatturato, metà del quale ottenuto fuori dalla Francia. Questo ci fa capire come sia strategica la grande distribuzione: è una sorta di straordinaria portaerei grazie alla quale i nostri prodotti raggiungono i mercati. Vita: E in Italia? De Castro: Noi abbiamo gruppi distributivi importanti come la Coop che sono una grande ricchezza per il Paese ma che per ragioni insite alla loro stessa natura cooperativa non hanno interesse a crescere sui mercati internazionali al pari di gruppi privati come Auchan, Carrefour, Tesco, Mark & Spencer. Ciò costituisce una difficoltà in più per le nostre imprese. Di fronte, quindi, alla ventilata ipotesi che il gruppo Esselunga potesse andare a finire in mani straniere, visto che ormai in Italia il 50% della grande distribuzione è commercializzata da strutture a capitale non italiano, ci è sembrato opportuno lanciare questo grido d?allarme. Ovviamente è un dato di fatto l?assoluta autonomia decisionale di Esselunga. Ma almeno porre il tema, questo sì che ci è parso doveroso. Vita: L?italianità dovrebbe essere una priorità per gli stessi imprenditori? De Castro: Questo può essere un auspicio e un augurio ma certamente non un giudizio sul passato, perché tutti i nostri imprenditori che erano proprietari di marchi distributivi, dalla Rinascente alla Standa, si sono rivelati molto più interessati a incassare piuttosto che all?italianità. Questa è l?ultima occasione utile perché se vendiamo Esselunga poi non ci sarà nessun altro perché Esselunga ha tutte le caratteristiche per poter creare attorno ad essa un polo di aggregazione capace di competere sui mercati internazionali. Vita: Quali vantaggi ne verrebbero? De Castro: L?interesse della grande distribuzione è che i prodotti rimangano il meno possibile sugli scaffali. A volte la ?crudezza? di questo approccio può creare anche grandi difficoltà per le imprese. Ecco perché l?italianità è importante. Ciò spiega anche perché la componente di prodotto italiano è molto più forte nella grande distribuzione italiana, e non perché la grande distribuzione straniera arriva e vuole vendere i suoi prodotti. Loro vendono ciò che il consumatore in quel punto vendita desidera, e vogliono farlo secondo i propri schemi. Vita: Ritiene le Coop più ?vocate? ad intercettare la domanda ?etica? del consumatore? De Castro: Questo lo dicono i numeri prima ancora che un ministro di cui è nota la sensibilità verso il mondo cooperativo. Le principali aziende italiane che hanno avuto la certificazione etica, che hanno manifestato attenzione per campagne di solidarietà sono state le grandi cooperative.


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