In molte regioni del subcontinente sahariano le case trogloditiche sono esempi perfetti di quello che, per millenni, gli umani che si trovano in condizioni limite hanno ideato e fatto per sopravvivere. A Matmata (in Tunisia) come a Gharyan (in Libia), in Marocco come in Egitto, prima di tutto ci si nasconde sotto terra, dove non arrivano gli effetti torridi del ghibli e si rimane al fresco. Le case sono scavate nella sabbia e proteggono anche dal freddo vento invernale e dalle micidiali escursioni termiche (la temperatura di notte scende spesso sotto lo zero), in tutti i casi senza sfruttare alcuna forma di riscaldamento oltre al calore dei corpi. E delle cucine: le abitazioni di tipo berbero hanno le cucine disposte al piano superiore, collegate attraverso alcuni fori direttamente con l’esterno. In questo modo i vapori caldi escono con facilità (l’aria calda è meno densa e sfugge verso l’esterno) e il piano abitato sottostante resta più fresco, mentre d’inverno basta tappare parzialmente i fori per non disperdere il calore della cottura dei cibi.
Efficienza atavica
Attorno al soggiorno centrale si aprono gli altri ambienti, comprese le camere da letto, ma nessuno ha finestre: la luce penetra solo dai fori del piano delle cucine. Un sistema di specchi opportunamente disposti permette alla luce del sole di illuminare in modo soddisfacente l’interno; lo stesso accade la notte ponendo poche candele in punti strategici e godendo della loro suggestiva luce riflessa. I bagni sono al piano più basso, visto che nelle case di terra non sono consentite tubature (che scioglierebbero la sabbia), e gli scarichi restano sotto la casa, dove – mescolati con la cenere delle palme bruciate, quando c’è bisogno, nei camini o per cucinare – non puzzano e possono essere riutilizzati per fertilizzare l’oasi. Una comunità intera di migliaia di abitanti ha resistito per generazioni al caldo micidiale del deserto libico e alle clamorose escursioni termiche senza elettricità e usando razionalmente le risorse naturali.
Monumenti al paradosso
Pensiamo ora alle nostre case, dove siamo riusciti a mettere in piedi un vero festival dello spreco: almeno dieci spie di stand-by accese perennemente, telefoni portatili continuamente in ricarica e ancora ricariche di lettori di cd, mp3, iPod, di computer portatili, di auricolari blue-tooth, di batterie per tutti gli usi. Un delirio di consumi che avremmo avuto difficoltà anche solo a immaginare neanche vent’anni fa. E questi sono gli aspetti più eclatanti. Quante lampadine a incandescenza abbiamo dentro casa e quante compatte a fluorescenza ? Qual è la potenza del nostro aspirapolvere o quella del phon? Perché dovrei avere bisogno di un telefono che funziona solo se è attaccato alla corrente? A osservarle bene le nostre case di occidentali ricchi sono un monumento al paradosso energetico e non sono neppure tecnologicamente avanzate.
Piccoli accorgimenti
Possiamo però prendere alcuni provvedimenti, nemmeno tanto drastici nell’intento di dimostrare che le abitazioni si possono cambiare a partire da subito. Si possono sostituire le lampadine con quelle compatte a fluorescenza, che hanno durata sei volte maggiore e permettono una notevole riduzione dei consumi; costano un po’ di più, ma la spesa si ammortizza in pochissimo tempo. L’efficienza di queste lampadine è di circa 80 lumen/Watt, mentre quelle a incandescenza arrivano al massimo a 14. Poi si possono collegare tutti gli apparecchi che sono predisposti alla stessa fruizione a un’unica ciabatta con interruttore che si spegne quando si sa di non usarli per almeno un paio d’ore. Per esempio il gruppo televisore – videoregistratore – vhs – lettore dvd – decoder digitale terrestre e satellitare. Oppure il gruppo computer – scanner – stampante – monitor. Si può evitare di ricorrere al rasoio elettrico o al phon, senza perdere poi troppo tempo né rischiare la cervicale, si può ridurre la potenza dell’aspirapolvere e in cortile si può installare una lampada a luce fredda che si ricarica attraverso un micropannello solare e può restare accesa anche tutta la notte. Infine ridiamo indietro il blue-tooth, che tanto l’auricolare a filo basta, ripristiniamo il telefono a filo e ricordiamoci sempre di spegnere la luce.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.