Non profit

Rom, Europa vs Italia

Largo spazio anche al caso Eluana. Parla la suora che l'ha accudita per 14 anni

di Redazione

Sintesi a cura di Franco Bomprezzi

 

E’ strano il modo nel quale oggi i quotidiani italiani affrontano la notizia della risoluzione approvata dal Parlamento europeo a larga maggioranza contraria alla decisione del governo italiano di procedere al rilevamento delle impronte dei rom, bambini compresi. Molto rilievo infatti viene riservato alle reazioni italiane, specialmente governative, meno spazio alla cronaca e alla sostanza del documento votato a Strasburgo.

Europa e rom
Alla risoluzione europea il Corriere della Sera dedica il fondo straordinariamente impaginato su due colonne. Il pezzo è di Massimo Franco: «le accuse di accuse arrivate ieri dal parlamento di strasburgo contro il governo italiano sono un segnale. Dicono che l’idea lanciata dalla lega e fatta propria dal centrodestra offre un pretesto facile agli avversari della maggioranza berlusconiana. L’ue si dimostra inflessibile: forse perché vuole esorcizzare i fantasmi xenofobi che aleggiano in tutto il vecchio continente, o più semplicemente perché teme che la ricetta italiana diventi contagiosa». Venendo ai riflessi interni. Scrive Franco: «Alcune defezioni che ieri si sono registrate nello stesso Ppe suonano come elemento di riflessione per Palazzo Chigi». Ai nomadi sono dedicate anche i servizi a pagina 2 e 3. Significativo il faccia a faccia Penati-Galan. Il presidente provinciale milanese parla di bocciatura scontata da parte dell’Europa, ma osserva anche che «l’identificazione è sacrosanta» e «prendere le impronte digitali ai rom non mi scandalizza quando mancano i documenti, anche se non deve essere una misura che discrimina fra un’etnia e l’altra». Bocciatura senza appello invece da parte del governatore veneto, che dopo la caramella :«apprezzo il ministro per la volontà di eliminare dalle nostre strade un orrore come lo sfruttamento dei minori, stranieri e italiani», sentenzia: «sulle impronte digitali in governo sbaglia e sarebbe saggio tornare indietro. Le impronte non servono a nulla avremmo bisogno di ben altro: un codice che funziona, più poliziotti e una magistratura più rapida».

“Rom, l’Europa boccia l’Italia” è il titolo di Repubblica. Dalla prima e poi a pagina 3, Andrea Bonanni si occupa del retroscena: «È difficile trovare nella memoria d’Europa una condanna altrettanto dure dell’operato di uno stato membro accusato di violare i diritti fondamentali… Precedenti censure, come per esempio quella contro l’omofobia in Polonia… Riguardavano dichiarazioni di esponenti governativi, non i loro atti legislativi». Viceversa la condanna di ieri è nettissima: si tratta di «un atto di discriminazione fondato sulla razza e l’origine etnica vietato dall’articolo 14 della Convenzione europei dei diritti dell’Uomo». I partiti che hanno votato la risoluzione sono liberali, socialisti, verdi, estrema sinistra (336). Ppe ed estrema destra hanno votato contro (220), ma il Ppe si è spaccato: 20 europopolari hanno votato a favore, una settantina si è astenuta. Bonanni sottolinea che in realtà non è una cosa inaspettata. è da maggio che a Strasburgo si discute dapprima informalmente su questa iniziativa italiana: a preoccupare l’Europa è stata la «base giuridica utilizzata dal governo italiano per intervenire nei campi nomadi. … Il governo Berlusconi ha infatti invocato, per la durata di un anno, lo stato di emergenza previsto dalla legislazione sulla protezione civile in caso di calamità naturali o di catastrofi». Con una lettera del 9 luglio la Commissione aveva chiesto chiarimenti, evidentemente non li ha avuti se Barrot, Ppe, ha dichiarato ieri: «la Commissione intende che la questione venga trattata con trasparenza e nel pieno rispetto dei diritti individuali. Abbiamo detto al governo italiano che occorre trovare una soluzione efficace: i rom devono essere aiutati  e non stigmatizzati».

Il Giornale a pag. 10 titola “Impronte ai nomadi l’Ue censura l’Italia. Maroni : vado avanti”. In un box  la sintesi dello scontro: Ue: «Si esortano le autorità italiane ad astenersi dal procedere alla raccolta delle impronte digitali dei rom»  e dall’altra il ministro Maroni che dice: «Siamo indignati per la risoluzione votata dal Parlamento europeo». Il Giornale nella pagina riporta un pezzo siglato Amc che dipinge i retroscena della votazione. A cominciare dal fatto che il commissario della giustizia Barrot voleva rinviare il voto, il socialista tedesco Schulz ha approfittato della sponda del Pd con cui è riuscito ad accelerare i tempi. La risoluzione è definita “un’inappellabile giudizio di un sinedrio tra cui hanno fatto capolino parecchi Giuda, ben consci  che il documento di condanna  era zeppo di falsità ed esagerazioni”. Si parla anche di “ netto sapore di anti –italianità” e che “ si è voluta una condanna”. In taglio basso un pezzo titola “Ma ogni anno nelle nostre città  spariscono quasi mille bambini” che riporta i dati di un rapporto della polizia di Stato e  del comitato Troviamo i bambini:  dallo scorso luglio 890 scomparsi, 672 sono stranieri.

Avvenire mette prima i commenti del governo e poi la notizia di Strasburgo. Tutti i ministri confermano che si tratta di censimento e non schedatura, secondo Maroni e Frattini c’è del pregiudizio dietro al voto. E si punta l’attenzione sull’uso della parola “rom”, mentre i documenti ufficiali parlano di “campi nomadi”. Attacchi da tutta la maggioranza.
Articolo generale sulla decisione di Strasburgo sul rischio discriminazione, poi i commenti del volontariato. Tutti soddisfatti dall’Opera nomadi al Coordinamento delle comunità d’Accoglienza, all’Unicef (manca la Caritas). Accanto la notizia di uno sgombero di un campo nomadi abusivo a Roma, alcuni arresti per vari motivi e la mobilitazione dei servizi sociali per la presenza di minori.

Il Sole 24 Ore propone un pezzo di spalla a pag. 15 in cui si dà conto soprattutto della reazione indignata dei ministri Maroni, Ronchi e Frattini. In particolare Maroni cita l’Unicef che starebbe dalla sua parte – leggera strumentalizzazione, però l’Unicef che dice veramente? -. Il Sole fa capire però che la partita non è chiusa perché il commissario alla Giustizia Ue Barrott ha esaminato la relazione prodotta dall’Italia con alcune precisazioni e chiarificazione, e ha annunciato che sono in corso ulteriori accertamenti (come è noto quella che si deve pronunciare veramente è la Commissione, non il Parlamento).

La stampa apre con il voto alla Camera sul lodo Alfano, notizia a cui da molto rilievo. La notizia del voto a Strasburgo contro la schedatura etnica dei Rom passa in secondo piano, gli si dedica solo un titolo lateral mente “Rom, altolà dell’Europa al Viminale”. Sul voto all’Europarlamento servizio a pag 5.Titolo: “Rom, Italia bocciata dall’Europa” Non potete prendere e utilizzare le impronte digitali. La replica di Maroni: sono indignato. Ecco il punto chiave della risoluzione votata ieri: adesso il governo italiano ci pensi bene, in attesa della valutazione della Commissione Ue, “si astenga dal raccogliere le impronte digitali dei rom, inclusi i minori, e dall’utilizzare quelle raccolte”.
Su Italia Oggi solo un breve pezzo a p.35 che spiega la Risoluzione, della quale la giornalista dice che “in realtà non incide giuridicamente ma ha solo un valore politico, seppur forte”.

Infine il manifesto: “FORZA EUROPA”, con questo titolo dedica la prima pagina
alla risoluzione di Strasburgo che condanna l’Italia per la decisione di prendere le impronte ai Rom.
All’interno doppia pagina occupata nel mezzo da una gigantesca impronta digitale. Oltre al resoconto dell’inviato a Bruxelles, c’è l’intervista a una giurista, Virginie Guiraudon, che ripercorre tutte le norme comunitarie che hanno supportato la decisione del parlamento europeo, dal trattato di Amsterdam che all’articolo 13 impone agli stati membri di lottare contro le discriminazioni etniche, alla direttiva “etnicità” del 2000 sottoscritta dall’allora governo
Berlusconi in cui gli stati si impegnano a contrastare la “discriminazione strutturale” di cui sono vittime i rom.

 

Eluana

Ma sui giornali di oggi ha ancora molta evidenza la vicenda di Eluana Englaro. Vi segnaliamo: Avvenire, con la prima pagina dedicata a Eluana, con intervista alle suore che la accudiscono da 14 anni che dicono di capirla anche se non parla e che non sospenderanno l’alimentazione: «il padre la lasci a noi se la considera morta». Parla il primario di anestesia dell’ospedale di Lecco (non la clinica dove sta) che dice di non essere d’accordo con la scelta del padre e di non voler aiutarlo a staccare la spina.
Intervista a Carlo Casini del Movimento per la vita: «è eutanasia, siamo pronti ad intervenire come politici»;

il Sole 24 Ore, con un pezzo che dà conto dello stato dell’arte legislativo sul testamento biologico. Probabilmente non paserà una norma che lo introduca, perché il governo è contrario. E inoltre nel paese ci sono diversi fronti spaccati, di cui si fa l’elenco: contro le disposizioni volontarie sul “fine vita” Pdl e Udc, a favore Pd; contro la Chiesa cattolica, a favore valdesi e protestanti; contro l’Ordine dei medici di Milano, a favore il tribunale del malato ecc. ecc. Di spalla, come funziona in Europa: i paesi più oltranzisti sono Olanda e Belgio, dove è legale il suicidio assistito e nelle farmacie è disponibile un kit per farla finita a casa propria.

Repubblica torna a parlarne con un pezzo in cui spiega che la Procura ha 60 giorni per impugnare la sentenza e per dare voce alle suore, che non hanno «in tutto questo tempo mai prestato alcuna medica particolare», suor Albina: «vorremmo dire al signor Englaro che, se davvero la considera morta, di lasciarcela. Eluana è parte anche della nostra famiglia»). Accanto dossier sulle leggi che mancano: “Nutrizione, fiduciari e palliativi la lunga lite sul testamento biologico”: anche su questo tema siamo ultimi in Europa. Il pezzo, breve, spiega i punti critici evocati nel titolo. Accanto intervista a Elisabetta Giromella, 56 anni affetta da distrofia: “Io, malata come Welby deciderò sulla mia vita”: malata da quando aveva 12 anni, impegnata nella associazione Coscioni, a favore del testamento biologico: «ognuno è libero di fare quello che vuole: soffrire, farsi curare o no, lasciare un testamento o evitare. Il punto è tutto lì: la libertà sulla propria vita che è un diritto personale, non cedibile»

Altre notizie

E inoltre sui quotidiani di oggi la sentenza della Cassazione che non punisce l’uso ingente di marijuana se si è seguaci della religione rastafariana.
Segnaliamo Italia Oggi:  il tema è trattato a p. 34 con un pezzone: “In carcere per fumo.
Rasta esclusi” è il titolo. Si parla della sentenza e soprattutto la si accosta a a un’altra di metro opposto “per uno strano scherzo del destino, nello stesso giorno la Cassazione ha depositato due sentenze con posizioni diverse: con la prima si è applicata la legge nel senso più restrittivo su chi coltiva la cannabis, dando quattro mesi con la condizionale a un uomo che ha coltivato in giardino sette piantine; con la seconda, a gran sorpresa, si è annullata con rinvio la condanna a un anno e 4 mesi di un
44enne adepto alla religione rastafariana, condannato perchè sorpreso con quasi un etto di erba in macchina. Insomma, due pesi e due misure”.

E ancora, Repubblica: “Rasta & spinelli”, A pagina 19, “Cassazione, sentenza shock «La marijuana aiuta a pregare i rasta possono tenerla»”. Riporta passi della sentenza (che di fatto riconosce la forza della motivazione spirituale, al di là della religione specifica) e alcuni commenti. Gasparri: «davvero a nessuno è venuto in mente che in Italia quella dei rasta è più una tendenza di moda che non una fede religiosa?». Volonté: «gli spacciatori useranno i rasta per i loro sporchi giri». Di spalla, intervista a Olver Skardy dei Pitura Freska: «i giudici sembrano un po’ più istruiti dei politici e cercano di mettere riparo a delle storture. In questo momento nel nostro paese un consumatore di droga rischia anni di galera, chi ruba rischia di meno, nel giro di 15 o 20 giorni sei fuori… Dovremmo adeguarci alle leggi che consentono un massimo di detenzione di mezzo etto di fumo al mese», ovvero 3 grammi e mezzo al giorno, per uso personale.

Chiudiamo con una “breve”, su Repubblica, agghiacciante: a Mantova un indiano di 44 anni, clandestino, è morto di fatica mentre lavorava nei campi. L’imprenditore agricolo è stato denunciato per omicidio colposo e multato per 90mila euro per utilizzo di manodopera irregolare. Cioè l’omicidio è solo “colposo”, la multa salata perché l’uomo era irregolare…

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.