Famiglia

Rom, le favelas di casa nostra

In Italia sono oltre 150mila; ci sono associazioni e volontari che lavorano per un’integrazione. A loro la parola

di Redazione

Zingari, sì grazie. Malgrado la popolarità del popolo delle ruote abbia toccato il fondo in queste ultime settimane, in Italia uno sparuto ventaglio di associazioni continua a coltivare il terreno dell?integrazione possibile. A livello nazionale i loro nomi si contano sulle dita di una mano: Caritas, Opera nomadi e Aizo (Associazione italiana zingari oggi), a cui si aggiunge l?associazione rom Them Romano di Santino Spinelli. Sigle che hanno a che fare con un compito davvero impopolare. Oggi più che mai.

Peggio degli albanesi…
Secondo un sondaggio effettuato dall?Ispo, la società d?informazione della Commissione europea, solo l?11,6% degli italiani giudica gli zingari simpatici (nella stessa classifica, gli albanesi, penultimi in graduatoria, sono al 23,1%).

Taccheggio, furti in casa, atti vandalici, traffico d?armi, sfruttamento dei minori e ancora, acquisto di mogli, accattonaggio, lavoro minorile, sporcizia. Dopo i recenti episodi di cronaca nera i capi d?imputazione a carico dei rom si sono moltiplicati. L?episodio più grave rimane certamente lo stupro della studentessa avvenuto a Milano nella notte fra il 17 e il 18 giugno, che ha generato una vera e propria caccia all?uomo da parte delle forze dell?ordine, sfociata nell?abbattimento della baraccopoli di via Capo Rizzuto prima e nello sgombero del campo di via San Dionigi poi. Sempre nel mese di giugno a Roma tre bambini rom di 8 e 9 anni del campo Casilino 900 hanno aggredito un sedicenne spruzzandogli addosso dell?acido. Intanto a Verona continuano a spron battuto le indagini su alcuni insediamenti in cui sarebbero stati individuati casi di pedofilia.

Inutile nasconderlo: gli zingari ormai costituiscono un allarme sociale di cui però le amministrazioni pubbliche avrebbero volentieri fatto a mane, come dimostra il palleggio di responsabilità fra Comune e Provincia di Milano dopo lo sgombero di via Capo Rizzuto. La politica delle spalle girate non può che condurre su un binario morto. «A dirlo non siamo noi, sono i numeri», interviene Maurizio Pagani, vicepresidente dell?Opera nomadi di Milano.

Vediamole allora le cifre. Su e giù per lo Stivale vivono 27 comunità rom di diversa provenienza, in tutto circa 150mila persone. La metà cittadini italiani, gli altri sono stranieri, di cui 40mila rumeni, «arrivati con un ritmo di 10mila ingressi l?anno dopo la firma degli accordi commerciali fra Roma e Bucarest che hanno soppresso l?obbligo del visto d?ingresso», spiega Pagani. Così mentre da noi si aprivano i collegamenti aerei fra il Nord-Est (Bergamo e Venezia) e la Romania (Bucarest e Timisoara) ad uso e consumo di imprenditori in cerca di mano d?opera a buon mercato, al di là dei Carpazi gli affari migliori erano appannaggio delle compagnie di autobus. «Attualmente la più conosciuta è la Atlassib, che ha aperto due sedi a Roma e Padova», spiega la giornalista rumena Mihaela Iordache, collaboratrice dell?Osservatorio sui balcani.

Ma siamo solo all?antipasto. «Chi in queste settimane ha parlato di emergenza è completamente fuori strada», e Pagani non ha timore nel ricordare che «il fenomeno esploderà definitivamente nel 2007 quando la Romania (con la Bulgaria) entrerà a pieno titolo in Europa». La conferma viene da Sorin Cehan, direttore di Gazeta Romaneasca, il mensile della comunità rumena in Italia: «Le cifre ufficiali censiscono solo 500mila zingari, ma in Romania vivono quasi tre milioni di rom. La questione va affrontata, nascondere la testa sotto terra sarebbe solo dannoso».

L?esempio dei gitani spagnoli
In effetti, l?ondata di rom rumeni ha scombussolato anche le modalità di approccio degli operatori sociali. Questa gente proviene dalla miseria delle periferie delle grandi città e tende a riprodurre anche in Italia lo stesso modello di società che lasciano, spiegano in molti. «Il 5% non possiede né di un certificato di nascita né un documento d?identità; la metà dei bambini non frequenta la scuola e il tasso di disoccupazione è al 71%», informa la Iordache. Dati che si confermano anche dopo l?arrivo in Italia. I Naga, un?associazione che nel milanese si occupa di immigrati irregolari, in riferimento agli zingari parla infatti di un tasso di disoccupazione del 75%.

A questo vanno aggiunti una condizione abitativa al limite del decente e un contesto sanitario molto al di sotto degli standard italiani. Leonardo Piasere, docente di Psicologia e antropologia culturale all?università di Verona, dopo aver vissuto per anni nei campi insieme agli zingari, oggi è uno dei massimi conoscitori della galassia zigana. A lui il compito di sfatare il mito dell?allergia dei rom verso alloggi che non siano il campo: «La credenza che siano tutti nomadi e accettino di abitare solo in roulotte e container è un equivoco che va superato: gli zingari che arrivano dai Balcani in patria, da decenni, vivevano in abitazioni in muratura. Costringerli tutti nei campi è una forzatura figlia dei nostri pregiudizi. Nel resto d?Europa peraltro non è così. La comunità gitana in Spagna è un esempio di come si possa raggiungere un grado di civile convivenza».

Fantasmi da conoscere
«Nelle nostre favelas al contrario», interviene Pagani, «stanno aumentando i fenomeni di devianza in particolare fra i giovani romeni: dai tipici reati contro il patrimonio stiamo assistendo a una crescita dei delitti contro le persone, dallo sfruttamento dei minori alla prostituzione».

L?altra faccia della medaglia è l?emergenza sanitaria. Il secondo Rapporto sull?integrazione degli immigrati in Italia certifica che la mortalità perinatale fra gli zingari non è cambiata negli ultimi 15 anni, mentre quella dei non zingari è diminuita del 50%. C?è una differenza significativa nella distribuzione delle cause di morte: per i non zingari le anomalie congenite sono la causa maggiore di morte nella prima settimana. Per i rom invece lo sono le infezioni.

Paradossalmente proprio l?emergenza può però essere il ponte per far dialogare i rom con gli italiani. Daniela Rossi è un?operatrice della Caritas ambrosiana: «Prima per loro la scuola era una perdita di tempo, in particolare per le donne. Che senso ha far studiare una bambina che non dovrà mai lavorare e sarà mamma a 13 anni?». «L?integrazione passa da interrogativi come questo», continua la Rossi, «e la risposta più efficace è spiegare che una donna in grado di leggere e scrivere può comprendere l?esito di un esame ginecologico o procurarsi un permesso di soggiorno. Ma loro ti stanno ad ascoltare solo se hanno fiducia in te. E la fiducia te la guadagni assistendoli nei momenti di difficoltà, come nel caso degli sgomberi o di una maternità».

Un aiuto che però non deve degenerare in assistenza. Come osserva Carla Osella, presidente nazionale di Aizo, «gli zingari sono abituati a dire ?noi abbiamo bisogno quindi voi dovete dare?. Noi a loro non abbiamo mai regalato niente. È indispensabile fargli capire che gli italiani pagano la casa e loro devono fare lo stesso».

Il mosaico però non sarà mai completo se continuerà a mancare la sponda legislativa. Maurizio Pagani traccia il quadro: «La nostra legge riconosce 14 etnicità fra cui i ladini delle Dolomiti e i catalani di Alghero, poche migliaia di persone. Ma ancora considera fantasmi i 150mila rom».

Numeri nomadi
Primi assaggi dell’onda rumena

150mila
A tanto ammontano gli zingari presenti sul territorio italiano. Secondo le stime dell?Opera nomadi, per la metà sono cittadini italiani, mentre l?altro 50% ha nazionalità straniera, per lo più proveniente dall?Europa orientale.

40mila
La comunità più numerosa è quella che viene dalla Romania. Dopo gli accordi commerciali fra Roma e Bucarest, i cittadini rumeni possono infatti arrivare in Italia senza il visto d?ingresso: è sufficiente la carta d?identità.
8 milioni
Nel Vecchio continente gli zingari sono 8 milioni. Si tratta della minoranza etnica più numerosa.

3 milioni
Secondo l?ultimo censimento, in Romania vivono poco meno di 500mila rom (pari a quasi il 2% della popolazione). In realtà le associazioni locali parlano di circa 3 milioni di persone. Il 5% di loro sarebbe sprovvisto di documenti di identificazione. Nel 2007 la Romania entrerà a pieno titolo in Europa. Secondo gli osservatori questo potrebbe generare una vera e propria ondata di arrivi, in particolare proprio in Italia.

Le associazioni
In Italia sono quattro le associazioni che si occupano con costanza dell?emergenza rom, tre sono italiane, mentre l?ultima è stata costituita da zingari:
– la Caritas ambrosiana (www.caritas.it)
– l?Opera nomadi (il sito più aggiornato è quello della sezione di Milano:
   web.tiscali.it/operanomadimilano)
– l?Aizo (Associazione italiana zingari oggi, sito: web.tiscali.it/zingari)
– la Them Romano fondata da Santino Spinelli.

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