Welfare
Roma, partorisce in carcere un bimbo malformato
E' successo a Rebibbia. Alla giovane, nomade di 21 anni, non sono stati concessi gli arresti domiciliari perchè il Tribunale non ha risposto agli appelli
di Redazione
Ha partorito di notte, nel carcere di Rebibbia Femminile, un bambino con una malformazione congenita che ignorava.
Protagonista della vicenda una nomade di 21 anni, H. M., ricoverata per le cure post parto all’ospedale Sandro Pertini di Roma e ora di nuovo in carcere a Rebibbia. Il neonato è invece ricoverato al Bambin Gesù. La giovane era arrivata in carcere il 6 giugno con una pena di sei mesi per il reato di furto aggravato. La vicenda è stata segnalata dal Garante Regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni che afferma: «è orrendo che una donna debba partorire in carcere e che ora non possa allattare il suo bambino, peraltro malato. Il vero problema è che esiste una legge, la Finocchiaro, che prevede l’obbligo di misure alternative al carcere per le partorienti, ma troppo spesso la legge viene disattesa».
In base alla Legge Finocchiaro (40/2001), la direzione del carcere di Rebibbia avrebbe comunicato al Tribunale di Roma prima la circostanza che H.M. era incinta, poi la necessità di avere gli arresti ospedalieri. In entrambi i casi le richieste sarebbero rimaste senza risposta.
Attualmente a Rebibbia Femminile sono detenute due donne incinte: una al quarto mese di gravidanza, l’altra al secondo. Oggi un¹altra donna all¹ottavo mese di gravidanza è stata scarcerata. Un¹altra è stata invece trasferita nei giorni scorsi in ospedale per un parto cesareo.
A quanto risulta al Garante H.M. (già madre di altri bambini), ha partorito in soli sette minuti alle 3 del mattino del 24 giugno, ancor prima che l’autoambulanza riuscisse ad arrivare. Trasferita all’ospedale Sandro Pertini, H.M. ha avuto tutte le cure, compresa la manovra per l’espulsione della placenta. Purtroppo, però, il bambino è nato con una malformazione congenita (che all¹ecografia può non vedersi) che ha reso necessario il trasferimento al Bambin Gesù. Il bambino ha lasciato l¹ospedale con un braccialetto identificativo; lo stesso che si trova al polso della mamma e che consentirà il riconoscimento. La donna intanto, vista l¹assenza di problemi post-parto, ha firmato ed è tornata in carcere.
In questi giorni il bambino viene allattato con latte materno, che viene prelevato alla mamma in carcere e mandato al Bambin Gesù. Domani H. M., autorizzata dal magistrato, sarà accompagnata dal marito e dalla scorta all’anagrafe del Comune di Roma per riconoscere il neonato. E poiché il carcere ha richiesto gli arresti ospedalieri per consentire alla mamma di stare vicino al bambino, il Tribunale ha richiesto una relazione sullo stato di salute del neonato, relazione che è già stata acquisita ed inviata ai Magistrati.
«Conosco la professionalità degli operatori del carcere ha detto Marroni è sono sicuro che hanno fatto tutto e per il meglio. Resta però il dato di fondo che un evento fondamentale per la vita di una donna, la nascita di un figlio, sia avvenuto in carcere, luogo tutt’altro che adatto per un evento del genere. Il parto è un fatto naturale, non una cosa straordinaria, e dunque trasferimenti e scarcerazioni sono ampiamente preventivabili anche per evitare ogni tipo di rischio ai nascituri e alle loro mamme. Quale che sia il reato commesso, credo che non esista pena che possa non contemplare la possibilità di partorire in un ospedale, circondati dalle cure e dalle attenzioni che l¹arrivo al mondo di una nuova vita merita».
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