Welfare
Russia, il j’accuse di Amnesty International
Ecco il rapporto sulla situazione dei dirtti umani, in occasione della visita di Putin in Italia
di Redazione
Da anni, Amnesty International svolge campagne contro le violazioni dei diritti umani commesse dal governo della Federazione Russa.
In vista del prossimo vertice bilaterale tra l?Italia e la Federazione Russa e del viaggio nel nostro paese del Presidente Vladimir Putin, previsto per il 13-14 marzo 2007, Amnesty International auspica che il Presidente venga sollecitato ad affrontare e sostenere profondi cambiamenti per la tutela dei diritti umani, anche in considerazione del fatto che la Federazione Russa, come candidata a essere membro del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite nel 2009, dovrà rispettare gli obblighi del diritto internazionale e impegnarsi sempre più per la difesa e la promozione dei diritti umani.
Libertà d?espressione, d?associazione e di stampa
L?apposizione di divieti sulle manifestazioni sono illegittimi e hanno portato a indebite restrizioni delle libertà di espressione e di riunione. Molti attivisti, nonostante avessero informato le autorità dell?intenzione di manifestare pacificamente e nei termini di legge, sono stati arrestati.
Amnesty International si è dichiarata contrariata alla decisione della Corte suprema russa del gennaio 2007 che ha respinto l?appello contro la chiusura della ?Società per l?amicizia russo-cecena? (Rcfs). L?Organizzazione, che svolgeva un?opera di monitoraggio e d?informazione sulla situazione dei diritti umani in Cecenia e in altre zone del Caucaso del nord, era stata chiusa nell?ottobre 2006, sulla base delle nuove leggi ?contro l?estremismo e sulle Organizzazioni non governative?. A seguito di queste leggi, le organizzazioni della società civile possono vedersi negata la registrazione qualora offendano ?la pubblica decenza o i sentimenti etnici e religiosi?. Alcuni loro aderenti rischiano attualmente il carcere.
Stanislav Dmitrievskii, direttore esecutivo dell?Rcfs, già vittima di intimidazioni e minacce di morte, il 3 febbraio 2006 è stato condannato a due anni di carcere con la condizionale e a 4 anni di libertà condizionata per ?incitamento all?odio razziale?, per aver pubblicato articoli di natura non violenta scritti da leader separatisti ceceni.
La giornalista Anna Politkovskaya, assassinata il 7 ottobre 2006, è stata colpita con tutta probabilità per la sua attività di giornalista, svolta dal 1999 per Novaia Gazeta (Nuovo Giornale) e per i suoi reportage sulle violazioni dei diritti umani in Cecenia e in altre zone della Russia. Aveva, inoltre, scritto della violenza dell?esercito, della corruzione dello Stato e della brutalità della polizia.
Per questo suo coraggio, aveva ricevuto numerosi premi internazionali, tra cui nel 2001 il Global award for human rights journalism, istituito dalla Sezione Britannica di Amnesty International.
In passato aveva subito ripetute intimidazioni dalle autorità russe e cecene. In varie occasioni, era stata arrestata e minacciata di pesanti conseguenze se non avesse cessato di scrivere. Nel settembre 2004 aveva denunciato di essere stata avvelenata a bordo di un aereo sul quale intendeva raggiungere Beslan, nell?Ossezia del nord, mentre era in corso il sequestro di centinaia di ostaggi.
Amnesty International chiede al governo di Mosca di prendere misure urgenti per assicurare che tutti i difensori dei diritti umani e i giornalisti indipendenti, compresi coloro che lavorano nel Caucaso del nord, possano svolgere la loro attività in condizioni di sicurezza e senza timore di minacce e intimidazioni.
Arresti e detenzioni arbitrarie
Sono frequenti le notizie di arresti nei confronti di dissidenti politici, giornalisti indipendenti e persone critiche nei confronti del regime, il cui unico ?reato? è quello di documentare la situazione dei diritti umani in Russia.
Una nuova legge federale contro il terrorismo, varata nel marzo 2006, non prevede specifiche protezioni per coloro che sono arrestati durante operazioni di anti-terrorismo e stabilisce che le forze armate russe possono condurre tali operazioni fuori dei confini del paese.
Nell?aprile 2006, membri di un?unità speciale di polizia (OMON), hanno brutalmente disperso 500 persone, tra uomini, donne e bambini, che protestavano contro la presunta corruzione delle locali autorità nel Dagestan.
Murad Nagmetov è stato ucciso e almeno altri due manifestanti sono stati feriti dopo che la polizia ha lanciato fumogeni direttamente sulla folla senza preavviso.
Conflitto nel Caucaso del nord
Esecuzioni extra-giudiziali, sparizioni forzate e rapimenti, detenzioni arbitrarie e torture, anche in centri di detenzione non ufficiali, hanno caratterizzato le operazioni anti-terrorismo del governo nella regione del Caucaso del nord, in particolare in Cecenia e in Inguscezia. Coloro che hanno cercato giustizia davanti ai tribunali russi o presso la Corte europea dei diritti umani hanno dovuto fronteggiare intimidazioni da parte delle autorità. Anche gli avvocati della difesa sono stati minacciati.
Prosegue il conflitto in Cecenia, in alcuni casi con caratteristiche di insurrezione, nonostante gli sforzi per ripristinare la normalità. Le forze federali e la polizia cecena continuano a combattere contro i gruppi armati. Le forze federali hanno inoltre bombardato diverse zone montuose della regione meridionale.
Si ritiene che Bulat Chilaev e Aslan Israilov siano stati vittime di sparizione forzata per mano delle forze federali russe o cecene. Il 9 aprile 2006, in Cecenia, una decina di testimoni oculari li hanno visti mentre venivano caricati in auto da uomini in uniforme, armati e a volto coperto. Vicino al luogo della sparizione è stata in seguito rinvenuta una targhetta militare. Di loro non si è più saputo nulla. Bulat Chilaev lavorava come autista per una Ong, Grazhdanskoe Sodeistvie (Assistenza civica), che si occupa di fornire assistenza sanitaria agli sfollati e alle vittime del conflitto armato.
Tortura
La tortura in custodia di polizia risulta essere praticata in tutto il paese. Le misure di protezione contro il rischio di tortura – come la notifica ai parenti dell?arresto, il diritto alla consulenza di un avvocato e di un medico di propria scelta – sono state ignorate dai membri delle forze di polizia allo scopo di ottenere ?confessioni?. La Procura non ha saputo assicurare indagini efficaci sulle denunce di tortura. Mancano meccanismi nazionali efficaci e indipendenti per consentire visite non annunciate nei luoghi di detenzione. Secondo quanto riferito, i prigionieri condannati sono stati picchiati in diverse colonie penali, come quelle delle regioni di Perm e Sverdlovsk.
Nel gennaio 2006, la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che le autorità russe avevano sottoposto Aleksei Mikheev a tortura mentre si trovava in una stazione di polizia, nel settembre 1998, negandogli anche l?accesso a un legale. La Corte ha stabilito che il governo non aveva rispettato l?obbligo di proibire la tortura e aveva violato il diritto a ricevere assistenza legale.
Nell?aprile 2006 l?avvocato Aslan Umakhanov non era stato informato del fatto che il suo assistito era stato trasferito dal centro di detenzione preventiva di Ekaterinburg alla stazione di polizia, per essere nuovamente interrogato nell?ambito di un?indagine penale. Gli inquirenti lo hanno picchiato e sottoposto a scosse elettriche per costringerlo a ?confessare?. Le autorità si erano poi rifiutate di aprire un?indagine penale sulla sua denuncia di tortura, nonostante un referto medico ne attestasse le ferite riportate.
Ex-detenuti di Guantànamo
Nella regione della Kabardino-Balkaria, Rasul Kudaev, è rimasto in carcere nonostante le preoccupazioni per la sua salute. Ex detenuto di Guantànamo, era stato trasferito nel 2004 dalla custodia statunitense a quella russa, trattenuto per circa quattro mesi e poi rilasciato. E? stato nuovamente arrestato nella regione Kabardino-Balkaria e accusato di terrorismo dopo gli attacchi alla capitale, Nalchik, avvenuti nell?ottobre 2005. La sua avvocata di ufficio aveva denunciato le torture subite in custodia di polizia dal suo assistito ed era stata, per questo, rimossa dal caso nel novembre 2005 e non più rassegnata, nonostante i ricorsi in tribunale.
Razzismo, xenofobia e intolleranza
Le autorità non hanno fornito protezione né hanno indagato efficacemente molte aggressioni di stampo razzista, compresi alcuni omicidi. Vi è stato un lieve incremento dei procedimenti giudiziari per crimini dettati dall?odio e di interventi locali di ordine pubblico, ma ciò non è risultato proporzionato alla portata del problema, ed è mancato un programma ad ampio raggio per combattere razzismo e xenofobia.
Liana Sisoko, una bambina di nove anni di origini russe e malesi, ha riportato gravi lesioni dopo che il 25 marzo del 2006 due giovani le hanno inferto coltellate vicino all?ascensore del suo condominio, a S. Pietroburgo. Gli aggressori, dopo il fatto, hanno tracciato una svastica e la scritta: ?skinhead: siamo stati noi? vicino al luogo dell?aggressione.
Nel marzo 2006, sette imputati sono stati giudicati colpevoli di ?teppismo? per aver partecipato all?aggressione mortale contro una bambina tagika di nove anni, Khursheda Sultonova, nel febbraio 2004. Sono stati condannati a pene dai 18 mesi ai cinque anni e mezzo di carcere. L?unico imputato accusato di omicidio di stampo razzista è stato prosciolto da tale capo di imputazione.
Violenza domestica sulle donne
La legislazione russa risulta carente nel fronteggiare il problema della violenza domestica ed è inadeguato il sostegno del governo ai centri di crisi e alle linee telefoniche amiche.
Nel novembre 2006 il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura ha espresso preoccupazione per il numero di casi di violenza domestica e per l?assenza di sufficienti case protette per le donne, raccomandando alle autorità russe di garantire protezione alle vittime con l?adozione di specifiche misure legislative e di assicurare alla giustizia i responsabili degli abusi.
Una delle poche case protette finanziate dal governo, situata a Petrozavodsk, nella Repubblica della Karelia, è stata chiusa.
Pena di morte
La Federazione Russa, pur essendo abolizionista de facto dal 1999, non ha ancora provveduto ad adeguare la sua legislazione.
La Russia è l?unico paese del Consiglio d?Europa a non aver ratificato il Protocollo 6 alla Convenzione europea sui diritti umani, relativo all?abolizione della pena di morte in tempo di pace.
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