Disabilità

Saper gestire i propri risparmi? Può essere una questione di dignità e autonomia

Anche per le persone disabili dal punto di vista cognitivo e per chi ha un amministratore di sostegno è importante attuare percorsi di educazione finanziaria. Secondo l'esperta «Ne va del loro diritto al benessere»

di Veronica Rossi

L’autonomia passa anche dall’educazione finanziaria. Lo sanno bene alla Comunità Piergiorgio, organizzazione della provincia di Udine che lavora per lo sviluppo integrale – anche attraverso corsi di formazione e professionalizzanti erogati come ente riconosciuto dalla Regione Friuli Venezia Giulia – delle persone con disabilità fisica, cognitiva o sensoriale o con patologie invalidanti.

Il percorso di gestione delle relazioni per l’autonomia, finanziato dal Fondo sociale europeo della Regione Fvg, includeva 12 partecipanti molto diversi tra loro, come necessità, bisogni e aspettative; quello che accomunava tutti era il fatto di avere una qualche forma di disabilità. Oltre alla capacità di gestire sé stessi, i propri diritti e doveri, i documenti, il tempo libero e la sicurezza, c’era bisogno anche che le persone imparassero a gestire le proprie spese. «Per vivere in maniera autonoma sarebbe opportuno imparare a gestire da soli le proprie finanze», dice Elisabetta Passone, tutor della formazione per la Comunità Piergiorgio, «o almeno avere un’idea di come si fa e di quali sono i passi da capire. Per prima cosa bisognava anche capire di quanti soldi disponessero, perché molti avevano l’amministratore di sostegno».

Le esperienze di questo tipo sono preziose e sono ancora poche a livello nazionale, anche se importantissime per restituire – o dare – autonomia a una persona. «Il denaro è una forma di potere che abbiamo sulla nostra vita», dice Elena Mariuz, esperta di educazione finanziaria con esperienza più che decennale, che ha tenuto il corso. «Anche le persone con disabilità cognitiva, pur avendo l’amministratore di sostegno, possono gestire una piccola parte delle loro finanze e questo è importantissimo, perché dà diritti e dignità». Spesso, tuttavia, non è facile gestire questi soldi, in una direzione positiva; c’è, per esempio, chi compra gratta e vinci in maniera compulsiva o chi acquista vino o altre bevande alcoliche. Per questo motivo è fondamentale che ci siano i corsi.

Foto di un’uscita del corso di autonomia

«Il corso è mirato a facilitare un processo verso la possibilità di fare almeno piccole scelte positive», continua Mariuz, «comprando per esempio cibi sani quando vanno a fare la spesa, senza lasciarsi imbrogliare da confezioni luccicanti o grandi – ma magari semivuote – e dai trucchi del marketing a cui siamo tutti soggetti, diventando allo stesso tempo un po’ più consapevoli dei loro bisogni più profondi».

Per questo motivo, la formatrice ha cercato per prima cosa di capire la situazione di ciascuno. «Nella parte iniziale del corso cercavamo anche di dare uno spunto ai ragazzi per comprendere quanto potessero avere e quanto potessero risparmiare», commenta Passone, «per poter magari andare dall’amministratore di sostegno, dicendogli: “Mi sto impegnando a mettere via qualche soldo di mese in mese per acquistare un cellulare” e mettendosi d’accordo sulla spesa da effettuare». Il secondo step è stato insegnare a gestire le risorse che i partecipanti avevano scoperto di avere. L’esperta aveva predisposto una tabella settimanale di entrate e uscite, dopo aver spiegato questo concetto, non scontato per tutti. «Si tratta di un passo importante per queste persone», afferma la tutor, «perché devono mettere in campo la logica e la matematica, c’è una quota iniziale dalla quale devo sottrarre delle somme di volta, ricordandomi di farlo».

Non tutti avevano la percezione di come funzionasse il denaro: è per questo che a lezione la formatrice si portava dei soldi di carta. «Così faceva anche capire che una moneta più grande non per forza vale di più», ricorda Passon. L’esperta aveva inventato un vero e proprio gioco didattico: per un’oretta alla volta i partecipanti immaginavano di avere del denaro e di dover scegliere cosa comprare. Ogni acquisto dava – o toglieva – dei punti benessere. Di alcune spese non potevano fare a meno, per esempio i pasti, mentre altri erano optional. Una simulazione, che però poteva dare alcuni strumenti per affrontare il mondo reale.

«Un altro banco di prova qua alla Piergiorgio sono le macchinette che solitamente durante le pause vengono prese d’assalto», dice Passone. «Però vengono viste spesso come delle “slot machine”, particolarmente da chi ha le chiavette ricaricabili. Abbiamo cercato di far capire che il cibo si può comprare anche al supermercato, dove costa meno, per poi portarlo di volta in volta».

Uno degli obiettivi era anche comprendere le priorità di spesa – peculiari per ciascuno – per cui risparmiare; per questo servivano anche rudimenti di matematica: se io salvo otto euro al mese, per esempio, devo calcolare quanto potrò mettere via in un anno. Oppure devo dividere una somma per capire quanto posso metterci ad accantonarla. «Il nostro obiettivo era portare alla consapevolezza del potere sul proprio benessere che si può avere gestendo il denaro», conclude Mariuz, «ma anche restituire la dignità che l’autonomia comporta».

Foto in apertura da Unsplash

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