Non profit

Se il telemarketingdiventa un assedio

intervista

di Redazione

Fra i “perseguitati” dai call center c’è persino un membro del governo (il cui telefono fisso è riservato dal 2001), racconta Mauro Paissan, consigliere del Garante per la protezione dei dati personali e relatore del divieto delle chiamate indesiderate. Una decisione di civiltà che ha richiesto ben due anni. Come mai? «Non volevamo fare un intervento shock», spiega Paissan, «avrebbe messo in difficoltà parecchie aziende soprattutto i call center e i lavoratori. Abbiamo fatto numerosi richiami, ricordando che gli archivi dei dati, specie i numeri telefonici, andavano ripuliti».
Consumer’s Magazine: Un approccio soft…
Mauro Paissan: Sì, ma in questi ultimi mesi le proteste sono aumentate in modo esponenziale. Così abbiamo deciso di intervenire in modo drastico, come la legge ci impone di fare vietando l’utilizzo di tutti quei numeri per i quali non c’è adeguato consenso.CM: Colpisce che le aziende non abbiano “compreso” i richiami iniziali…
Paissan: Si nascondevano dietro quelle interpretazioni con cui tuttora contestano il provvedimento, sostenendo la non necessità del consenso per i numeri dei vecchi elenchi telefonici. Li capisco: in ballo ci sono milioni di dati e un business rilevantissimo. Alcune società – Sky, Fastweb – prendono dal marketing telefonico la maggioranza dei nuovi abbonati. Inevitabile che percepiscano un restringimento della base dei numeri telefonici come una limitazione. Noi però siamo chiamati a contemperare il diritto sacrosanto a fare un’attività economica e quello al rispetto dei cittadini. CM: Una delle obiezioni riguarda il prima e il dopo 2005…
Paissan: Prima di quella data, non veniva chiesto agli abbonati se volevano l’invio di materiale promozionale per posta o se accettavano il contatto telefonico. Dopo il 2005, sugli elenchi sono comparsi due simboli – la bustina o la cornetta – che equivalgono a due via libera. Non si può fare i furbi e usare i numeri precedenti al 2005. Oltretutto subentra un altro problema: se sono vecchi, questi numeri sono in grande misura superati, passati ad altri abbonati, sono nel frattempo diventati riservati. L’altro giorno un membro del governo mi ha chiesto: «Come fanno a chiamarmi? Dal 2001, anno in cui sono stato eletto deputato, ho chiesto la copertura del numero. Invece continuano a telefonarmi, chiamandomi per nome per di più»… Chi detiene dati personali ha l’obbligo giuridico di aggiornarli.CM: Che interesse ha un’azienda a pagare dati vecchi e non funzionali?
Paissan: Ce lo siamo chiesti anche noi. Dicono di disporre di dichiarazioni che certificano che si tratta di dati legittimamente raccolti e conservati e perciò utilizzabili. Non è nemmeno escluso che nascano adesso dei contenziosi.CM: Le società di telemarketing si sentono più penalizzate di quelle che usano la posta…
Paissan: Abbiamo fatto una valutazione dell’invasività dei due mezzi. Erano state fatte molte richieste, fra cui quelle del volontariato, di liberalizzare di più l’invio postale anche per il fund raising. Abbiamo deciso un canale privilegiato per le onlus, che possono usare gli indirizzi delle liste elettorali, e reso più accessibile il marketing postale sulla base di una valutazione di molto minore invasività e disturbo. Rispondere a una telefonata può diventare, oltre che fastidioso, imbarazzante per i soggetti deboli: una persona anziana ad esempio non sempre ha gli strumenti dialettici o di comprensione per dare una risposta adeguata. Spesso dice di sì per liberarsi.CM: C’è stata una diminuzione di telefonate?
Paissan: Alcune imprese hanno sospeso le chiamate per i numeri controversi fino a un definitivo chiarimento. A noi, dal giorno in cui abbiamo reso pubblico il provvedimento, non è arrivata neanche una segnalazione. Prima erano centinaia.CM: È necessaria una riforma?
Paissan: Più che una modifica normativa, servirebbe poter infliggere consistenti sanzioni pecuniarie come avviene all’estero o come può fare da noi l’Antitrust. Le nostre sanzioni sono penali e sulla carta il rischio è più grave, ma visti i tempi lunghi l’efficacia è minore. Una multa pesante e immediata può fare molto più male…CM: C’è il rischio che si perdano 30mila posti di lavoro.
Paissan: Sì, nei call center. Devono mettersi nell’ordine d’idee di costruire banche dati in modo legittimo.CM: Se un utente dà il consenso e poi cambia idea?
Paissan: Può cambiare idea in qualunque momento, anche un secondo dopo aver firmato. Deve solo comunicare la sua decisione al soggetto che detiene i suoi dati personali. L’obbligo di cancellare quei dati scatta immediatamente. Se il consenso è scritto, l’interlocutore per penalizzare l’utente chiederà la revoca scritta. Di per sé basterebbe il telefono. CM: In caso di recidiva?
Paissan: Il cittadino deve rivolgersi a noi. Agiamo su ogni segnalazione circostanziata, chiedendo subito notizie alla società chiamante che, a sua volta, deve chiarire se è un errore o dimostrare di avere il consenso.www.garanteprivacy.it

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