Non profit

Se l’asilo nido apre le porte ai volontari

Una proposta innovativa di Aiutare i Bambini

di Redazione

E se negli asili nido entrassero le famiglie e i volontari, per contenere le rette e sviluppare l’offerta in un settore endemicamente carente? È la proposta rivoluzionaria della Fondazione Aiutare i Bambini, che nei suoi bandi già premia i soggetti che valorizzano il volontariato. Ecco le prime reazioni.
Di circa 2,2 milioni di bambini da 0 a 3 anni in Italia, solo 506mila oggi hanno posto in un asilo nido. Una percentuale ben lontana da quel 33% raccomandato dall’Agenda di Lisbona. Come sviluppare l’offerta – e stimolare la domanda – a costi accessibili anche alle fasce più deboli, senza intaccare la qualità? Una sfida difficile, a cui la Fondazione Aiutare i Bambini – che dal 2006 a oggi ha erogato un milione e 300mila euro nell’ambito del progetto «Un asilo nido per ogni bambino» – propone di rispondere stimolando l’accesso dei volontari nel servizio.
Il modello lanciato dalla fondazione riguarda tre livelli. Prima di tutto, il coinvolgimento delle famiglie nelle attività del nido, con prestazioni volontarie (pulizie, manutenzione, ecc) anche nell’ottica di abbassare le rette per gli utenti più bisognosi. Poi la promozione degli educatori nella gestione dell’asilo e il reclutamento di volontari per attività collaterali o a supporto di quelle educative (ad es. le nonne che fanno le cuoche volontarie). I risparmi sul costo complessivo della struttura, a regime, sarebbero del 16-20%.
Le reazioni alla proposta sono state di profondo interesse sia da parte della pubblica amministrazione (la direttrice di settore presso il Comune di Milano, Carmela Madaffari, ha ipotizzato di aggiungere un punteggio specifico in fase di accreditamento per le realtà che utilizzano volontari), sia da parte degli esponenti del privato sociale. A fronte di una storia esemplare, quella del nido Il Giardino al quartiere Barona di Milano, la rappresentante di una coop di Avellino ha testimoniato la profonda difficoltà a coinvolgere famiglie e volontari.
«È una proposta che mi piace e che in qualche modo valorizza un dna già esistente nella cooperazione sociale, quello di essere multistakeholder», ha commentato Paola De Cesari, presidente di Luoghi per Crescere-Cgm. «E il fatto di rendere un nido anche un’istituzione comunitaria, in cui i fruitori sviluppano un profondo senso di appartenenza, è davvero importante». Questo, però, deve realizzarsi sulla base di una serie di condizioni fondamentali: «Bisogna fare un grande lavoro perché i nidi siano davvero cellule di comunità, laboratori educativi per l’infanzia che garantiscano comunque alti livelli di qualità. Sarebbe invece un arretramento se questo modello rappresentasse solo una scorciatoia di risparmio per gli amministratori, rispetto a una necessità d’investimento che oggi è più che mai fondamentale, sia per stimolare l’offerta che per sviluppare nuova domanda presso le famiglie».

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