Non profit

Se l’azionista fa la domanda giusta

Cresce anche in Italia

di Redazione

Acquistare titoli di società quotate, andare all’assemblea degli azionisti e chiedere conto di comportamenti rilevanti in senso sociale e ambientale: si chiama azionariato attivo. Piuttosto diffuso in mercati finanziari più evoluti, in Italia non ha grandi tradizioni. Ma negli ultimi anni ha preso vigore grazie ad Etica sgr e Fcre – Fondazione culturale responsabilità etica, entrambe del sistema Banca Etica.
«Fare azionariato attivo non significa portare attacchi generalizzati, ma svolgere ricerche approfondite su aspetti specifici», spiega Mauro Meggiolaro di Fcre, protagonista all’incontro sull’azionariato attivo che si è svolto a Milano a «Fa’ la cosa giusta». Meggiolaro ha vestito i panni dell’azionista attivo prendendo la parola nelle assemblee di Eni, Enel, Indesit, Pirelli, Telecom Italia, ponendo domande sulle retribuzioni dei manager o sui paradisi fiscali. «L’azionarato attivo», chiarisce Meggiolaro, «non sostituisce altre iniziative, ad esempio le campagne di boicottaggio, ma le affianca. Pone domande alle aziende, che di solito ai propri azionisti rispondono più facilmente che non ai consumatori».
L’efficacia dell’azionariato attivo, però, dipende dal peso di chi lo promuove. Per arrivare alla massa critica necessaria a far votare una mozione in assemblea (serve il 2,5% del capitale), un’ipotesi è coinvolgere le associazioni dei piccoli azionisti, magari in una rete internazionale.
Ma ancora più importante è il sostegno di investitori istituzionali come i fondi pensione. In Gran Bretagna, una vasta coalizione di investitori comprendente diversi fondi pensione sta premendo su Bp e Shell perché rivedano i progetti di estrazione di petrolio dalle sabbie bituminose, i cui impatti socio-ambientali destano grandi preoccupazioni. Una risoluzione sarà presentata alla prossima assemblea di Shell. Anche Eni ha in corso simili progetti e all’assemblea di fine aprile Fcre solleverà la questione.
In Italia iniziative di azionariato attivo da parte dei fondi pensione non si sono ancora viste, ma qualcosa sta cambiando. «Riteniamo di doverci muovere e avere un ruolo attivo su questi temi», assicura Giacinto Palladino, della segreteria nazionale Fiba-Cisl (il sindacato Cisl del credito e assicurazioni), «per avvicinare il mondo del lavoro all’investimento responsabile. I lavoratori sono i primi ad essere interessati alla sostenibilità di un’impresa nel lungo periodo». E infatti Fiba-Cisl, nel suo «Manifesto di riforma dei mercati finanziari» (www.riformiamolafinanza.it), parla anche di temi come il tetto agli stipendi dei manager, vero e proprio cavallo di battaglia degli azionisti attivi. La sfida per il futuro dell’azionariato attivo sembra dunque passare dall’unione delle forze: sindacati, fondi pensione e associazioni di piccoli azionisti.

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