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Attivismo civico & Terzo settore

Se non costruisci paghi il progetto

Un professionista ha diritto a vedersi riconosciuta la parte del lavoro svolta.

di Christian Carosi

Tre anni fa avevo dato incarico a un architetto di eseguire per me dei disegni per la costruzione di un fabbricato, anche dal Comune era arrivata la licenza per la costruzione. Poi, per motivi di salute, ho interrotto il tutto: nemmeno l?impresa delle costruzioni era stata scelta! Ora, a distanza di tre anni l?architetto pretende ben 9mila euro per mancato guadagno. Per parte mia sono intenzionato a non dargli nulla. Rischio delle grane?

Adelio (email)

Il rapporto intercorso tra lei e l?architetto rientra nella categoria dei contratti d?opera, regolati dal codice civile agli articoli 2222 e seguenti. Più in dettaglio a partire dall?articolo 2229 del c.c., si analizza la disciplina delle professioni intellettuali per l?esercizio delle quali è necessaria l?iscrizione in appositi albi od elenchi. Un primo aspetto da tenere in considerazione è la mancanza dell?obbligo di una forma determinata nel contratto tra un privato e un professionista: tra gli architetti è d?uso tutelarsi facendo firmare al committente una lettera d?incarico, ma il contratto per l?esecuzione di una determinata opera non dev?essere necessariamente scritto. Basta la forma orale e l?effettivo svolgimento di una determinata attività. Inoltre, va aggiunto che di norma il contratto d?opera ha carattere oneroso: il compenso, se non è convenuto dalle parti e non può essere determinato secondo le tariffe o gli usi, viene definito dal giudice, sentito il parere dell?associazione professionale cui il professionista appartiene. Da ultimo va detto che il professionista è obbligato non solo a svolgere l?attività per la quale ha ricevuto l?incarico, ma soprattutto a produrre il risultato utile promesso. In ogni caso, e senza particolari motivazioni, il cliente può recedere dal contratto, rimborsando al prestatore d?opera le spese sostenute e pagando il compenso per l?opera svolta (art. 2237 c. c.): il compenso è dovuto solo per ciò che è stato fatto, non per quello che si sarebbe voluto fare. Diversamente, il prestatore d?opera può recedere dal contratto solo per giusta causa ed evitando di creare un pregiudizio al cliente. Da quello che lei ci scrive sembra di capire che l?architetto ha effettivamente svolto una parte del lavoro richiestogli: infatti, l?esecuzione di un progetto per la costruzione di un fabbricato è da considerarsi una parte essenziale dell?attività di questo professionista così come l?eventuale (nella lettera non è specificato) avvio della pratica per ottenere i permessi da parte del Comune. Il fatto che non si sia arrivati al punto di scegliere una ditta per l?esecuzione dei lavori e che il cantiere non sia stato aperto, non toglie sostanza all?attività svolta fino al momento della revoca dell?incarico. Da ciò consegue un diritto del professionista a vedersi riconosciuta quella parte di compenso derivante dall?attività effettivamente svolta. Nulla, invece, gli spetta per i lavori non eseguiti. Per quanto riguarda la valutazione concreta del dovuto, non dovrebbero sorgere particolari problemi. Se tra le parti non è stato stabilito un dettagliato preventivo per ogni singola voce di attività, è possibile riferirsi ai minimi tabellari fissati dal Consiglio dell?Ordine degli Architetti. Pertanto, se considera la richiesta di pagamento sproporzionata rispetto al lavoro svolto, può chiedere a tale Ordine di esprimere un parere in proposito, al fine di evitare un contenzioso in sede giudiziaria.

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