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Seimila romani senzatetto e senza Giubileo

Sono rifugiati, immigrati, nomadi, barboni. di età sempre più giovane. Sfuggono a ogni statistica e di loro ci si accorge solo se qualcuno muore per il gelo, come subito dopo Natale

di Francesco Di Nepi

È ambiziosa la Roma che si prepara al Giubileo. Molto attenta a guardare in alto e troppo disinteressata a tutto ciò che ai suoi piedi sembra piccolo e silenzioso. Ma su cui poi, finisce per inciampare, rumorosamente. Per scoprirlo basta girare un po? la città, i suoi vicoli e i suoi angoli più nascosti. A cominciare dal quartiere della capitale più famoso nel mondo. Nel primo bar ?trasteverino? in cui si entra, infatti, si parla di Antonio, un barbone morto la scorsa notte. Palermitano, viveva a Roma dal ?93 in una roulotte ferma da tempo nel punto in cui viale Trastevere bacia Porta Portese. Il gelo ha stroncato il suo cuore malato. Cominciamo malissimo. Il rifugio nell?ospedale Due passi ed è subito Roma centro, viali stretti, botteghe in fermento e una buona notizia: il primo giorno di dicembre è stato presentato, presso l?ospedale San Gallicano, un Osservatorio socio-sanitario destinato a tutti coloro che rientrano nella categoria dei ?senza fissa dimora?. Circa 6000 nella capitale, secondo i dati forniti dalla Caritas. Sempre più soli, sempre più giovani. Chi sono? I rifugiati, gli immigrati, i nomadi e i barboni che gremiscono la stazione Ostiense, la zona intorno a Porta Portese e il ponte Duca d?Aosta. L?iniziativa, di notevole importanza visto che si tratta del primo intervento integrato sulla salute dei senza tetto, è stata realizzata attraverso la collaborazione tra il Comune di Roma e l?ospedale situato nel cuore del quartiere Trastevere.Il progetto cerca di migliorare la conoscenza da parte dei ?senza fissa dimora? dei propri diritti sanitari e nello stesso tempo di raggiungerli presso i loro bivacchi o le loro roulottes. Al lavoro c?è un?équipe di medici specializzati, psicologi ai quali si aggiungeranno presto anche alcuni mediatori culturali. Ma quanta fatica per arrivare a questo traguardo: ci son voluti quasi quindici anni perché il comune di Roma si decidesse a sostenere l?iniziativa. Due volte alla settimana, nella stanza numero 10 del San Gallicano, 40-50 persone (niente in confronto alle migliaia che restano fuori, ma è pur sempre qualcosa) vengono ascoltate e sostenute attraverso consigli, trattamenti e medicinali. Carlos, il laureato che viene dall?Angola Due passi da un corridoio all?altro, una rampa di scale e si entra nella stanza adibita a osservatorio. È giovedì, e la sala di attesa è già stracolma: tra i tanti c?è Carlos, 45 anni, proveniente dall?Angola, religione cristiano evangelica e una laurea in Scienze politiche (con specializzazione in economia presso l?Università di Parma). È arrivato in Italia grazie a una borsa di studio e sogna tutte le notti il suo Paese: «Ma, a causa della guerra e delle disastrose condizioni economico-politiche in cui versa la mia terra, non credo che la rivedrò presto. Quando sono arrivato ho insegnato all?Istituto tecnico commerciale statale ?8 Marzo? di Settimo Torinese. Ma il contratto era annuale e alla scadenza dell?accordo sono stato licenziato. Sono quindi venuto a Roma pronto per accettare qualsiasi lavoro. Ma non c?è stato niente da fare». Ha problemi di cuore, Carlos, ma non dovuti soltanto a un miocardio ballerino: «Già, perché, vista la situazione, sono stato anche costretto a lasciare la mia fidanzata, con cui stavo da sette anni. Non potevo rassegnarmi all?idea di non poter mettere su una famiglia con lei». Ora il suo domicilio conosciuto è la Caritas dove, dice con orgoglio: «Faccio dei piccoli lavori di giardinaggio». È qui all?osservatorio per problemi diversi ma collegati tra loro: «Mi serve un aiuto perché sono psicologicamente depresso, mi sento debole e il mio cuore a volte fa le bizze. Capricci dovuti alla mia situazione personale. Pensa che fino a una settimana fa dividevo la camera con altri 6 immigrati di varie nazionalità, con i disagi che si possono immaginare». Vicino a lui, testa appoggiata sui gomiti e occhi fiammeggianti, c?è Omar, 33 anni, passati per la metà a Dakar, in Senegal: «Sono arrivato qui per trovare un lavoro, lasciando il mio Paese, mia moglie e i miei tre figli Mustatà, Maimone e Babà. E all?inizio è andata bene, visto che ho subito iniziato a lavorare come operaio in una ditta di Bergamo che fabbricava carrozzine». Poi, il licenziamento. Dovuto all?acquisto dell?impresa da parte di un gruppo francese. «Proprio per questo sono arrivato a Roma e adesso vivo a Centocelle con alcuni miei amici in condizioni drammatiche. Ma non ho scordato la mia religione: tutti i venerdì, infatti, mi reco alla moschea a pregare peri miei familiari e, di conseguenza, per me. Affinché possa riuscire a trovare un lavoro e riesca a guarire da questa maledetta irritazione agli occhi che non mi da pace». Alessandro, la sua casa e i messaggi Visita finita. Fuori fa freddo ed è sufficiente attraversare il ponte che porta al di là del fiume per vedere la disperazione cambiare volto. Non più i lineamenti indigeni dei ragazzi dell?osservatorio, ma i tratti comuni di Alessandro, un ragazzo italiano di 34 anni. Uno dei tanti senza fissa dimora, uno dei tanti che, secondo la Caritas, vagano per la città alla ricerca di un posto e di un pasto caldo. Sono sempre più giovani, visto che la maggior parte dei ?clochard? (il 30 per cento) ha alle spalle non meno di 25 e non più di 34 primavere. In maggioranza maschi (76,7 per cento) e quasi sempre con un bagaglio scolastico non disastroso (il 43,7 per cento ha conseguito la licenza media e il 13,9 ha un diploma di scuola superiore). Alcuni, addirittura, parlano più di una lingua. È proprio il caso di Alessandro F., che da un anno vive all?interno delle impalcature rosso mattone montate sul sagrato di Santa Maria dei Miracoli, a piazza del Popolo. Strutture tirate su per permettere lo svolgimento dei lavori di deumidificazione delle murature portanti. Un?opera finanziata attraverso la legge 651/96 dal ministero per i Beni culturali e ambientali nell?ambito del piano degli interventi per il grande Giubileo del 2000. Piano nel quale, logicamente, Alessandro non rientra. Ha vissuto a Stoccarda, e a Roma è rientrato nel 1990 alla morte della mamma. Poi, dopo tanti anni passati all?estero, cerca moglie al prograamma di Canale 5 ?Agenzia matrimoniale?, condotto da Marta Flavi. Un gioco che si trasforma in qualcosa di più: conosce una ragazza e, l?anno dopo, la sposa. Ma la storia non va, e, nonostante la nascita della figlia Sharon nel 1993, arriva la separazione cinque anni dopo. Colto da depressione, Alessandro fugge in Germania. Ma la sua bimba, le poche volte che si sentono, piange, lo vuole rivedere. E allora lascia il suo lavoro di portiere d?albergo e torna a Roma. Una città che ritrova altezzosa e scorbutica: niente lavoro, niente casa e pochissime occasioni di rivedere la sua bambina. E oggi la sua ?abitazione? è una lurida brandina coperta di stracci sotto le impalcature che lo riparano dal freddo. Ma è solo un?illusione: la notte si gela e tra poco i lavori finiranno. Alessandro sarà di nuovo ?sfrattato?, senza un lavoro nonostante conosca ben quattro lingue, e senza il tappeto di fogli bianchi sui quali lui ha scritto i suoi messaggi: tante poesie e tante accuse a una città e a un sindaco che «ogni giorno spende milioni per le luci dell?albero di Natale» che domina dall?alto Piazza del Popolo. È notte, il ?sopralluogo? è terminato. Ma c?è ancora molto da fare prima del Giubileo. Forse troppo.


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