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Senza regole i mercati sono buoni per i furbi

I newcomers obbediscono a un solo concetto: la creazione di valore per gli azionisti, senza rapporti con l’economia reale. Fazio li ha lasciati fare

di Marco Vitale

Pochi periodi ci hanno offerto un corso intensivo così interessante e profondo sui temi dell?impresa, dell?organizzazione capitalistica, della responsabilità imprenditoriale e professionale, come l?estate 2005. Una ?summer school? straordinaria, anche se molto costosa. Perciò non sono d?accordo con l?analisi di Swap che si limita a certificare la vittoria, comunque sia, dei newcomers. Perché se è vero che hanno messo a nudo tutti i limiti di un sistema bloccato e senza idee, non possiamo neppure giustificare il loro operato per questo solo aspetto. Bisogna capire come por rimedio ai limiti di sistema che i newcomers hanno messo in luce. E proprio in questo senso la scuola estiva 2005 dà preziose indicazioni. Imprenditori o uomini d?affari? L?emergere, in occasione delle interconnesse Opa bancarie (Banca Antonveneta e Banca nazionale del lavoro) e del presunto tentativo di scalata della Rcs da parte di operatori economici, in parte nuovi, dotati di largo credito e legati da comprovate connessioni con la politica, ha suscitato una accesa discussione che ha coinvolto leader politici e imprenditoriali importanti sui vari tipi di imprenditori, nel tentativo di distinguere quelli ?buoni? da quelli ?cattivi?. La discussione si è infilata in un vicolo cieco, cercando un inquadramento in funzione delle attività svolte da tali operatori. In un primo momento vi è chi ha cercato di sostenere che i ?buoni? sarebbero quelli che producono beni mentre i ?cattivi? o almeno potenzialmente tali sarebbero gli immobiliaristi e i finanzieri. A quest?impostazione qualcuno ha replicato che nel capitalismo, purché rispettino le leggi, tutti i capitalisti sono uguali. Poi, a parziale rettifica, è stato affermato che si intendeva solo dire (ma và?) che anche la finanza può essere utile per i produttori, come dimostra il caso del sostegno bancario alla Fiat. Secondo uno dei più pervicaci vizi nazionali, si è cominciato a teorizzare intorno a categorie generali, mostrando, peraltro, un?assenza totale dei concetti fondamentali necessari per tale teorizzazione. Il vuoto culturale maggiore che è emerso è proprio sul concetto d?impresa, sulla natura, funzioni, storia e differenziazioni dell?impresa e degli imprenditori. Spariti i robber baron, spariti i tycoon, spariti i grandi imprenditori alla Ford, spariti i grandi manager alla Watson, se non per pochi casi che fanno più folklore che sistema, il potere determinante nella vita economica è stato, lentamente ma tenacemente, scalato da una nuova classe, fatta per lo più di volti anonimi, che si è autopromossa a nuova aristocrazia che con le antiche aristocrazie ha numerose analogie e molte differenze. L?elemento comune principale è che essa preleva un ?surplus? che non ha più nessuna relazione con i servizi resi, ma che deriva solo da una posizione di potere occupato. I compensi e le forme partecipative prelevati dal ?big management? del ?big business? sono diventati di natura e proporzione tale da non potere più, in nessun modo, essere ricondotti a un corrispettivo per un qualsiasi lavoro professionale direttivo. Essi sono un prelievo e non più un corrispettivo. E la loro legittimazione è basata su una posizione di potere raggiunta, posizione di potere sottoposta a ben pochi controlli o bilanciamenti, dopo che la proprietà alla quale competeva principalmente tale funzione si è dispersa. Tutti i limiti della rsi Mai come in questi anni si è scritto, parlato di etica d?impresa e di impresa socialmente responsabile (rsi). Ma la progressione di questi temi è andata di pari passo con una simile progressione di comportamenti irresponsabili che hanno portato a crisi e crolli di imprese con la distruzione di trilioni di dollari, instabilità, disagi sociali e ambientali gravi, enormi concentrazioni di ricchezza che hanno indebolito il ceto medio e che hanno istituzionalizzato e celebrato la filosofia dello spreco, dell?arroganza, dell?egoismo più sfrenato. Mai, come negli ultimi venti anni, abbiamo visto in azione l?impresa irresponsabile. In questi anni è avvenuto un terremoto ancora in corso. I newcomers non hanno al centro della loro attività lo sviluppo equilibrato dell?impresa con il rispetto dei vari interessi che in essa confluiscono, lo sviluppo stabile e prolungato nel tempo, il rispetto del lavoro, dell?ambiente, della collettività. Hanno al centro un solo valore e un solo concetto: la creazione di valore per gli azionisti e, attraverso le stock option, per il top management. Neanche la produzione interessa più. I guadagni si fanno con le acquisizioni, le fusioni, le speculazioni da ?insider trading?, i licenziamenti. Il market abuse In un?economia decentrata e che ha totalmente abbandonato lo schema di un?economia centralizzata, come è l?economia dell?Unione europea, il mercato assume un ruolo centrale. Esso assume la natura di un?istituzione sociale che come tutte le istituzioni sociali va regolamentata ma anche protetta. I giochi devono svolgersi senza carte truccate e senza abusare del mercato. Si innesta qui la teoria e la disciplina del ?market abuse? che ci proviene da ordinamenti da maggior tempo adusi a riconoscere il ruolo costruttivo e regolatore del mercato. Non è vero che Abn Amro avrebbe cercato nell?intervento della magistratura quel risultato che il mercato le aveva negato. La verità è che quando si è finalmente dato il via all?Opa Abn Amro, questa era ormai una farsa. Si è tenuta, infatti, ferma la Abn Amro mentre ai concorrenti si permetteva di accumulare azioni sul mercato, sia in proprio che attraverso soggetti connessi e, talora, con modalità che hanno giustamente richiamato l?attenzione della magistratura inquirente. Le colpe di Fazio La problematica sollevata non può essere inquadrata che in termini politici, cioè di bilanciamento di poteri e di ordinamento giuridico. Per questo il ruolo delle varie istituzioni preposte a bilanciare l?azione, in sé necessariamente distruttiva, degli uomini d?affari è fondamentale. è la prima linea di difesa della società dallo strapotere dei pirati del denaro. Per questa ragione le responsabilità del governatore Fazio sono gravissime e molteplici. La gestione di questo sistema di difesa è in gran parte affidata alla Banca d?Italia. Chi conosce il rigore e la competenza con i quali la Vigilanza della Banca d?Italia esercita la sua funzione e la severità assoluta, spesso esagerata ed esasperata, con cui sanziona l?insufficienza dei parametri, lo scarso funzionamento collegiale degli organi sociali e i comportamenti discutibili di amministratori e management, non può non restare esterrefatto di fronte a quello che si è appreso sulla ex Popolare Lodi nel corso della scuola estiva e sull?inerzia e/o complicità del vertice della Banca d?Italia. L?imparzialità dei pubblici funzionari è alla base di una società bene ordinata e funzionante secondo il principio di legalità. Non a caso il costituente ha sentito l?esigenza di fissare questo principio cardine nell?articolo 97 della Costituzione. Nei casi più delicati ed importanti il principio di imparzialità viene protetto dal connesso principio di indipendenza. Questo, dunque, non è un accessorio di certe cariche; ne è l?essenza stessa.


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