Cultura
Sequestro italiane: parla il fondatore di “Aiutamoli a vivere”
Tusio De Iuliis, pacifista abruzzese, conosce Simona Torretta dal 1998, quando con lei condivise l'inizio dei bombardamenti su Baghdad
di Redazione
Il sequestro delle due giovani volontarie italiane e’ stato ”studiato a tavolino, organizzato in maniera scientifica, preparato in ogni dettaglio. La domanda che ci si pone e’: perche’? E quali sono i vantaggi per la resistenza irachena?”.
Se lo chiede Tusio De Iuliis, pacifista abruzzese, che conosce Simona Torretta dal 1998, quando con lei condivise l’inizio dei bombardamenti su Baghdad. Fondatore dell’associazione ”Aiutiamoli a vivere”, De Iuliis – piu’ volte offertosi come scudo umano contro i bombardamenti – e’ tornato da neppure un mese dall’ultima missione umanitaria in Iraq, dove ha portato medicinali e prodotti alimentari.
Nel 1998, come referente in Abruzzo della Ong ”Un ponte per Baghdad”, raggiunse la capitale irachena insieme a una delegazione di medici dell’Universita’ di Chieti per far arrivare aiuti sanitari alla popolazione stremata dall’embargo. In quell’occasione, l’universita’ firmo’ un accordo di cooperazione culturale e scientifica con l’ateneo iracheno di Al-Mustansiriyah. Ed era insieme a Simona Torretta, De Iuliis, quando a Baghdad il 31 dicembre 1998 fu organizzata, per il Capodanno, una festa interreligiosa, con oltre diecimila bambini che, in rappresentanza delle religioni professate in Iraq – cattolica, caldea, sciita e musulmana – mandarono al Papa il messaggio ”Santita’, Ur ti aspetta”.
‘Non sono ragazze di prima esperienza, sapevano bene come comportarsi” dice De Iuliis di Simona Torretta e Simona Pari, quest’ultima conosciuta di recente nell’abitazione-ufficio che condivideva con la collega. ”Mi trovavo a Baghdad e sono andato a trovare Simona Torretta. Lei non era in casa, ma c’era Simona Pari, insieme ad altri operatori dell’associazione. Mi sono fermato a bere un the”’. Racconta il pacifista abruzzese che la palazzina nella quale avevano trovato alloggio le due giovani e’ in una zona centrale di Baghdad, ma un po’ isolata, in fondo a una strada chiusa, ed e’ molto difficile trovarla senza precise indicazioni. ”In questo periodo, in una citta’ come Baghdad, nel momento in cui sei sicuro di aver preso tutte le precauzioni possibili – commenta De Iuliis – ti rendi conto che ne manca sempre una. E ieri e’ successo l’imponderabile”. In questa citta’ ”puo’ capitare che qualcuno ti punti un kalashnikov alla tempia mentre sei bloccato nel caos del traffico – racconta ancora -. Allora devi sapere cosa fare: per salvarti la vita, abbandoni l’automobile. Devi saper organizzare ogni minimo movimento. Per esempio, cerchi di non andare piu’ di due volte nello stesso negozio, altrimenti rischi di essere un facile obiettivo per chi sta progettando un rapimento”. I rapimenti sono all’ordine del giorno, dice ancora De Iuliis. ”Bande di malviventi prendono bambini e chiedono alle famiglie riscatti di decine di migliaia di dollari. Le ragazze, poi, spesso vengono rapite e vendute a sceicchi, anche dopo che le famiglie hanno pagato”. Per la liberazione delle due giovani operatrici di ”Un ponte per Baghdad”, domani l’associazione di Tusio De Iuliis lancera’ un appello, in occasione dell’inaugurazione di una mostra con opere di studenti dell’universita’ di Baghdad. All’universita’ ”D’Annunzio” di Chieti, che ospita l’esposizione, e’ attesa la partecipazione dell’ambasciatore iracheno presso la Santa Sede di Roma, Nasir Kadhem Jawat. Nel pomeriggio, sempre a Chieti, si terra’ un incontro pubblico, presso la biblioteca ”De Meis”, con padre Jean Marie Benjamin della Fondazione Beato Angelico di Assisi, sacerdote e musicista, gia’ funzionario dell’Onu, da anni impegnato nella denuncia delle condizioni dell’Iraq.
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