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Cooperazione & Relazioni internazionali

Serve un esercito così?

Inefficiente, spendaccione, malato di rambismo. I rappresentanti di associazioni ed obiettori attaccano il nostro sistema di Difesa: «Meglio che ci comandi l’Onu»

di Paolo Giovannelli

I l fango somalo, recente macchia dell?esercito, in particolare di alcuni corpi speciali come la brigata paracadutisti ?Folgore?, dimostra lo stato di crisi in cui versano le forze armate italiane. Anche i volontari si interrogano su una crisi così grave, contrassegnata da scarsa efficienza e da discutibili ?valori? inculcati nella giovane truppa. Per tutti loro l?interesse nazionale coincide, là dove moralmente necessario, politicamente sensato ed operativamente praticabile, con la prevenzione dei conflitti attraverso missioni militari di pace, sotto il comando (e non solamente l?egida) dell?Onu. Per descrivere l?Italia in grigioverde, l?ultimo rapporto dell?Istituto di studi politici e sociali Eurispes fa suo il titolo del più noto romanzo di Dino Buzzati: «Da una parte la Difesa, dall?altra il Disarmo. In mezzo, un Esercito in cinquantennale crisi di identità, costretto a confrontarsi con una realtà nazionale ed internazionale drammaticamente complessa. Un Esercito afflitto dalla sindrome del ?Deserto dei Tartari?, ossia sempre in attesa di qualcosa che non si verifica mai». Professionisti malati di rambismo Oggi, accanto ad una struttura militare burocratica e pachidermica, antonomasia dello spreco, ci sono anche ?professionisti? ammalati di rambismo, frantumatori dell?immagine di italiani-brava-gente goduta nel mondo dalle forze armate tricolori. Intanto si centuplicano i problemi internazionali, dalle varie crisi africane alle polveriere dell?Est, ed è sparito pure il ?comodo? nemico dei tempi della guerra fredda. Se questi sono i fatti, può l?interesse nazionale coincidere solo con la difesa degli interessi economici, come sembra evincersi dal nuovo modello di difesa? C?è chi dice no. Sono gli stessi rappresentanti del mondo del volontariato e dell?associazionismo, che di forze armate si sono occupati per affermare il diritto dei cittadini italiani all?obiezione di coscienza e al servizio civile. Ma che, specularmente, hanno anche maturato precise idee per difendere l?Italia. «Se muore il figlio di un pastore?» Il primo a parlare è il direttore della Caritas italiana, don Elvio Damoli, che punta deciso sui valori da trasmettere ai giovani: «È certo», afferma, «che i meccanismi che presiedono all?educazione dei contingenti militari, specie di quelli inviati all?estero, devono essere riveduti. A livello psicologico e sociale, ai nostri soldati va insegnato cosa significa servire nelle forze multinazionali di pace. Oggi, improvvisando, mandiamo in missione di pace soldati formati solo per la guerra. Andrebbe poi verificato», conclude il direttore della Caritas, «fino a che punto, nell?esercito, pesi la cultura del rifiuto del diverso, razzista, purtroppo presente nel nostro Paese». Sulla scelta fra militari di leva o professionisti, la voce più critica è quella del responsabile dell?Associazione obiettori non violenti, Massimo Paolicelli: «La scelta cade sui professionisti solo per ragioni di opportunità ?politica?. Servono i professionisti che, essendo reclutati negli strati più bassi della popolazione sono maggiormente ?spendibili?: perché se muore un giovane di leva, come ha spiegato alla commissione Difesa della Camera il generale Carlo Jean, ex-consigliere militare dell?ex-presidente Cossiga, ci si può facilmente aspettare la reazione della piazza, mentre se muore il figlio di un pastore calabrese sarà sufficiente dare alla famiglia 100 milioni per chiudere l?incidente».L?Associazione obiettori non violenti accusa la gestione consociativa delle forze armate, giudicata speculare al tipo di gestione del Palazzo. La denuncia della Corte dei Conti Ed è la Corte dei Conti, e non le associazioni pacifiste, a denunciare i costi troppo lievitati della Difesa, parlando di 2.700 miliardi di sprechi. Il nuovo modello di difesa prevede la riduzione dei militari di leva a vantaggio di un servizio civile nazionale, con l?aumento dei professionisti. Così il segretario nazionale di Arci servizio civile, Licio Palazzini: «Tale schema è purtroppo pensato da parlamentari di tutti gli schieramenti come passaggio verso forze armate tutte professioniste. Non si pensa seriamente ad un servizio civile nazionale, abdicando così ad una precisa responsabilità verso i giovani». Le cifre di una Difesa da rifare La Corte dei Conti ha individuato 2.700 miliardi di sprechi nel bilancio della Difesa. Sono oltre 2.500 militari indagati per la ?tangentopoli con le stellette?. Per il 1996 sono stati stanziati 31.000 miliardi di spesa militare, contro i 26.000 dell?anno precedente, pari ad un aumento di oltre 5.000 miliardi (cioè il 20% in più). Infine verranno acquistate armi per 78.000 miliardi per i prossimi 15 anni. Questo mentre per 50.000 obiettori vengono stanziati 98 miliardi


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