Responsabilità è una parola diventata molto diffusa nell’attuale fase politica italiana eppure si verificano paradossi. L’Italia, pur avendo una tradizione in materia di servizio civile, ha deciso nella sostanza di farne a meno a fronte di decine di migliaia di giovani che offrono invece capacità, sensibilità ed entusiasmo per spendere un periodo della propria vita al servizio della comunità. È un paradosso che può essere spiegato in tanti modi, nessuno dei quali è però così convincente da ritenere giustificato tale approdo.
Appare dunque necessario un rilancio che, tuttavia, deve essere contestualizzato in un’indispensabile operazione di attualizzazione, prima nei fatti poi in modo ufficiale. La chiave di volta sembra essere quella di conciliare la parte migliore di quell’esperienza con le esigenze moderne di un servizio civile che sia ancorato più coerentemente con le politiche pubbliche innovative per la salvaguardia dei beni comuni e con il mondo del lavoro. Questo rilancio passa per sei punti essenziali.
1. La configurazione di un diritto
Trasformare il servizio civile nazionale in un diritto individuale per i giovani di età compresa tra i 18 e i 26 anni. Il diritto a prestare servizio civile nazionale comporta che ogni domanda deve essere soddisfatta e non è dunque condizionata dal numero di progetti preventivamente selezionati dalle amministrazioni responsabili, né, soprattutto, deve dipendere dalle disponibilità finanziarie. Deve essere chiaro che il servizio civile nazionale è un investimento di educazione civile sul quale il Paese non pone limiti. I giovani da prendere in considerazione devono essere cittadini italiani oppure nati in Italia o, ancora, giovani che abbiano frequentato le scuole dell’obbligo in Italia o maturato comunque un numero di anni in scuole o università italiane. In questo modo si allarga la platea dei soggetti coinvolgibili e si dotano i tanti giovani privi di cittadinanza, pur essendo nati e formatisi in Italia, di una cittadinanza sostanziale. Il servizio civile diventa anche strumento di integrazione civile.
2. La natura nazionale del servizio
È importante che il servizio sia di carattere nazionale. Nazionale non significa statale. Vuol dire che deve avere un ufficio dedicato a livello nazionale che può avvalersi anche del contributo delle autorità regionali e locali ma conservando le leve di comando. Il che significa: a) fondo di finanziamento dedicato esclusivo; b) funzione di accreditamento per la formazione dei formatori, dei giovani volontari e dei progetti; c) funzione di regolazione; d) funzione di vigilanza; e) funzione di raccolta, studio ed elaborazione di progetti pubblici ad alto contenuto innovativo; f) funzioni di ordine (registri). Si tratta di una struttura amministrativa che ha un significativo numero di poteri e dunque deve essere anche organizzata in modo adeguato sotto il profilo della dotazione di organico. Allo stesso tempo deve essere guidata quanto più possibile da figure dirigenziali esperte prese anche dall’esterno. La legittimazione di questa attribuzione centralizzata della funzione proviene dalle sentenze, anche recenti, della Corte Costituzionale.
3. La componente progettuale
L’Ufficio deve essere allo stesso tempo collettore di progetti pubblici o privati ad alto contenuto innovativo nella gestione dei beni comuni (territorio, ambiente, educazione, gestione di luoghi pubblici dimessi, attività ricreative, assistenza resa al di fuori dei servizi sociali e sanitari ufficiali ecc.), ma anche centro di elaborazione e guida. I progetti sono commisurati per soddisfare dei bisogni concreti e hanno una durata che prescinde dal periodo di impiego dei giovani, i quali possono essere impiegati su uno o più progetti e anche in territori diversi da quelli di residenza. Un discorso a parte andrà fatto per il servizio civile internazionale.
4. La componente educativa
Ogni impiego dei giovani deve essere accompagnato da una fase di formazione iniziale di educazione alla cittadinanza svolta dagli operatori responsabili del progetto che siano stati accreditati preventivamente dall’ufficio nazionale. Tale aspetto educativo deve avere una durata limitata; il profilo educativo infatti si consuma maggiormente nell’esperienza concreta svolta.
5. La componente di gratificazione
Ai volontari deve essere garantito solo vitto e alloggio qualora prestino il servizio al di fuori del comune di residenza. Tuttavia, si deve garantire al volontario la possibilità di far valere l’esperienza per un numero X di crediti universitari oppure come versamento figurativo di un anno di contributi a fini pensionistici in linea con la media del monte contributivo che avrà realizzato una volta raggiunta l’età pensionabile.
6. La componente di collegamento al lavoro
L’esperienza di servizio civile deve essere recepita nei contratti di lavoro come porzione del periodo di apprendimento fino a un numero massimo di settimane, che dipenderà dalla riconosciuta congruenza tra servizio prestato e lavoro richiesto, sulla base del presupposto che, a prescindere dalla specifica attività lavorativa in cui è coinvolto il lavoratore con esperienza di servizio civile, viene riconosciuto ai giovani del servizio civile una capacità relazionale di base qualificata anche nei rapporti di lavoro.
* Fabio Giglioni è ricercatore di Diritto amministrativo presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università La Sapienza. Dal 2008 insegna anche Diritto sanitario nell’ambito dell’insegnamento multidisciplinare Diritto ed economia sanitaria.
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