Giornata internazionale lavoro domestico

Servono sempre più colf e badanti, ma ancora in troppi senza diritti

Le famiglie italiana nel 2028 avranno bisogno di oltre 2 milioni di persone. Secondo il rapporto di Assindatcolf e Centro Studi e Ricerche Idos per rispondere alle necessità servirà programmare i decreti flussi nel triennio 2026-2028. Acli Colf ricorda che in Europa oltre la metà sono senza contratto. In Italia gli irregolari sono tanti quanto i lavoratori in regola

di Antonietta Nembri

Nel triennio 2026-2028 crescerà il fabbisogno complessivo di assistenza delle famiglie datrici di lavoro domestico. Per coprirlo serviranno però politiche migratorie mirate. A dirlo la fotografia scattata da Assindatcolf e dal Centro Studi e Ricerche Idos nel terzo Paper del Rapporto 2025 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”.

Il documento è stato presentato in occasione della Giornata internazionale del lavoro domestico. 

Serviranno oltre 2 milioni di lavoratori domestici

Secondo le stime, nel 2028 le famiglie italiane avranno bisogno di oltre 2 milioni e 74mila i lavoratori domestici (tra regolari e irregolari ) per coprire le necessità di assistenza domestica (colf) e di cura alla persona (badanti): 660mila italiani e 1 milione 414 mila stranieri, pari al 68% del totale.
Rispetto al 2025, l’incremento complessivo sarà di circa 86mila unità, circa 28.574 domestici in più all’anno nel triennio 2026-2028, così suddivisi: 8.729 lavoratori italiani e 19.845 lavoratori stranieri, di cui ben 14.471 non comunitari (pari al 73% degli stranieri e ad oltre il 50% del totale).

Quest’ultimo dato – sottolinea il rapporto – rappresenta il fabbisogno aggiuntivo di manodopera straniera che dovrà essere programmato nei Decreti Flussi, l’unico strumento che in Italia consente l’ingresso regolare di cittadini non comunitari per motivi di lavoro. 

Decreti flussi da programmare

«Quella non comunitaria rappresenta la componente chiave per coprire il fabbisogno aggiuntivo di lavoratori domestici. Ma poiché si tratta di personale non ancora presente in Italia è fondamentale organizzarsi tempestivamente, prevedendo nella prossima programmazione triennale 2026-2028 dei Decreti Flussi una quota minima annuale di circa 14.500 unità da dedicare all’assistenza domestica e familiare, che potrebbe elevarsi fino a un massimo di 18 mila unità l’anno, in linea con le quote del 2025», dichiara Andrea Zini, presidente di Assindatcolf.

Da parte sua Luca Di Sciullo, presidente del Centro Studi e Ricerche Idos ricordando che l’attuale modalità di gestione dei flussi di lavoratori stranieri presenta «conclamate disfunzionalità legate alle chiamate nominative, alla stipula dei contratti di soggiorno, al rilascio dei permessi per lavoro, alla precarietà dei contratti e quindi della permanenza regolare in Italia» sottolinea che occorre «far rientrare formalmente le assunzioni dei lavoratori domestici non comunitari all’interno di una programmazione realistica delle quote, che tenga conto del fabbisogno effettivo di manodopera aggiuntiva, è il primo passo per rendere regolare, trasparente e tracciabile l’intero percorso di inserimento occupazionale dei migranti».

Diritti e tutele che mancano

Arriva da Acli Colf la denuncia per la persistente mancanza di diritti e tutele per milioni di lavoratori e lavoratrici domestiche in Italia e nel mondo. Oltre metà di loro in Europa è senza contratto. In Italia gli irregolari sono almeno quanti i regolari. 

«È un lavoro imprescindibile per le famiglie e per la tenuta sociale del Paese, ma è ancora troppo spesso invisibile, lasciato nel silenzio del privato», afferma Giamaica Puntillo, responsabile nazionale Acli Colf.

I lavoratori regolari sono pari a quelli non in regola

In Italia il settore coinvolge circa 833.000 lavoratori regolari, ma si stima che almeno altrettanti operino in condizioni di irregolarità, senza contratto, tutele o protezione sociale. Si tratta in gran parte di donne e persone migranti, impiegate in attività fondamentali di cura e assistenza che permettono a migliaia di famiglie di conciliare tempi di vita e lavoro, colmando i vuoti del welfare pubblico.

A livello europeo, secondo i dati disponibili, oltre il 50% dei lavoratori domestici – tra i 6 e i 9 milioni su un totale di 18 milioninon ha alcun tipo di contratto.

Una realtà che – ricordano le associazione cattoliche dei lavoratori –  si aggrava a livello globale: su circa 70 milioni di lavoratori domestici nel mondo, si stima che 60 milioni non godano di nessuna protezione sociale, e siano spesso vittime di salari inadeguati, mancanza di tutele contrattuali, discriminazioni di genere e razziali.

Il 16 giugno non è una ricorrenza

«Il 16 giugno non è solo una ricorrenza: è un momento per ribadire che i lavoratori domestici non sono solo lavoratori, ma cittadini»,  prosegue Puntillo. «Contribuiscono con il loro lavoro, il loro impegno e le loro storie al divenire del nostro Paese. È tempo di riconoscerlo apertamente, con atti concreti».
Ed è anche pere questo che Acli Colf chiedono al Governo e alle istituzioni europee di contrastare l’irregolarità, rafforzare i sistemi di tutela, sostenere l’emersione dal lavoro nero e promuovere un modello di welfare più giusto e inclusivo.

In apertura photo by Sebastián Santacruz on Unsplash

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