Non profit
SICUREZZA. Allarme ddl sulle «badanti» irregolari
Acli Colf: «Le famiglie ci chiamano, non sanno cosa fare. Le lavoratrici hanno paura». Decine di migliaia aspettano risposta dall’ultimo decreto flussi.
di Redazione
C’è allarme e preoccupazione tra le famiglie italiane che si avvalgono dell’assistenza di «badanti» irregolari per le conseguenze del pacchetto sicurezza approvato dalla Camera la settima scorsa, con l’introduzione del reato di «clandestinità». Lo denunciano con forza le Colf delle Acli riunite a Roma per la loro XVII Assemblea nazionale. 160 delegate da tutta Italia, il 40% immigrate. «Continuiamo a ricevere ogni giorno segnalazioni e telefonate allarmate» dice Pina Brustolin, responsabile nazionale delle Acli Colf, l’organizzazione professionale delle Acli che dal 1945 organizza le lavoratrici domestiche. «Le famiglie non sanno cosa fare, temono per le conseguenze. Le lavoratrici straniere ovviamente hanno paura, sono preoccupate. Queste donne rappresentano oggi l’unica speranza per molte famiglie italiane rispetto alla cura dei bambini e l’assistenza di anziani e non autosufficienti».
In Italia si contano 600 mila lavoratori domestici registrati all’Inps, in gran parte donne straniere. Ma le stime che comprendono le colf e le badanti irregolari arrivano a calcolarne fino al doppio. L’ultimo decreto flussi ne ha previsto l’ingresso per poco più di 100 mila, in aggiunta ai 90 mila del decreto precedente del 2007, quando al Ministero arrivarono 420.366 domande per lo svolgimento di attività domestiche e di cura sul totale di 740.813 istanze presentate.
Sono dunque decine di migliaia le famiglie che hanno inoltrato richieste per nulla osta all’ingresso di lavoratore straniero già nel 2007, che in buona parte hanno già in casa la persona, ma ancora non hanno ricevuto risposta. «Queste famiglie», spiega Brustolin, «si sentono tra l’incudine e il martello: da un lato la necessità di avere in casa la persona a sostegno delle loro difficoltà, dall’altra la paura e il rischio di avere in casa una lavoratrice che se controllata dalle Forze dell’ordine rischia di essere denunciata ed espulsa, mentre la famiglia potrebbe incorrere nel reato di favoreggiamento ospitandola in casa».
Già in base alla Legge Bossi-Fini il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno rischia l’arresto da tre mesi a un anno e l’ammenda di 5 mila euro per ogni lavoratore impiegato (art.22, comma 12). Quando il pacchetto sicurezza diverrà legge ci sarà l’aggravante del favoreggiamento per il reato di «clandestinità». Per il lavoratore straniero è prevista l’espulsione e l’ammenda da 5mila a 10mila euro.
Il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero, intervenendo all’assemblea delle Colf, chiede al governo «parole rassicuranti per queste famiglie e queste lavoratrici» e propone una via d’uscita: «Accogliere tutte quelle domande «non strumentali» di nulla osta per lavoratore straniero inoltrate dalle famiglie con il decreto flussi 2007, facendo evitare a quanti sono già qui e lavorano nelle nostre case il rientro nel proprio Paese per prendere il visto. Lo Sportello Unico Immigrazione della Prefettura si potrebbe riservare il diritto di fare eventuali e ulteriori indagini presso le Rappresentanze Diplomatiche italiane sulle reali situazioni delle persone “regolarizzate”.
C’è poi il problema di tutte quelle famiglie che non avendo potuto usufruire del decreto flussi 2007, (l’ultima scadenza valida era il 30 maggio 2008, e il successivo Decreto Flussi 2008 non ha aperto a ulteriori richieste) hanno dovuto nel frattempo trovare risposte alle loro esigenze di assistenza nel mercato del «sommerso», tra le lavoratrici irregolarmente presenti sul territorio. «Un azione di sostegno per queste famiglie», dice Olivero, «e di giustizia per queste donne lavoratrici non può che essere quella di procedere a nuove regolarizzazioni».
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