Cultura
Smartphone in classe? Sì, ma solo se il prof diventa social
Arriva il decalogo del Miur, dopo il via libera ai telefonini a scuola. Obiettivo educare alla cittadinanza digitale. Ne abbiamo parlato con Luca Piergiovanni, professore di lettere ed esperto in tecnologie dell’apprendimento che la giudica la scelta giusta con un’avvertenza: la formazione degli insegnanti
Proibire non è una soluzione. Ed è partendo da qui che il Miur ha deciso di andare nella direzione opposta a quella intrapresa dai cugini d’Oltralpe dove, solo pochi giorni fa, il ministro dell’istruzione Jean-Michel Blanquer ha introdotto il divieto di smartphone a scuole. La sua omologa italiana Valeria Fedeli ha invece presentato il decalogo per “l’uso dei dispositivi mobili a scuola” messo a punto dagli esperti del ministero. Un decalogo che detta le prime regole per un uso corretto degli smartphone in classi, o come si legge al terzo punto dello stesso decalogo: l’obiettivo è favorire un uso responsabile dei dispositivi personali (Byod – Bring your own device). Gli smartphone “devono essere un mezzo, non un fine” – sempre dal decalogo – cioè la didattica deve guidare all’uso competente. Insomma, secondo il ministero le scuole devono adottare una Politica di uso accettabile.
Via libera quindi a ricerche, studi e app didattiche… ma è la scelta giusta?
Lo abbiamo chiesto a Luca Piergiovanni (nella foto), insegnante di lettere ed esperto in tecnologie dell’apprendimento che collabora inoltre con centri di ricerca per la formazione degli insegnanti all’uso tecnico-didattico di strumenti e ambienti del web, dei social network e dei dispositivi mobili oltre che in Italia anche in Svizzera (in particolare con il Cerdd – Centro risorse didattiche digitali del Canton Ticino). «Anche in Svizzera ci si sta muovendo nella stessa direzione dell’Italia e si stanno definendo le regole per l’uso degli smartphone a scuola» spiega Piergiovanni
Quindi il via libera è la cosa migliore?
Sì. Ci si sta muovendo verso la cittadinanza digitale, puntando all’uso critico di social e tecnologie e chi meglio della scuola può fare questo? Le aule non sono un mondo a sé c’è già abbastanza divario tra la realtà e la scuola. Però non basta il decalogo…
Cioè?
Serve una comunità educante in cui la famiglia e le diverse agenzie educative collaborino e spingano nella direzione del cambiamento che ci sta investendo, perché occorre farlo insieme ma non è semplice. I fenomeni sono tanti e in molti sono spaventati – anche dalla rapidità con cui avvengono – per questo è fondamentale l’informazione e la formazione e gli insegnanti sono il perno del sistema. Come docente non puoi usare i nuovi strumenti e fare le stesse cose di prima, per questo serve una forte progettazione didattica.
Ma gli insegnanti sono preparati a tutto questo?
Già adesso ci sono tanti strumenti a disposizione, app e programmi didattici e molti già li utilizzano. Ma bisogna fare attenzione sia ai “tecnofobici” sia ai “tecnoesaltati”. Per questo lo ripeto serve la formazione e una progettazione didattica importante perché non basta avere delle competenze digitali, l’insegnante deve essere social
Insegnante social?
Utilizzare il digitale nella didattica non è semplicemente andare in rete si deve entrare nell’ottica social: documentarsi, condividere e produrre. Online si trova di tutto ci sono programmi e applicazioni validate e adatte a ogni ambito di insegnamento, strumenti che aiutano e favoriscono il coinvolgimento dei ragazzi, aiutano a lavorare in modo critico ed è quello che molti già fanno.
Un’ultima domanda. Una didattica digitale e l’utilizzo di smartphone e tablet personali da parte degli studenti presuppone che anche la struttura sia adeguata…
Con il piano per la scuola digitale si è puntato alla connettività in tutte le scuole, so che molte hanno investito nella banda larga, tante ci sono riuscite. C’è ancora molto da fare, l’investimento previsto era di un miliardo (1,2 mld di cui ne sono stati spesi la metà – ndr.), ma nel nostro Paese gli ambiti su cui lavorare nel mondo della scuola sono tanti….
In apertura photo by Neonbrand/Unsplash
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